Una proposta commerciale funziona solo se il destinatario della comunicazione verifica entrambe le seguenti condizioni:
- è in target con la proposta: cioè è il tipo di persona che può aver bisogno di quel prodotto/servizio
- si trova nel “momento” giusto: ovvero è predisposto all’acquisto perché ne ha effettivo bisogno
Se le due condizioni non sono verificate, il rischio per l’azienda è uno solo: sprecare soldi e tempo.
Perché andiamo su Facebook (e gli altri social network)
La maggior parte di noi va su Facebook (e sugli altri social) non per un motivo ben preciso ma semplicemente per passare il tempo e vedere cosa dicono/fanno gli altri. Ci andiamo anche perché abbiamo voglia di condividere un’esperienza, un pensiero, una scoperta (brutta o bella), un momento particolare della nostra vita cercando di fermarlo nel tempo con una foto, un video o un testo. È un po’ un lasciarsi trascinare dall’onda dei post che si inseguono nello stream senza una fine…
In mezzo a tutti i post che condividono i nostri “amici” capita di imbattersi in messaggi sponsorizzati, che hanno il dichiarato obiettivo di vendere qualcosa agli abitanti di Facebook. A volte possono funzionare perché magari l’utente, in quel momento è ben disposto ad accettare la proposta e a cliccarci sopra.
Ma, nella maggior parte dei casi (e io rientro in questi), raggiungiamo persone che tutto stanno aspettando tranne che quella proposta. Cioè li stiamo prendendo nel momento (o micro-momento) sbagliato! Ma una cosa l’abbiamo fatta: li abbiamo stimolati e forse abbiamo lasciato in loro un piccolo ricordo che potrebbe riaffiorare nel momento del bisogno.
Perché andiamo su Google (e gli altri motori di ricerca)
Quando andiamo su Google, lo facciamo per un motivo ben preciso, anzi, per uno dei tre motivi che seguono:
- I want to go: ricerche navigazionali (~ 10%)
- I want to know: ricerche informazionali (~ 80%)
- I want to do/buy: ricerche transazionali (~ 10%)
Ricerche navigazionali
È quella classe di ricerche svolte su Google da tutte quelle persone che stanno cercando un brand, un’azienda, un prodotto specifico riconoscibile. A meno che tu non sia quell’azienda, è praticamente impossibile acquisire visibilità per quella chiave.
Esempio: chi cerca Amazon vuole semplicemente andare sul sito di Amazon.
Ricerche informazionali
Sono tutte quelle ricerche svolte da persone che vogliono conoscere qualcosa, approfondire un concetto, capire una tecnologia, comprendere un fenomeno naturale, soddisfare una curiosità…non ha altre intenzioni se non quella di conoscere nel senso più ampio del termine.
Esempio: perché l’acqua del mare è salata?
Ricerche transazionali
Queste ultime sono tutte le interrogazioni che facciamo a Google che presuppongono un’intenzione di acquisto, di prenotazione, di registrazione…in generale qualsiasi azione che ha come obiettivo quello di comprare un prodotto o un servizio.
Esempio: scarpe da tennis Nike uomo.
Detto ciò, è evidente che essere sui motori di ricerca (soprattutto nelle prime posizioni) significa riuscire ad intercettare le ricerche di persone che si trovano nel momento giusto. Stanno cercando qualcosa perché ne hanno bisogno proprio in quell'istante. Se non si trovano proprio nel momento dell’acquisto, stanno iniziando il loro viaggio virtuale che li porterà ad acquistare.
SEO o Social?
Le due strategie non sono mutuamente esclusive. Entrambe possono essere utili al raggiungimento dei nostri obiettivi aziendali. I social possono innescare lo stimolo iniziale, esattamente come può fare un cartellone pubblicitario mentre siamo fermi al semaforo, o una pagina di pubblicità sulla rivista che leggiamo nella sala d’attesa del dentista.
Un post su Facebook (sponsorizzato o meno) costituisce un segnale, uno stimolo iniziale per dire “noi ci siamo”. Chi legge magari dà poca importanza al messaggio ma quando maturerà l’esigenza del prodotto o del servizio potrebbe ricordarsi del post e procedere con una ricerca su Google.
Ma può anche succedere di intercettare un utente che è più predisposto all’acquisto perché ha effettivamente bisogno di quell’offerta e procedere seguendo il link e magari informandosi con Google.
I social possono influenzare la SEO?
Dalle riflessioni che abbiamo appena fatto, deduciamo che i social possono influenzare effettivamente la SEO, ma non nel senso tecnico del termine. Se Facebook costituisce lo stimolo iniziale, Google rappresenta il luogo dell’approfondimento, della conoscenza e della consapevolezza.
In un ipotetico customer journey Facebook si inserisce nella parte alta del funnel, quella nella quale le persone si trovano ancora in una fase di “scoperta” e di “confronto”. In questo senso più persone arrivano da quel canale, più saranno le ricerche su Google derivanti dallo stimolo iniziale su Facebook.
Detta così i social influiscono la SEO, nel senso che possono determinare un incremento nelle ricerche di un determinato topic o di un’azienda o di un prodotto. Allo stesso modo in cui uno spot pubblicitario può aumentare sensibilmente le ricerche online del prodotto oggetto dello spot.
Questi incrementi possono essere limitati nel tempo o possono essere duraturi ma questo dipende dalla strategia social che abbiamo intenzione di sviluppare e di portare avanti.