Sciare su una pista artificiale in un centro commerciale? Nel GolfoPersico si può. Andare in gondola tra una stanza e l’altra dell’hotel? Nel Golfo Persico si può. Giocare a tennis sull’acqua? Nel Golfo Persico si può.
Insomma gli eredi delle Mille e Una Notte utilizzano proprio la favola come strategia di marketing: favole moderne, aggiornate dalle nuove tecnologie, dove la non convenzionalità viene espressa da idee fantasiose, a volte anche un po’ eccessive, ma molto affascinanti.
E’ così che due tennisti al top del ranking ATP, Rafael Nadal e Roger Federer si ritrovano a combattere un match sull’acqua per promuovere il torneo Doha ATP 250 che prende il nome dalla baia di Doha appunto, in Quatar, dove si disputa il torneo.
La partita che dalle immagini sembra giocata sull’acqua, riecheggiando quasi un clima da miracolo, in realtà si è giocata su una piattaforma galleggiante, tipica del paesaggio del Golfo Persico dove per estrazione vengono usate grosse superfici a pelo d’acqua.
I due rivali di sempre che nei loro match sono già spettacolo nello spettacolo confessano di essersi divertiti molto, con un’iniziativa attraente, epica per certi versi, che contribuisce a spostare l’asse delle sedi di campionati, tornei e perfomance sportive verso il Medioriente.
Ormai è un trend irrefrenabile, dalla Formula 1 al Moto GP, al tennis, lo sport trova nuovi scenari e nuove organizzazioni e il Vecchio Continente deve difendersi se non vuole vedere spostato l’epicentro di alcuni sport e di alcune competizioni sportive. Questione di dollari? Anche, ma anche strategie comunicazionali ironiche, un po’ fuori dagli schemi, la volontà di investire in idee di promozione diverse.
Del resto basta pensare che il tennis è a tutt’oggi uno sport molto tradizionale e di etichetta e quindi perché non immaginare luoghi diversi e divertenti per fare un spot, rompendo alcuni schemi? E’ vero che le multinazionali dell’abbigliamento tennistico e gli sponsor dei giocatori puntano da un po’ su filosofie e pubblicità accattivanti, ma i tornei del Grande Slam e dell’ATP in genere non si cimentano mai in autopromozioni, puntando su una lunga tradizione di torneo che nomi come Wimbledon e Roland Garos si portano dietro. Ora qualcosa sta cambiando e lo sport business ed il turismo scoprono nuove tappe, nuove città da visitare, nuovi luoghi da vedere e inizia l’attacco allo sport business tradizionale.
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https://www.ninjamarketing.it/wp-content/uploads/2018/06/nm-logo-new.png00Stefania Melehttps://www.ninjamarketing.it/wp-content/uploads/2018/06/nm-logo-new.pngStefania Mele2011-01-20 15:00:222011-01-20 15:00:22Tennis sull'acqua, le tigri del Medioriente scelgono la comunicazione non-convenzionale
Mi sono piaciuti subito, a prima vista. Forse perché capita spesso anche a me di “inciampare” nel filo delle cuffie mentre sto ascoltando la musica o la radio. Anche perché la musica mi aiuta mentre lavoro, mentre scrivo, per “ricaricarmi” e quindi la ascolto dal mio lettore mentre faccio altre cose.
Bene, gli Skunk Juice sono progettati per evitare che i nostri movimenti repentini possano danneggiare gli auricolari (e magari rovinarli irrimediabilmente). Dispongono di una connessione magnetica posta in prossimità del jack che permette una sorta di sgancio rapido nel caso di urti.
Per riprendere ad ascoltare l’audio basterà ricollegare i magneti, che riattiveranno la connessione.
L’aggettivo virale mi è venuto in mente perché gli Skunk Juice permettono di condividere la musica semplicemente connettendo più auricolari in serie. L’innovazione sta nella possibilità di poterli unire, connettendoli grazie ai magneti che permettono a più persone di ascoltare la musica da una singola sorgente (volete mettere la comodità di non togliersi gli auricolari per passarli all’altra persona?).
