Che il selfie sia un'espressione convenzionalmente condivisa anche fuori dal mondo dei social network è un fatto. Che, come fenomeno, sia stato effettivamente compreso fino in fondo anche dagli addetti ai lavori, no.
Eppure, anche l'Accademia della Crusca ha opportunamente sdoganato il selfie come termine parte del nostro vocabolario, indicandolo (o indicandola, dato che l'appartenenza di genere di "selfie" è ancora tutta da definire) come parola dotata di significato: elemento non solo iconografico delle bacheche di Facebook e Instagram, ma forma d'espressione foriera di elementi intrinsechi frutto, dei quali il selfie si fa carico e di cui il più delle volte gli stessi autori non sono al corrente.
Di questo, e di molto altro raccontano le 98 pagine di "Selfie: La cultura dell'autoscatto come forma di racconto e appartenenza", l'ebook scritto da Tommaso Sorchiotti e Alessandro Prunesti che, partendo dall'evoluzione della fotografia e dal concetto di autoscatto, esplorano il selfie come pillar non solo digitale ma anche espressivo e narrativo, isolandone i tratti distintivi e trovando le connessioni a quelli che sono i grandi mutamenti culturali che i social network hanno portato con sè.
Di seguito, un estratto abbastanza completo di che cosa il lettore può trovare nel libro:
"I selfie sono uno strumento intimo che diventa sociale nel momento in cui è utilizzato per testare sugli altri l’effetto del proprio look & feel, nella continua ricerca di feedback e approvazione da parte degli altri utenti della Rete. Attraverso i selfie, infatti, ciascuno di noi ha la possibilità di mostrarsi al mondo esattamente nel modo in cui vuole essere visto, selezionando in modo preciso le informazioni di ambiente da comunicare."
Una lettura agevole e disinvolta che riesce, con un approccio genuino e semplice, a trattare una tematica tutt'altro che semplice e che coinvolge alcune delle metodologie più adottate di content creation e content curation.
Sorchiotti e Prunesti citano studi recenti e attendibili, elencano case studies e sottolineano peculiarità e punti di forza di ognuno, propongono modelli fattuali che, alla fine del libro, fanno capire come il selfie si possa considerare un fenomeno tutt'altro che passeggero, considerando che, come si può leggere nell'estratto che segue, esso nasce da una pulsione insita nell'uomo, il riconoscimento della propria identità:
"Ognuno di noi ha un’idea di se stesso e di chi vuole essere. E attraverso le proprie azioni si augura di vedere questa idea riflessa nella società. La recente evoluzione tecnologia e l’abbassamento dei costi hanno creato una sorta di democratizzazione dell’autoritratto. Una pratica che in passato era riservata a un’elité ristretta. Il processo digitale di rappresentazione della propria identità è diventato una possibilità in mano a tutti. Le selfie vengono prodotte in continuazione per creare una costante comunicazione con gli altri, per aggiungere aspetti della propria personalità, per correggere il tiro, per spiegarsi."
Insomma, "Selfie: La cultura dell'autoscatto come forma di racconto e appartenenza" è, come si direbbe in altri contesti, un saggio pensato per "grandi e piccini", utile sia a chi correntemente lavora nel digitale che per chi vuole ampliare le conoscenze in merito alle ultime innovazioni di social media e content marketing.