Ne avrai sentito parlare e probabilmente la notizia non ti avrà rubato più di qualche minuto del tuo tempo: l'influencer e modella australiana Essena O’Neill annuncia in un video di abbandonare definitamente i social media che hanno determinato il suo successo, spiegando come tutti contenuti pubblicati non appartengano alla sua vita reale ma sono il frutto di un’operazione di personal branding lunga una vita.
Una reazione davvero comprensibile se immaginiamo che dai 12 ai 19 anni la ragazza ha costruito la sua carriera utilizzando queste piattaforme per ottenere visibilità, e certamente ora fa i conti con le conseguenze. Ciò che rende questa notizia interessante è che per la prima volta ad accendere le luci sui moderni meccanismi di gratificazione sociale e sul business dei social influencer non è un outsider o un’intellettuale - vedi Eco - ma una persona che sui social ha costruito tutto, inconsapevolmente, e durante la sua adolescenza.
L’addio ai social non rappresenterà per la ragazza un’uscita di scena definitiva, e certamente la vedremo ancora in talk show e interviste, senza menzionare che ha lanciato un sito per continuare a parlare (male) dei social media. Eppure riguardando il video in cui annuncia questa scelta, ascoltando le sue parole, sono numerose le riflessioni che quest’episodio può sviluppare. Eccone alcune.
Essere blogger è un lavoro
Incredibilmente la prima conclusione che ne deriva. Essenza O'Neill racconta del numero di scatti per arrivare a quello giusto, le operazioni di post produzione, la necessità di aggiornare sempre e comunque. Insomma non propriamente la vita agiata che comunemente - e con la complicità dei blogger stessi- si associa a questa attività. È un lavoro e come tale è fatto di clienti, mandati, retribuzioni, e questa ragazza svela quei meccanismi tanto noti agli operatori quanto sconosciuti agli utenti. Che il blog avesse perso la sua originale idea di veicolo per il passaparola, per il suggerimento e l’opinione personale era già noto, chissà che ora la parvenza di spontaneità non inizi a scomparire in favore di prodotti dichiaratamente editoriali. E in Italia sul tema dell'autenticità un caso simile è quello che ha visto coinvolti due noti youtuber.
Una carriera sui social media non è un investimento sul futuro
Essena apre il suo video raccontando di essere spaventata sulle sue prospettive future, nonostante a 19 anni abbia ottenuto contratti con agenzie di moda e collaborazioni con aziende interessate a raggiungere il suo mezzo milione di followers, solo per citare Instagram. Si potrebbe dire che abbia usato i social per costruirsi un’opportunità, oppure che senza di essi il suo lavoro sarebbe svanito e alla fine sia stato il suo corpo e il suo tempo ad essere usato. La domanda è: esiste davvero un modo per trarne il meglio? O saremo sempre più costretti a negoziare tra vita online e esperienze offline?
Non sappiamo come educare gli adolescenti ai social media
Non è un caso che dedichi questo video alla se stessa di quando aveva 12 anni, il momento in decise di dimostrare il suo valore "attraverso il numero di visualizzazioni su YouTube”. Per quanto agli adulti questa deviazione sembra chiara come il sole, è altrettanto vero che l’educazione ai social è un’esperienza completamente nuova per tutti noi. Così come non è possibile immaginare quanto alto sia il livello di pressione quando devi costruirti un’identità di fronte a una platea potenzialmente mondiale. Ed è per questo che l'unico errore che non ci possiamo permettere è minimizzare.
"You are not followers, we are not followers"
Una frase quasi buttata lì ma che lascia intravedere cosa accadrà quando l’entusiastica accoglienza riservata ai social media inizierà a frenare. L’idea che questi strumenti possano diventare talmente mainstream o invadenti da scatenare controdendenze - in nome dell’unicità e dell’ autenticità - non è così assurda. O perlomeno potrebbe costituire un segnale dell' esaurimento di piattaforme basate sull’approvazione (come la stessa Essena chiede in un video precedente) insieme all’ascesa di social come Snapchat - esente da queste logiche - e dalla notizia che rispetto all’anno scorso ci sono sempre meno aggiornamenti di stato o foto su Facebook.
Ognuno di questi temi scatena altre riflessioni e sarebbe meraviglioso condividerle scrivendo nei commenti a questo post. Una cosa però è certa, la storia di Essena O’Neill non va sottovalutata, non tanto per come è andata a finire ( e comunque bisogna riconoscergli un certo coraggio) ma perché per la prima volta troviamo tutti insieme elementi spesso oggetto del dibattito sui social media: l’età, lo status, l’dentità. E in questa vicenda è possibile rintracciare il seme di esigenze e risposte che forse incontreremo in futuro come il bisogno di autenticità e il giusto valore di un’attività di blogging. Tu cosa ne pensi?