Questo il video di lancio:
E questo è uno spot pubblicitario:
Saranno disponibili da aprile 2011, ad un prezzo di 49 $ circa (36 per gli auricolari e 13 per il connettore).
https://www.ninjamarketing.it/wp-content/uploads/2018/06/nm-logo-new.png00Simosokehttps://www.ninjamarketing.it/wp-content/uploads/2018/06/nm-logo-new.pngSimosoke2011-01-20 13:00:392011-01-20 13:00:39Auricolari virali? Sicuramente a prova di strappo! [GADGET]
L’HTML5, per chi non lo sapesse, rappresenta la quinta revisione dell’Hypertext Markup Language ed è attualmente in fase di definizione presso il World Wide Web Consortium. La versione 4, nata nel 1999, ha definito i contorni del web ma negli ultimi tempi la nuova ondata di browser ha sottolineato la necessità di un miglioramento del linguaggio per includere diverse opportunità multimediali che al momento vengono gestite da plugin (come Flash, ad esempio).
Ed è proprio per arricchire la multimedialità del web che viene ad esempio introdotto il tag CANVAS che permette di disegnare, il tag SVG per realizzare grafica vettoriale, il tag VIDEO e il tag AUDIO per inserire filmati e sequenze audio in formati standard. In poche parole, l’obiettivo è rendere più semantica e significativa la struttura della pagina web.
Illustriamo quindi 5 esempi di come l’HTML5 sia stato usato per dimostrare le sue potenzialità creative!
5 – Browser Ball
Creare nuove finestre e giocare a lanciare una palla nello spazio che si crea tra esse. Se vi sembra una perdita di tempo, probabilmente è perché lo è. Ma è anche un modo immediato per capire le nuove modalità di interazione possibili con HTML5. Variante sul tema: Ball Pool (ridimensionate la finestra del vostro browser e “scuotetelo”). L’idea: dare più fisicità all’attività online ed abbattere la tirannia del doppio clic.
4 – Leisure-Suit Larry ed altri abandonware Sierra
Chi è appassionato di videogiochi retro si ricorderà sicuramente di Sierra Entertainment e delle avventure grafiche come King’s Quest, Gold Rush e Leisure-Suit Larry. Oggi, la software house non esiste più e i videogiochi hanno un aspetto completamente diverso dal look and feel pixellato del passato. Ma alcuni di questi giochi rivivono oggi, grazie a Martin Kool che li ha resi disponibili proprio grazie all’HTML5. Qui in versione anche per iPad. L’idea: letteralmente (e non banalmente come tanti claim aziendali) unire tradizione ed innovazione in maniera user-friendly.
3 – Silk
Yuri Vishnevsky ha creato questa pagina sperimentale per giocare con la seta grazie al tag CANVAS. Non c’è alcun Flash in uso e si possono creare mini-opere artistiche in pochi secondi. Basta cliccare e trascinare ovunque sullo schermo per creare la seta; se si preme Shift e si gira il cursore mentre la seta è in movimento, si può cambiare la direzione del vento. L’idea: arricchire poli-sensorialmente la navigazione.
2 – Wave
Una rilassante onda le cui bolle vanno cliccate per leggere un tweet in tempo reale contenente la parola “water”. Qui altri esperimenti del programmatore Hakim El Hattab. L’idea: nuovi modi per “embeddare” contenuti social.
1 – The Wilderness Downtown
Nonostante sia comparso in rete ad agosto 2010, non ci sono ancora eguali per quest’operazione in HTML5. Una sinergia tra la band Arcade Fire, il regista Chris Milk con la casa di produzione Radical Media e tre tecnici Google. Difficile da descrivere a parole, va provato! L’idea: creare esperienze personalizzate di entertainment, estetiche ed evasive (Pine e Gilmore, 1999) nelle quali immergere il fruitore.
https://www.ninjamarketing.it/wp-content/uploads/2018/06/nm-logo-new.png00Aikohttps://www.ninjamarketing.it/wp-content/uploads/2018/06/nm-logo-new.pngAiko2011-01-20 12:00:432011-01-20 12:00:435 idee per essere creativi con HTML5 [CREATIVITY]
Quello che comunemente viene chiamato Gruppo Zara, si chiama in realtà Inditex S.A.ed è spagnolo. Ma questo, forse, tutti lo sanno. Il successo di Ortega come presidente e fondatore è innegabile. Uomo più ricco di Spagna, secondo uomo più ricco d’Europa, è per Forbes il ventinovesimo uomo più ricco del globo. Eppure le foto su di lui sono poche, e tutte ufficiali.
