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  • Un robot in ogni casa: non ci ruberanno il lavoro e ci faranno vivere meglio

    Secondo il World Economic Forum, l’automazione globale è destinata a creare 133 milioni di posti di lavoro nel prossimo decennio

    31 Ottobre 2019

    • Il timore che i robot possano sconvolgere la nostra società è sempre più diffuso.
    • L’animatrone Jerry Manbot è stato premiato con il Blue Ribbon come Maker of Merit alla Maker Faire Rome.
    • Fabio Casciabanca ci spiega che la sfida per i robot sarà anche quella di entrare in relazione con gli esseri umani.
    Jerry Manbot è un animatrone, un robot umanoide pensato per la teledidattica che trova diverse applicazioni anche come robot da compagnia; ad esempio, nella stimolazione continua di un dialogo con pazienti affetti da alzheimer, oppure consigliando stili di vita più salutari e ricordando con puntualità i farmaci da assumere. Abbiamo fatto alcune domande a Fabio Casciabanca, “papà” di Jerry, premiato con il Blue Ribbon come Maker of Merit all’ultima edizione di Maker Faire Rome. Fabio Casciabanca e Jerry Manbot a Maker Faire

    Siamo preparati a vivere a stretto contatto con i robot?

    Lo stiamo già facendo, i robot sono già presenti nelle nostre vite. Tendiamo a non riconoscerli perché “non ci assomigliano” ma, ogni volta che facciamo un prelievo al bancomat o programmiamo la nostra lavatrice smart, stiamo dando istruzioni a una macchina, che le esegue con puntualità e precisione. Senza contare, poi, i potentissimi computer che teniamo tra le mani ogni giorno, gli smartphone, ormai vere e proprie appendici del corpo umano. Nelle nostre case utilizziamo gli assistenti vocali con disinvoltura ed è un primo passo verso un rapporto “one to one” con strumenti che diventeranno sempre più affidabili e utili. Un aspetto importante è che le aziende come Google e Amazon avrebbero potuto facilmente inserire il software degli assistenti vocali e smart speaker nei dispositivi che già utilizziamo. Invece, hanno scelto di creare una “dimensione fisica” per le loro applicazioni entrando, letteralmente, nelle nostre case. LEGGI ANCHE: Che cos’è un’Alexa Skill e come la stiamo utilizzando per Ninja Perché? Siamo esseri sensibili, molto legati all’approccio materiale: riusciamo a utilizzare meglio qualcosa che possiamo toccare e guardare. Jerry Manbot non è qualcosa di diverso ma parte da un approccio sociologico e antropologico, invece che tecnico: è un robot umanoide pensato per assomigliare a noi esseri umani. Se è vero che la fisicità imponente di “robot classici” come il Terminator del film di James Cameron può intimorirci, Jerry non è per nulla muscoloso, è spettinato e indossa un paio di occhiali da vista. L’obiettivo è quello di avvicinare l’idea che i robot faranno presto parte della nostra quotidianità e iniziare a empatizzare con loro, accettandoli come aiutanti e, forse, compagni di avventure. Per questo Jerry Manbot è pensato per essere stampato in 3D da tutti, abbattendo i costi di prodotti che attualmente sono molto alti ma che, a breve, potranno entrare in tutte le case.

    Come la mettiamo con le paure legate alla perdita dei posti di lavoro a causa dell’automazione?

    Secondo il World Economic Forum, l’automazione globale è destinata a creare 133 milioni di posti di lavoro nel prossimo decennio, quasi il doppio dei 75 milioni che è destinata a rendere obsoleti. I robot lavoreranno al nostro posto? Probabilmente sì, ma è necessario abbandonare ogni forma di neo-luddismo, considerato che la sostituzione della forza lavoro con le tecnologie porterà enormi vantaggi. Oggi molte persone sono “incastrate” in lavori di routine, ripetitivi e poco gratificanti. Ecco, quelli sono lavori “da robot” adatti per le macchine. Jerry Manbot primo piano

    Quindi dobbiamo rassegnarci: i robot ci ruberanno davvero il lavoro?

    Né più né meno di quanto le automobili abbiano rubato il lavoro ai cavalli. Si tratta solo di considerare una tecnologia, che è neutra di per sé, come una possibilità di progresso; la politica dovrà affrontare una serie di importanti sfide per costruire una sovrastruttura adeguata a evitare le tensioni sociali che questo sconvolgente processo evidenzierà. Come tutti ricordiamo, anche l’introduzione del telaio meccanico sembrò rendere inutile e vecchia l’attività umana nel settore tessile suscitando malcontenti e rivolte ma, oggi, chi indossa un capo fatto a mano? L’uomo, confrontandosi con le nuove tecnologie, si è semplicemente diretto su altro. Anche la cura degli stessi esseri umani e, in alcuni casi, la loro sopravvivenza potrebbe dipendere dalle macchine.

    In che senso?

    Viviamo un periodo di rivoluzione sociale: l’aspettativa media di vita continua a crescere e la natalità, invece, è in netto calo. Lo scenario che ci troviamo di fronte prevede una società sempre più anziana, con meno persone in grado (o disposte) ad occuparsene; l’impiego delle macchine nell’assistenza degli anziani o delle persone affette da patologie, può trasformarsi in un vero salvagente sociale. Sono infatti molte le aziende che operano nel settore Health ad aver già immaginato questa svolta, creando processi per il monitoraggio a distanza e delle diagnosi in teleconferenza; in futuro, andremo molto meno spesso dal medico, fisicamente. LEGGI ANCHE: Medicina predittiva e personalizzata: ecco come sarà i futuro nell’Health Più nello specifico, un Jerry Manbot che assiste un anziano può funzionare da agenda, ricordando di assumere i giusti farmaci nel momento opportuno o consigliando stili di vita e alimentari sani e adatti ai suoi parametri. Jerry Manbot robot alla scrivania di Maker Faire Nella cura di malattie degenerative come l’alzheimer, un assistente virtuale può stimolare un dialogo continuo, registrando le conversazioni, ponendo domande correlate, fornendo aiuto e informazione. Senza dimenticare la possibilità di allertare i soccorsi in caso di incidenti. Cambiando fascia di età, alcune situazioni legate alle sindromi autistiche infantili potrebbero essere migliorate attraverso una interazione soft con i robot, per chi incontra problemi nelle relazioni con le persone, agevolando la creazione di una migliore sicurezza di sé.

    Nulla di preoccupante, quindi, i robot saranno solo badanti e infermieri?

    Non solo: le nuove sfide legate alle esplorazioni spaziali ci mettono davanti a problematiche del tutto nuove. A ben vedere, ogni volta che ci spingiamo al limite per esplorare una nuova, piccola porzione di universo, inviamo dei rover, in pratica dei robot, molto prima di essere in grado di arrivarci fisicamente. Citando una parte del libro di David Orban, Advisor presso la Singularity University, “Singolarità: Con che velocità arriverà il futuro”, la smaterializzazione dell’individuo è una delle poche strade individuabili attualmente se vorremo spingerci al di fuori dei nostri confini terrestri. Risulta probabile, dunque, che a colonizzare un nuovo ambiente saranno in primis le macchine, per preparare il terreno agli esseri umani.

    Qual è il prossimo passo nello sviluppo di Jerry Manbot?

    Connetterlo alla rete e permettergli di comunicare autonomamente con i suoi follwer su Twitter. E, chissà, magari trasformarlo in un robot Ninja!