I social network, ormai, sono diventati parte della nostra quotidianità, strumento di business e relazione. Facebook, su tutti, è diventato un centro-città mondiale, un’evoluzione del bancone del bar, dove ci ritroviamo a confessare amori e drammi, in cui chiacchieriamo con i nostri amici (e non solo) e assistiamo agli speed-date tra brand e potenziali clienti.
Qualcuno ha definito Facebook “un acquario interessante da cui osservare l’umanità” - ed è indiscutibilmente vero. In particolare, ci sono 5 esemplari di razza social che è interessante guardare più da vicino.
L’opinionista
Habitat naturale: Facebook, Twitter, Youtube, TripAdvisor.
Attività preferita: iniziare estenuanti sproloqui con frasi come “a mio avviso”, “secondo me” - e delle volte neanche quelle.
L’opinionista è quello che prende una notizia di attualità - più o meno fondata - e ne da una sua personale chiave di lettura, senza che nessuna l’abbia chiesto, rifacendosi al tanto decantato “diritto d’espressione”. E pensare che solo qualche anno fa, prima dell’avvento del web, c'era la televisione a darci notizie pre-selezionate, a influenzare le nostre opinioni o a crearle. Oggi, invece, entriamo in contatto con ogni tipo di notizia, senza mediazioni, senza il filtro di redazioni giornalistiche, e dobbiamo rifarci alla nostra sensibilità e al nostro grado di cultura per capire quali di queste sono di valore e quali rientrano nella categoria delle famigerate fake-news. Ma non solo, quello che rende davvero una notizia, qualsiasi essa sia, degna di una lettura è la “viralità”, perché “nel 2016 se una notizia non è virale non è una notizia”, citando l’articolo di Katherine Viner, pubblicato sull’Internazionale. Ed ecco che queste notizie si diffondono nel nostro feed come veri e propri virus, e ci ritroviamo a leggere con interesse la ricetta di una cheesecake alle noci pecan o a partecipare a una social challenge per sostenere la lotta ai tumori.
? We like:
Un esemplare simil positivo seppur in via di estinzione è la Tweetstar: quei blogger da 140 caratteri, meglio conosciuto come “un essere mitologico convinto che un due punti meno chiusa parentesi valga come un sorriso vero. Ma così convinto da riuscire a convincere anche tanti altri!” @Purtroppo
Un altro simpatico esemplare che rientra in questa categoria è chi impegna il suo tempo nel commentare ristoranti e hotel su TripAdvisor, fortemente convinto che la recensione sia un piatto caldo da servire freddo.
? We dislike:
L’esemplare peggiore di opinionista è l’hater, o webete, per citare Enrico Mentana: colui che sa di avere la verità in tasca e si inserisce in ogni conversazione al fine di insidiare il dubbio, accendere la polemica o insultare gratuitamente.
L’over-sharer
Habitat naturale: Facebook.
Attività preferita: aggiornare il proprio stato a cadenza oraria e registrarsi in ogni angolo della città - o della casa.
Tra le sue frasi preferite si alternano descrizioni puntuali della propria giornata, rivelazioni criptiche e confessioni a cuore in mano. La sua giornata è scandita da “Ora un bel caffè poi pisolino e stasera si va a mangiare il gelato con Gloria!!1!!” e “Certe persone dovrebbero smetterla di parlare alle spalle… è arrivato il momento di fare un po’ di pulizia tra i miei amici di Facebook”, e ogni tanto concludono la propria giornata con una perla di saggezza - per cui la facepalm da parte del lettore è assicurata - del tipo: “Per farsi dei nemici non è necessario dichiarar guerra basta dire quel che si pensa. Martin Luther King”.
La maggior parte dei suoi messaggi di stato risultano molesti poiché fondamentalmente non offrono nulla di positivo a chi lo legge: si tratta di messaggi unidirezionali, manifestazioni di egocentrismo o di solitudine. Spesso raggiungono il consenso di chi si trova nella stessa posizione - o di qualche parente compassionevole - poiché non sono né interessanti né divertenti, pertanto chi lo legge spesso non ha interesse nel sapere se dopo la palestra si vanno a comprare le uova. C’è anche da dire che questa percezione di Facebook come fosse una sorta di confessionale su scala mondiale, è tipica degli user più adulti. Coloro che condividono una moca fumante come primo post del mattino, quello del Buongiornissimo, e dei gattini sbarluccicanti per dare la buona notte la sera.
? We like:
L’over-sharer solidale, quello che, in occasione di situazioni particolari o drammi, condivide ogni notizia che trova sul web con messaggi di sconforto e speranza. Tutto sommato, ci fa un po’ da bollettino ANSA.
? We dislike:
L’over-sharer innamorato e coccoloso, che si cela spesso dietro profili di coppia, e si lascia andare in dichiarazioni d’amore smielate, ricche di cuoricini, emoji e punti esclamativi.