Nato nel 1936 da padre ferroviere, apre il primo negozio Zara nel 1975 alla Coruña, sua città. Da lì, attraverso l’innovazione e la flessibilità, Inditex è diventata una delle più grandi aziende di distribuzione tessile al mondo. Una struttura verticale e lo stretto collegamento tra distribuzione, produzione e logistica con joint venture, franchising e installazioni di filiali fuori dal territorio spagnolo, hanno dato via alla moda veloce, dal prezzo basso ed accessibile, quella moda chiamata fast, che segue e soddisfa i bisogni del consumatore moderno.
Un livellamento sociale, e una differenziazione tra i marchi che rende, chiunque, un potenziale compratore Inditex. I marchi sono Zara, Pull and Bear, Massimo Dutti, Bershka, Stradivarius, Oysho, Zara home, Kiddy’s Class/Skhuaban e infine Uterqüe, ultimo marchio aggiunto nel 2008.
Negli ultimi anni il gruppo Inditex è entrato in borsa, ha aperto il primo sito per acquisti online per il marchio d’abbigliamento Zara, ha chiuso i primi nove mesi del 2010 con utili netti pari a 1,17 miliardi e in questo anno ha l’obiettivo di aprire i primi negozi in Australia e Sudafrica. Quest’ultimo obiettivo, tra l’altro, fortemente voluto, dopo la conquista del mercato asiatico avvenuto negli ultimi anni di gestione. Ma questo 2011 per il gruppo Inditex sarà storico anche per un altro motivo.
Ortega lascia la poltrona. Uno degli imprenditori più di successo al mondo, invisibile tra l’altro, ha deciso di lasciare a 70 anni la presidenza del gruppo, di cui detiene circa il 60% delle azioni, e proporrà nella prossima assemblea del gruppo a luglio la presidenza del suo “pupillo”, già consigliere delegato e vicepresidente, Pablo Isla, che è stato così definito da Ortega: “combinazione della gioventù e dell’esperienza che, con responsabilità e professionalità, fanno ottime cose”.
In una lettera inviata a tutti i dipendenti Inditex, circa 70mila, ha però specificato che il suo ruolo in consiglio di amministrazione, in quanto maggiore azionista, continuerà. Sarà per questo che la sua scelta è ricaduta su Isla, con il quale, si dice, abbia un feeling gestionale molto forte. Insomma, guardano lontano, ma sempre “con le stessa valigia in due”, parafrasando i Tiromancino.
E sfido chiunque, adesso, a controllare il proprio armadio e cercare qualcosa che non sia firmato Inditex.
https://www.ninjamarketing.it/wp-content/uploads/2018/06/nm-logo-new.png00keirahttps://www.ninjamarketing.it/wp-content/uploads/2018/06/nm-logo-new.pngkeira2011-01-20 11:00:372011-01-20 11:00:37Se ad abbandonare la presidenza è il papà di Zara
L’identità di Banksy, uno dei più famosi street artist, è finita in vendita su eBay. L’asta, partita da 3000 sterline, ha ricevuto moltissime offerte prima che eBay si decidesse a chiuderla. Il venditore, jaybuysthings, che puntava a guadagnare 1 milione di sterline, sembra fosse in possesso di alcuni scontrini fiscali per la compravendita di opere con il vero nome di Banksy.
Tuttavia, stando alle dichiarazioni dello stesso Banksy, lui non riceve alcun compenso monetario per le sue opere, quindi si tratterebbe di merce falsa.
Probabilmente eBay chiuderà definitivamente l’account del venditore. Quest’ultimo già qualche giorno fa aveva tentato di vendere nome e cognome dell’artista di Bristol, ma l’asta era stata ritirata perché c’è il divieto di vendere beni intangibili.
Le opere di Banksy denunciano e ironizzano sui vizi e sulle sperequazioni del mondo occidentale.
I messaggi della maggior parte dei suoi graffiti sono contro la guerra, anti-capitalistici, ambientalisti e per la pace.
