Chi è stato bambino negli anni ’80 ha vissuto con grande entusiasmo e interesse l’evoluzione tecnologica che ha caratterizzato gli ultimi tre decenni, grazie anche al cinema ed ai suoi effetti speciali, conservando, crescendo, la capacità infantile di lasciarsi prendere dallo stupore di fronte alle novità.
Per anni abbiamo atteso l’avvento delle stampanti 3D, convinti che un giorno avremmo potuto produrre oggetti e, perché no, alimenti, semplicemente schiacciando un bottone, e bisogna dire di sforzi il settore ne ha fatti davvero tanti.
Dai primi problemi legati alla tossicità dei materiali utilizzati, ai costi esorbitanti del singolo dispositivo, fino alla diffusione commerciale delle stampanti 3D di nuova generazione di passi ne sono stati fatti moltissimi, e la cosa più interessante delle tecnologie è che sono come un organismo vivente, hanno la necessità di evolversi per non estinguersi.
Dal fischietto alla "Continuous Liquid Interface Production"
Se hai seguito gli sviluppi della Stampa 3D sicuramente ti ricorderai dei primi video dimostrativi, nei quali si mostrava la produzione, partendo da un software di progettazione tridimensionale, di oggetti di piccole dimensioni, come il famoso fischietto. Il funzionamento era molto semplice: la stampante utilizzava delle “cartucce” composte da fogli di plastica che, con il calore, si scioglievano fino ad assumere le fattezze dell’oggetto progettato.
Con il passare degli anni si è passati dal fischietto alla produzione di elettrodomestici, tablet, e addirittura protesi mediche e tessuti biologici, a dimostrazione di quello che dicevamo poc'anzi, ovvero che una tecnologia che si arresta non è altro che una moda passeggera.
Il limite evidente delle stampanti 3D finora prodotte e concepite, però, è sempre stato legato alla fragilità degli oggetti prodotti ed alla scelta dei materiali, troppo limitata.
Queste considerazioni hanno spinto gli scienziati Joseph M. DeSimone, Alexander Ermoshkin, Nikita Ermoshkin, e Edward T. Samulski a lavorare senza sosta per sviluppare una nuova tecnica di stampa 3D, con l’obiettivo di velocizzare i tempi di produzione degli oggetti e renderli più flessibili ed elastici. Gli studi condotti dal tema di DeSimone hanno portato all'invenzione della tecnologia “Continuous Liquid Interface Production”, altrimenti nota con l’acronimo CLIP.
In cosa consiste? Si parte da una resina liquida immersa in una vaschetta che, colpita dal fascio di una luce ultravioletta, si solidifica assumendo le forme previste dal progetto iniziale. Diversamente da quello che accade con le stampanti 3D tradizionali, che producono oggetti sovrapponendo strati di materiale che poi viene modellato, la tecnologia CLIP prevede la produzione di un oggetto tramite un processo di stampa continuo, che consente di ridurre di quasi cento volte i tempi di realizzazione del prodotto finale.
Ricordi quello che abbiamo detto all'inizio di questo articolo? Che i film di fantascienza hanno giocato un ruolo predominante nell'immaginazione e nell'approccio alla scienza e alla tecnologia dei giovani cresciuti negli ultimi decenni del ‘900? Bene, è esattamente quello che è successo anche a Joseph M. DeSimone, lo scienziato a capo del progetto, che ha avuto l’idea del processo di produzione liquida continua guardando Terminator 2, film cult del 1992.
CLIP è stato presentato in anteprima sulla rivista scientifica Science il 16 marzo del 2015, per poi illustrarne il funzionamento pubblicamente durante un intervento al TED2015.
Ti consiglio di guardare il video integrale, dura solo 10 minuti.