Prendi un foglio bianco, una penna ed inizia a scrivere. Magari bendato, prova a disegnare il Signor Rossi, come fa Bruno Bozzetto nel video qui sotto. Qual è il risultato? Horus aiuta gli ipovedenti nella vita di tutti i giorni, non trasforma in un genio della matita ma assiste le persone con disabilità visiva nelle azioni quotidiane: un dispositivo elettronico che esamina e comprende il mondo attorno a chi lo indossa.
Fornendo informazioni utili riguardo a testi e oggetti, è in grado di riconoscere volti e, sfruttando la conduzione ossea, può fornire i dati utili in modo discreto e senza penalizzare l'audio del soggetto come accadrebbe con un auricolare.
Indossare la vista e ascoltare l'invisibile è possibile con Horus
Fantascienza? Ma no, e i Google Glass, allora?
Per più di 300 milioni di persone nel mondo, operazioni semplici come attraversare la strada sono pieni di ostacoli. Non siamo più tanto all'alba dei wearable device, direi invece che ci troviamo in una mezza mattinata, che precede l'esplosione della diffusione dei dispositivi indossabili già a partire da quest'anno.
Horus, tra le altre cose, non ha bisogno di una connessione per funzionare a pieno regime. Dovremmo pensare ad un massivo utilizzo della tecnologia indossabile non come omologazione al prodotto di punta della blasonata azienda, invece come l'applicazione del concetto di internet delle cose alle reali esigenze quotidiane.
Strumenti personali e personalizzabili in grado di interagire con le singolari esigenze di chi ne fa uso. In pratica, Horus. Studiato specificamente per agevolare la soluzioni di problemi strettamente legati al calo o all'assenza della vista, si trasforma in un vero e proprio assistente personale, con cui è possibile interagire attraverso comandi vocali e pulsanti, memorizzare dati e informazioni. Aggiornabile, implementabile, tramite sensori l'assistente perfetto riconosce gli attraversamenti pedonali meglio dell'addestratissimo fido, che da oggi in poi si occuperà solo delle feste al rientro a casa.
Un bel cambiamento nello stile di vita delle persone ipovedenti: versatilità, certo, informazioni. Ma c'è di più. Horus più delle informazioni fornisce indipendenza, sicurezza nei propri mezzi, sensazioni sopite e spesso dimenticate da chi ha bisogno di assistenza costante.
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Crowdfunding reward-based,l'innovazione anche nella raccolta fondi
Il crowdfunding sulla piattaforma di #WCap permetterà di raccogliere i fondi necessari per lo sviluppo del prototipo attraverso un sistema di reward-based crowdfunding, la modalità di raccolta dei fondi che prevede forme varie di ricompensa, omaggi e piccoli regali, per i finanziatori.
Premesso che privarci davvero di poco o nulla per donare è cosa sana, dato per scontato che lo spirito innovativo di Benedetta Magri, Saverio Murgia e Luca Nardelli va sostenuto anche indipendentemente dall'evidente valore sociale che resta il cuore del progetto, ricevere un dono, dal gadget a tema al proprio nome in Brail o al "concerto al buio", rappresenta l'ideale ringraziamento per una azione virtuosa. Insomma, giovani, innovativi e anche educati!
Innovativi nel progetto così come nella raccolta dei fondi, i ragazzi di Horus (ragazzi sì! Il più anziano ha 24 anni) si sono aggiudicati la Startup Revolutionary Road 2014 e ora spingono sulla visibilità attraverso i media, per raccogliere i capitali necessari alla realizzazione del sogno di milioni di persone: tornare ad essere indipendenti.
Non passano inosservati al grande pubblico quando le Iene, programma Mediaset senza bisogno di presentazioni, realizza un servizio per diffondere la campagna di raccolta fondi ed invitare alle donazioni.
I video e la tv, anche le Iene al buio per Horus
Pubblicazione di Le Iene.
La semplicità con cui è possibile dimostrare i tanti gap causati da una capacità visiva limitata colpisce per la sua immediatezza: una benda sugli occhi e anche il simpatico Maccio Capatonda è incapace di bere un bicchiere d'acqua, Rosita Celentano combina un disastro mettendosi lo smalto, Rudy Zerby ha problemi perfino scartando un pacco. In tanti, sensibili al problema, hanno partecipato invitando a "donare una view ai non vedenti", guardando e condividendo il video con l'hashtag #view4theblind.
Raccogliere fondi permetterà la realizzazione dei primi prototipi e la fase di sperimentazione su ipovedenti e volontari, per costruire il prodotto ed i servizi offerti sulle reali esigenze quotidiane di chi utilizzerà il servizio.
Via la benda da quegli occhi, corri a donare.