Inizialmente l’artista usava come tag Kato e Tes, dagli anni ’90 inizia a firmarsi Banksy. I suoi stencil piacciono anche alla critica: il graffito dedicato a Pulp Fiction, che è stato valutato da esperti del mondo dell’arte mezzo milione di dollari, purtroppo è stato rimosso…
Si è imposto per la prima volta all’attenzione del grande pubblico, pur conservando l’anonimato, nel 2003 quando ha installato, senza essere notato dalla sicurezza, nelle gallerie del British Museum alcune sue creazioni che riprendono lo stile settecentesco con l’aggiunta di particolari anacronistici.
Vera e propria guerrilla art. Ma Banksy crea anche installazioni e sculture come la famosa cabina telefonica inglese ‘assassinata’.
Non è nuovo a forme alternative di arte, come quando nel 2006 si cimenta in un’opera di cover-hacking facendo circolare in una cinquantina di negozi sparsi in tutto il Regno Unito delle copie-parodia del CD di Paris Hilton. Banksy ha modificato titolo e musica, aggiungendo alcune immagini che ridicolizzano l’ereditiera.
Nel 2010 il docu-filmExit Through The Gift Shop presentato al Sundance Film Festival ha riscosso grande successo anche per la diffusione virale del trailer. Nello stesso anno la Fox gli ha chiesto di realizzare l’intro della sigla dei Simpson per la puntata andata in onda il 10 ottobre.
E voi che cosa ne dite? Quella di Banksy è arte o vandalismo?
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https://www.ninjamarketing.it/wp-content/uploads/2018/06/nm-logo-new.png00Irene D'Agatihttps://www.ninjamarketing.it/wp-content/uploads/2018/06/nm-logo-new.pngIrene D'Agati2011-01-20 09:00:432011-01-20 09:00:43L’identità di Banksy all’asta su eBay. Fenomenologia di un writer fra arte e vandalismo [VIRAL]
Il CES è sempre una fucina di idee, prodotti, trend, novità. Anche l’edizione 2011 è stata interessante, sotto tutti i punti di vista.
Ma, come sempre, c’è chi esagera. Infatti sono stati presentati da Lux Mobile delle custodie per iPhone ed iPad che hanno su tutta la superficie dei cristalli Swarovski.
Questi cristalli sarebbero montati uno ad uno secondo tradizione ed un case per iPad, ad esempio, potrebbe arrivare a costare anche oltre 3.000$!!
Di seguito il case dedicato all’artista Maurits Cornelis Escher ed alla sua opera “Pesci e Uccelli”. Case realizzato con 18.000 cristalli Swarowski. Lusso troppo esagerato (almeno per i miei gusti).
https://www.ninjamarketing.it/wp-content/uploads/2018/06/nm-logo-new.png00Simosokehttps://www.ninjamarketing.it/wp-content/uploads/2018/06/nm-logo-new.pngSimosoke2011-01-19 17:00:502011-01-19 17:00:50Case Swarovski per iPhone e iPad. Lusso esagerato?
Di recente Nicola Mattina, esperto di comunicazione d’impresa e personalità di spicco nell’ambito della ricerca sui social media (tra le sue numerose attività, è fondatore e coordinatore del think-tank Club dei Media Sociali), ha pubblicato sul suo blog personale una proposta per la realizzazione in Italia di una “Startup School”.
L’idea è quella di una struttura, pensata con sede a Roma, che possa fornire agli aspiranti startuppers italiani tutti gli strumenti e le competenze per realizzare la propria internet company. Il programma formativo importa un modello made in Stanford University, prendendo le mosse dagli insegnamenti del guru Steve Blank; la ricetta combina in un mix bilanciato momenti di lezione frontale con attività pratiche sul campo. Fondamentale sarà l’apporto fornito lungo tutta la durata del corso dalla rete di esperti di settore coinvolti nell’iniziativa, che guideranno i partecipanti nel delicato processo che porta dall’idea all’impresa. L’obiettivo finale prevede la realizzazione di un prototipo di prodotto funzionante.