La Fashion Blogger Wannabe
Habitat naturale: Instagram, Snapchat e ovunque ci siano Stories.
Attività preferita: scattare selfie, fingendo struggimenti per giustificare una naturalissima fish-face e abbinandoci quote romantiche senza apparenti rimandi al contesto fotografico.
Oggi non basta più fare delle belle foto, è necessario che siano instagrammabili. Non è importante avere un alto tenore di vita, l’importante è raccontare uno stile di vita che non abbiamo con close-up tattici, ritoccati ad hoc. La cosa più importante, però, è trovare il modo di alimentare costantemente la propria metrica della vanità, le cui unità di misura si riassumono in like e interazioni.
La Fashion Blogger Wannabe è la classica portatrice sana di invidia positiva, che racconta viaggi favolosi, outfit da favola, giornate perfette attraverso la sua gallery Instagram o - ancor meglio - le Stories. Gli scatti a cui non può rinunciare sono quelli a tema food, per cui i piatti devono essere doverosamente ripresi dall’alto, l’impiattamento dev’essere perfetto, le insalate devono contenere dei fiori: quegli scatti per i quali vale la pena fare 45 minuti di coda per sedersi al Macha Café. Anche gli still life creativi sono un must have per le instagramer di successo: si tratti della vostra cena o dell’ultimo libro letto, ogni oggetto merita di entrare a far parte di questa nuova espressione di social pop-art - i tulipani sono fortemente consigliati. Infine, non bisogna trascurare l’outfit, meglio se fotografato in contesti urbani o tropicali: in questo caso, il consiglio è quello di acquistare accessori trendy - siano le calze a rete da indossare sotto i jeans o le scarpe con il fiocco - che diventano dei veri props di scena, non importa se poi ci andate in giro davvero, quello che conta è fotografarli.
? We like:
Le influencer che non vendono l’anima a reach, engagement e like.
? We dislike:
I selfie con le lens di Snapchat.
Il Timorato
Habitat naturale: ND
Attività preferita: inventare pseudonimi con i quali registrarsi sui social network e caricare foto di paesaggi o scene di film sconosciuti come immagine del profilo.
Oggi Facebook conta 2 miliardi di utenti attivi al mese: tra questi si celano loro, i timorati, coloro che si registrano su Facebook in incognito, non stringono amicizie e, quando lo fanno, non comunicano. I timorati sono coloro che hanno molto a cuore la propria privacy, non pubblicano foto della propria famiglia, in particolare dei propri figli e storcono il naso davanti ai fenomeni di sharenting. Sono quelli che gioiscono in silenzio per escludere possibili macumbe, che spiano i profili dei propri vecchi compagni di scuola e, non appena percepisce il pericolo di poter essere riconosciuto, cambia identità, il proprio anno di nascita… e anche la foto profilo del paesaggio. Del resto, sono in media 3,57 i gradi di separazione fra gli utenti di Facebook, quindi la possibilità di incrociare per la strada la persona che ti ha appena messo mi piace all'ultima foto non è così remota.
? We like:
L'idea che esista della vita anche fuori dai social - o quasi.
? We dislike:
La richiesta di amicizia da un certo Ugo Giacomelli, con la foto profilo di Hugh Jackman.
Il Social Media Manager
Habitat naturale: ovunque.
Attività preferita: massimizzare la propria reach.
Il Social Media Manager è sempre un passo avanti ai trend, partecipa agli eventi spammati dai PR con cui ha stretto amicizia su Facebook, interagisce con gli Instagramer, condivide contenuti virali, usa qualsiasi hashtag finisca al primo posto tra i trend topics di Twitter e ha anche installato Snapchat solo per non sentirsi fuori dal coro. Gestisce il proprio diario come farebbe con la pagina di un brand, crea gruppi di Facebook sui generis, fini a sé stessi solo per auto-celebrare la propria capacità di fare community e crede in un solo Dio: la viralità.
Emily Frank (Communication Neuoscienze Lab dell’Università della Pensilvania) sostiene che “siamo interessati a leggere contenuti che sono connessi alla nostra storia personale, ma anche all percezione che abbiamo di chi siamo e di chi vorremmo essere. […] Si condividono notizie che potrebbero migliorare le nostre relazioni sociali, ma anche farci sentire intelligenti o ematici e metterci in buona luce”. Ovviamente, questo il Social Media Manager lo sa bene.
? We like:
Quando condivide l’articolo sulla maggiore intelligenza dei primogeniti (solo dopo aver scoperto che l’articolo ha raggiunto quasi 3 milioni di condivisioni).
? We dislike:
Quando condivide l’articolo sulla prestanza degli uomini calvi, nonostante lui sia fulvo e riccio.
LEGGI ANCHE: Influencer Marketing: la strategia vincente del 2017