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Ci sono poche certezze nella vita, ma che i social network vadano a braccetto con i tribunali è una di quelle. Stavolta non si tratta di bullismo, violazione della privacy, o microfoni che registrano, nossignore: stavolta si parla di cosa dice la legge sull’uso dei social network durante l’orario di lavoro.
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Il caso in questione arriva direttamente dalla Cassazione, in cui è approdato dopo essere stato rimbalzato dal Tribunale di Lanciano prima e dalla Corte d'Appello dell'Aquila poi. Il fatto: un datore di lavoro ha scoperto che un suo dipendente trascorreva su Facebook il suo tempo durante l’orario lavorativo.
Per avere le prove per poterlo licenziare, ha creato un falso profilo sul noto social e ha iniziato a intrattenere una conversazione con il dipendente. Questi è caduto nella trappola e per questa ragione si è visto capitare tra capo e collo un inaspettato licenziamento che ha prontamente deciso di impugnare contro il datore di lavoro.
Come già detto, il caso è passato in due tribunali diversi prima di approdare in Cassazione. Questo perché, in un primo momento, i controlli occulti del datore di lavoro sono stati considerati illegittimi.
La Corte d'Appello dell'Aquila e, successivamente, quella di Cassazione hanno invece decretato la validità del licenziamento. La creazione dell'account falso è stata infatti considerata atta a porre fine a una condotta che metteva a rischio regolare funzionamento e sicurezza dell’impianto a cui era addetto il lavoratore.
Al fine di gestire al meglio futuri casi di questo tipo, i Giudici di Piazza Cavour hanno stabilito i limiti entro i quali è concesso vigilare sull’operato dei dipendenti con dei controlli mirati.
Tali controlli, per poter essere considerati legittimi, devono mirare a tutelare beni del patrimonio aziendale, o impedire la perpetrazione di comportamenti illeciti. Sono invece da considerare vietati tutti quei controlli preventivi, cioè che puntano a verificare il puntuale svolgimento dell'attività lavorativa.
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Nel caso preso in esame in questo articolo, la creazione dell’account falso è stato visto come diretto a fermare una condotta che rischiava di mettere in pericolo il regolare funzionamento e la sicurezza dell’impianto.
Inutile dire che questo avvenimento ha costituito un precedente e che l’applicazione della sentenza è stata confermata da cause analoghe negli ultimi anni. Sorge però, inevitabilmente, un timoroso quesito: quanto è labile il confine tra controllo aziendale “occulto” ammissibile e non?
Gli accertamenti da parte dei datori di lavoro devono essere fatti sempre secondo modalità che non siano eccessivamente invasive. Sopra ogni cosa deve vigere il rispetto delle inviolabili garanzie di libertà e dignità dei dipendenti.