L’impresa “Made in USA”
Startup School prende ispirazione da realtà d’oltreoceano che già vantano un nutrito portfolio di successi come le americane YCombinator e TechStars. Si tratta di programmi di seed stage investment che provvedono in uno o più round annuali ad avviare con un investimento ridotto (di norma intorno a $ 18.000; in cambio viene trattenuta una quota societaria dei finanziati) piccoli gruppi di startup in stadio embrionale. Il passo successivo, vera colonna portante di questa formula, è un training intensivo della durata di tre mesi, durante il quale i team di lavoro possono avvalersi dell’esperienza di esperti e imprenditori, ampliando il proprio network di relazioni lavorative e acquisendo uno know-how dal valore inestimabile. Al termine del trimestre i partecipanti potranno presentare un prototipo funzionante a un pubblico di Venture Capitalist e Angel Investors, e avranno così la possibilità di procacciarsi il capitale per sviluppare il progetto nelle successive fasi di crescita). YCombinator e TechStars hanno all’attivo un portfolio di tutto rispetto, dimostrazione lampante che il sistema dà i suoi frutti; sono loro creature, Dropbox e Posterous per la prima, Graphic.ly e BrightKite per la seconda.
Startup School prevede al momento un impianto diverso per la parte di funding, non erogando di fatto alcun finanziamento (almeno fino a quando qualche investitore o sponsor non vorrà farsi avanti); ciononostante crediamo che la nascita di simili iniziative non possa che avere un effetto benefico nel dare nuovi stimoli a un tessuto imprenditoriale (in particolare, quello giovanile) spesso apatico e afflitto dal clima di sfiducia che caratterizza questi tempi.
Seguiremo con interesse gli sviluppi del progetto, e torneremo sull’argomento non appena ci saranno aggiornamenti. Nel frattempo, diteci la vostra: quanti di voi sarebbero pronti ad iscriversi alla Startup School?
https://www.ninjamarketing.it/wp-content/uploads/2018/06/nm-logo-new.png00Takeshi Mifunehttps://www.ninjamarketing.it/wp-content/uploads/2018/06/nm-logo-new.pngTakeshi Mifune2011-01-19 16:15:352011-01-19 16:15:35Startuppers si diventa, grazie alla Startup School
La sospensione dell’ attività del motore di ricerca Ask.com, e la chiusura di due delle sue sedi comunicata dal presidente Doug Leeds sul blog aziendale, ha definitivamente segnato la fine dell’era del web 1.0. Nato nel lontano ’96, rappresentato dall’icona del maggiordomo, Ask.com si era subito guadagnato la fama di “big” tra i search engine, ma a causa anche della concorrenza di Google, si è ritrovato ben presto, secondo i dati Nielsen, al sesto posto con un utilizzo del 2%.
Muovendosi nella stessa direzione di Quora, il social network basato sulla condivisione della conoscenza, e condividendo la sorte toccata ad altri motori di ricerca, come Altavista, Lycos e Excite, da Luglio scorso Ask.com punta al segmento delle domande e risposte on-line, attraverso un rinnovamento ed un riposizionamento in chiave social e mobile. Il valore aggiunto di questo ritorno alle origini, infatti, è la capacità di veicolare le domande direttamente agli utenti più esperti, oltre che alla community, e di identificare le aree di interesse di ciascuno attraverso l’integrazione dei profili LinkedIn e Facebook. Inoltre, la nuova interfaccia e l’ app disponibile per iPhone consente un alto livello di personalizzazione introducendo anche la geolocalizzazione.
https://www.ninjamarketing.it/wp-content/uploads/2018/06/nm-logo-new.png00Pierajkhttps://www.ninjamarketing.it/wp-content/uploads/2018/06/nm-logo-new.pngPierajk2011-01-19 15:00:572011-01-19 15:00:57Ask.com, ritorno al segmento Q&A in chiave social e mobile
Chiedo a Julia Roberts di perdonarmi se ho utilizzato parte del titolo del suo ultimo film (di cui, detto tra noi, avrei salvato solo lei), ma mi sembrava perfettamente adatto a quello di cui sto per parlarvi.
Siamo presi sempre di più dalla febbre dei Social Network, tant’è che alcuni studi dimostrano che si può diventare addirittura social-dipendenti. E la tecnologia di certo non migliora la situazione…
Anche i frigoriferi diventano Social
Il 40% dei tweet viene inviato da dispositivi mobile, e il frigo che è pesante da portare in giro in che categoria lo mettiamo?
La settimana scorsa la koreana Samsung ha svelato al CES 2011 un nuovo elettrodomestico, che altro non era se non un vecchio elettrodomestico, ma con funzioni sbalorditive: uno SmartFridge, in pratica.
