La social TV può esser considerata come una rivisitazione del concetto di focolare domestico. Perché? La televisione negli anni ’50 ha sostituito il focolare domestico come unico momento di aggregazione e condivisione di un momento della giornata in cui stare tutti assieme. Negli anni però la visione della TV si è fatta sempre più individuale per l’ampia offerta di programmi e apparecchi televisivi ed è sfumata quell’aria sociale e aggregativa che la rappresentava. Con l’introduzione delle nuove tecnologie, però, la fruizione della TV sembra essere cambiata nuovamente e vengono a crearsi comunità virtuali in cui ognuno partecipa attivamente. Proprio questa estate, nell'articolo "Una stagione TV sempre più social: il bilancio delle tendenze visto dagli USA" avevamo approfondito la tendenza da una prospettiva internazionale.
Nell’articolo dedicato a Servizio Pubblico di qualche settimana fa, si sottolineava come i programmi televisivi utilizzino i social network per raccogliere feedback dal pubblico attento e critico e favorire una visione ampia e multicanale.
In realtà per un programma essere veramente social non significa avere una pagina su Facebook. Significa stabilire un rapporto fiduciario e duraturo nel tempo, significa favorire un interazione in tempo reale fra la TV e le persone e far si che le persone siano co-produttori di contenuti. Si tratta quindi di scegliere e utilizzare i social network in maniera efficace.
Oggi le applicazioni legate alla TV sono veramente tante e vi è solo l’imbarazzo della scelta. Fra gli altri Get Glue a Miso sono social network che somigliano tanto a Foursquare, ma sono legati alla ‘visione’ e attraverso i quali è possibile fare check-in sui programmi, telefilm che si guardano e condividere l’informazione sia su Twitter che su Facebook. In questo modo si ampliano la condivisione e la conversazione, nonché si possono avere vantaggi anche economici come sconti o altro.
Ma cosa deve fare la TV per essere social? Deve sicuramente utilizzare le giuste tecnologie e un insieme di pratiche gestite da utenti esperti, non passivi, che operano in un ambiente di user generated contents.
La televisione ha quasi incorporato Internet, ad esempio, attraverso l’ormai celebre live tweetting attraverso il quale gli utenti raccontano il programma e pongono questioni in diretta agli ospiti, interagiscono con il programma - vedi l’esempio di X-Factor o AnnoZero che con i loro rispettivi hashtag hanno mantenuto una frequenza assidua di osservazioni, critiche prima, durante e dopo i programmi. Twitter altre volte diviene una vera e propria Tv. Ci sta provando o ci ha provato) Fiorello che su Twitter con il suo anomalo hashtag #ilpiugrandespettacolodopoilweekend ha portato il social network cinguettante in TV scatenando anche diversi post nella blogosfera che hanno addirittura definito La primavera di Twitter.
Altra novità integrata nei programmi TV è anche Skype, grazie al quale gli spettatori, non più spettatori, intervengono come ‘opinionisti’ con riflessioni e analisi. Sky già da questa estate con Sky Go, aveva dato la possibilità di visionare i programmi direttamente sull’I-Phone e I-Pad.
Si può parlare quindi di esperienza di fruizione degli audiovisivi aumentata dove l’utente fa parte di una narrazione in cui diventa protagonista. Se si riuscisse a implementare e integrare perfettamente questi strumenti, si aumenterebbe realmente lo spazio conversazionale tra e con gli utenti.
Le persone entrano sempre più nello schermo standosene tranquillamente nel divano di casa propria e godendo di un esperienza emotiva, aggregativa ed interattiva.