Il frigorifero di cui parliamo ha il touch screen, la connettività ad Internet via Wi-Fi, Google Calendar, lettore musicale e un’applicazione per usare Twitter direttamente dal suo sportello! Pensate a cosa ci si potrebbe fare: lasciare ai familiari dei messaggi (magari lampeggianti) che non potranno staccarsi dal frigo, sostituire il calendario da parete con Google Calendar e permettere di comunicare la lista della spesa direttamente dal frigorifero al cellulare dell’incaricato.
Se già questo vi è sembrato esagerato, continuate a leggere, perchè si può fare molto, molto peggio.
Tweet dall’oltretomba
Vi chiedo scusa in anticipo per il tema un po’ macabro.
Cosa succederebbe ai profili social se, malauguratamente, il proprietario dovesse lasciare questo mondo? Ci sono sempre state opinioni discordanti, c’è chi si batte per la chiusura e chi vuole invece lasciarli lì per permettere ad amici e parenti di ricordare la persona. In effetti adesso ognuno lascia “in eredità” anche una serie di dati ed informazioni, “intrappolati” nella rete. Evidentemente il team di Yanko Design appoggia la seconda ipotesi, perchè ha elaborato un sistema che permetterà di immagazzinare dati provenienti ad esempio dal blog personale o dai profili social direttamente nella lapide, grazie ad un trasmettitore Bluetooth ed un piccolo pannello solare per fornirgli energia.
Chi vorrà, in seguito, potrà accedervi con il proprio cellulare, e i contenuti potranno aiutarlo a ricordare più vividamente l’estinto. Citando testualmente, “E-TOMB” (questo è il nome che hanno scelto) “è progettata per fornire una dimensione più emozionale della tomba alle persone nell’era dell’informazione”. Di cattivo gusto? Beh, anche qui si potrebbe discutere… decidete voi.
Le potenzialità di twitter (e più in generale del Social Web) nel campo del citizen journalism le abbiamo viste con le proteste studentesche in Iran e in Moldavia, con i mondiali di calcio del Sudafrica 2010 e anche nel caso di Wikileaks.
Questa volta parleremo della Rivoluzione Tunisina: dopo quattro settimane di disordini civili e la caduta del dittatore tunisino Zin El-Abidin Ben Ali, a raccontarci quello che è successo, sarà proprio il Social Web.
La rivoluzione tunisina in 140 caratteri
Partiamo con un’immagine realizzata da Christopher Golda – CEO di Backtype per TechCrunch. La tagcloud mostra le reazioni che coinvolgono Twitter nella rivoluzione tunisina:
Venerdì 14/01 (giorno della fuga del dittatore Ben Ali) alle ore 21,56 ora locale l’attenzione dei twitteri ha raggiunto l’apice, con 28 tweets al secondo. In totale i tweets che hanno raccontato la rivoluzione (compresi quelli che utilizzano l’hashtag #Tunisia) sono stati più di 196.000, mentre sono stati 103.000 i tweets contenenti l’hashatag #sidibouzid – dal nome della provincia tunisina Sidi Bou Zid da cui sono iniziate le proteste, ma che oggi è l’hashtag simbolo per “chiamare a raccolta i compagni”.
Secondo Christopher Golda il numero totale di persone che hanno raccontato attraverso twitter la #jasminrevolution – ovvero la Rivoluzione del Gelsomino, sarebbe pari a 50.000.
Quelli che seguono sono i top 10 tweets relativi alla vicenda secondo Golda:
E ‘interessante notare che solo tre dei tweets sono stati originati da media mainstream (uno solo dagli USA), quattro riguardano la fuga dalla Tunisia dell’ex dittatore Ali Ben e due riguardano lo scioglimento del Parlamento.
Se vuoi sapere cosa succede in Tunisia spegni la tv e accendi il web (Pabaa)
Ma quanto hanno pesato le rivelazioni di Wikileaks nell’esplosione delle proteste in Tunisia? Secondo la rivista americana Foreign Policy non poco. Ma i tunisini avevano moltissimi motivi per protestare (dall’aumento dei prezzi, alla disoccupazione, alla corruzione) indipendentemente dai cablegate diffusi lo scorso dicembre, raccolti sul sito tunileaks e discussi su twitter con l’hashatg #tunileaks.
Quello che sappiamo è che readwriteweb – uno dei più importanti blog americani, ha denunciato i media tradizionali per aver abbandonato la Tunisia nelle mani di Twitter e di YouTube.
Effettivamente, nonostante la rigida censura del web da parte del governo tunisino, Facebook, Twitter, YouTube e in generale tutti i Social Media hanno assunto un ruolo centrale nel diffondere le notizie, organizzare la resistenza e aggirare le censure.
Pensiamo a questo video user generated che ha superato le 120.000 visualizzazioni:
***
Questo video è solo un esempio, YouTube è piena di video che raccontano i disordinoi civili di quei giorni. Qui ad esempio trovate una collezione di 134 video.
Quest’immagine l’avete già vista? Da Twitpic a Flickr, da Facebook a Twitter, questo scatto ha fatto davvero tutto il giro del mondo:
E ancora quanti attivisti come Lina Ben Mhenni hanno postato foto e video sui loro blog?
Considerato quindi il ruolo centrale dei Social Media, alcuni parlano di questa rivoluzione come la Rivoluzione di Twitter o dei Social Media. Non credo sia giusto, i social Media sono “solo” un mezzo di comunicazione. La Rivoluzione l’hanno fatta le persone. Chiedersi se questa sia stata la rivoluzione dei Social Media è come chiedersi se la rivoluzione francese sia stata la rivoluzione della stampa!
Operazione Tunisia: Join us on the IRC – irc.anonops.ru #opTunisia
Questo è un avvertimento al governo della Tunisia: non saranno più tollerati gli attacchi alla libertà di parola e informazione dei suoi cittadini.
Qualsiasi organizzazione coinvolta nella censura sarà presa di mira e non sarà rilasciata fino a quando il governo tunisino non ascolterà la richiesta di libertà del suo popolo. È nelle mani del governo tunisino fermare questa situazione.
Liberate la rete, e gli attacchi cesseranno, continuate ad avere questo atteggiamento, e questo sarà solo l’inizio.
Questo avvertimento è del 2 gennaio, successivamente il gruppo di hacktivism ha organizzato l’operazione #OpTunisia a cui si può aderire attraverso l‘omonimo canale ospitato dalla rete IRC anonops.ru. Dopo aver colpito con una serie di attacchi DDoS i siti del governo tunisino, della Borsa, del Ministero degli Esteri, etc etc.., gli Anonymous hanno aiutato i tunisini ad organizzare la resistenza, combattendo la censura governativa.
E ora? Slim Amamou è il primo pirata al Governo!
Non so se per caso avete già sentito parlare di Slim Amamou. Slim Amamou è uno dei più noti blogger tunisini, facente parte del Partito Pirata.
Slim Amamou è un ragazzo di 33 anni che ha sempre combattutto per la libertà del suo paese. Nel luglio scorso aveva denunciato su Global Voices, un comportamento sospetto alla sua casella di posta Gmail. Il 6 gennaio Slim Amamou è stato arrestato dal governo dell’ex primo ministro Ben Ali, insieme ad altri blogger scomparsi.
Il 12 gennaio Slim Amamou è tornato in libertà, e il 17 gennaio è stato nominato Ministro per la Gioventù e lo Sport. E a confermarlo è proprio Slim Amamou dal suo account twitter.
Nel web continuano le critiche verso il nuovo governo, messo in piedi in fretta, a soli tre giorni dalla fuga di Ben Alì, con premier e tre Ministri riconfermati.
Ma, come leggiamo su Wired, il blogger vede nella politica una possibilità: “Non sono diventato segretario di stato per farvi chiudere la bocca, sono qui per aprirla davanti al governo. :)”, “ho cominciato con un colpo di stato mediatico: parlo liberamente a tutti i media del mondo”, “insegnerò a tutti i membri del governo a usare Twitter”, “con l’annuncio dell’incarico volevo postare una mia foto con gli slip di Superman, ma mi hanno dissuaso”.
Quel che è certo è che Slim Amamou è il primo pirata al Governo! 😉 {noadsense}
https://www.ninjamarketing.it/wp-content/uploads/2018/06/nm-logo-new.png00Silviahttps://www.ninjamarketing.it/wp-content/uploads/2018/06/nm-logo-new.pngSilvia2011-01-19 10:00:312011-01-19 10:00:31La rivoluzione tunisina vista con gli occhi di twitter e del social web [CASE STUDY]
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