Quella che stiamo vivendo potrebbe essere definita "era biomediatica": gli individui sono totalmente immersi nei media che hanno creato e che li rispecchiano a pieno. Stiamo vivendo una sorta di "smaterializzazione della macchina", in quanto le nuove tecnologie si presentano così piccole e portatili da poter essere quasi considerate delle vere e proprie appendici degli esseri umani.
Certo, i social media hanno completamente cambiato il nostro modo di vivere la quotidianità, hanno migliorato il nostro lavoro, ci hanno permesso di essere costantemente in contatto con tutti. Ma questa completa e totale immersione quanto ci fa bene?
Il peso dell'apparenza
Una ricerca condotta dall'organizzazione anti-bullismo Ditch the Label ha dimostrato che i social media rendono i giovani più ansiosi.
Il 40% dei ragazzi intervistati ha dichiarato di sentirsi davvero male se in pochi apprezzano i propri selfie e il 35%, invece, sostiene che la fiducia in se stessi dipenda dal numero di seguaci che hanno sui social.
Dati impressionanti, no?
Instagram e il cyber-bullismo
La stessa ricerca ha anche evidenziato come Instagram sia il luogo virtuale più utilizzato per i commenti meschini e offensivi. Il 7% degli utenti del social network ha dichiarato di aver subito atti di bullismo tramite l'app. Le percentuali scendono - di pochissimo - se si fa riferimento agli altri principali social network: il 6% su Facebook, il 5% su Snapchat e il 2% su Twitter e YouTube.
Un sondaggio precedente aveva già evidenziato la tendenza di Instagram a favorire sentimenti negativi nei giovani utenti. La ricerca, che ha coinvolto un campione di 1479 ragazzi tra i 14 e i 24 anni, ha confermato che il social network favorisce l'insorgere di sentimenti come inadeguatezza ed ansia e di episodi di profonda depressione.
Alcuni esperti hanno parlato di una "cultura dell'antagonismo" all'interno della quale i giovani sarebbero abituati a vivere.
Intanto, i vertici di Instagram hanno assicurato di aver sostenuto da sempre la lotta al cyber-bullismo incoraggiando i propri utenti a segnalare comportamenti sfacciatamente illeciti o anche solo sospetti.
"Sappiamo che i commenti pubblicati da altre persone possono avere un grande impatto e per questo motivo abbiamo recentemente investito molto in nuove tecnologie per contribuire a rendere Instagram un luogo sicuro e di supporto per chi ne ha bisogno. - ha affermato Michelle Napchan - Utilizzando sistemi basati sull'apprendimento automatico, i commenti offensivi su Instagram potranno essere bloccati prima di apparire sugli account degli utenti. Inoltre, metteremo a disposizione delle persone la possibilità di bloccare tutti i commenti o di creare le proprie liste di parole bandite".
L'indagine di Ditch the Label
La ricerca condotta su oltre 10.000 giovani di età compresa tra i 12 e i 20 anni ha portato alla luce che il cyber-bullismo sia un fenomeno molto diffuso: quasi il 70% dei giovani ammette di avere - o di aver avuto - un comportamento offensivo nei confronti di altri utenti, il 17% ammette di essere stato vittima di bullismo online.
1 ragazzo su 3 ha dichiarato di aver paura del cyber-bullismo e la maggior parte degli intervistati è convinta che l'aspetto fisico sia l'argomento principale del bullismo.
Parallelamente, il 47% - quasi la metà, una altrettanto significativa percentuale! - sostiene di non aver mai assunto comportamenti violenti o offensivi online anche se in molti ammettono di aver mostrato, tramite i social, una versione modificata della loro vera identità.
Liam Hacket, direttore esecutivo di Ditch the Label, sostiene che "Internet ha un grande impatto sull'identità, sui comportamenti e sulla personalità dei giovani utenti" e ha invitato i social network ad impegnarsi di più nel controllo dei contenuti pubblicati e nella risposta tempestiva alle denunce degli utenti.
Anne Longfield, commissario per l'infanzia in Inghilterra, ha chiesto l'istituzione di un organo di governo che possa fare da ponte tra i social network e i giovani che hanno problemi di questo genere.
Altro punto fondamentale sarebbe l'inserimento dell'educazione digitale all'interno delle scuole.
Lo studio dell'Oxford Internet Institute
I risultati esaminati fino ad ora sembrano, invece, contraddire quelli prodotti dall'Istituto di Oxford che parla di cyber-bullismo relativamente raro.
La ricerca dell' OII - che si è concentrata su utenti di 15 anni - ha evidenziato che, mentre il 30% di essi ha parlato, in generale, di "bullismo regolare, consueto", solo il 3% ha ammesso davvero di averlo subito sia offline che online.
"L'enorme differenza dei risultati tra le indagini è probabilmente legata al modo in cui le domande sono state poste e alle fasce di età che si è scelto di prendere in considerazione. - ha dichiarato Lauren Seager-Smith, direttore esecutivo dell'organizzazione Kidscape - Soprattutto gli adulti hanno bisogno di imparare ad utilizzare i social media nel modo giusto per essere in grado di aiutare i propri figli, se necessario. Spesso i genitori sono altrettanto dipendenti dai social. Ma questo che impatto può avere sulla propria vita familiare?"
In generale, i social network, oltre a dare la possibilità di costruire nuove identità attraverso contenuti multimediali che talvolta hanno davvero poco a che fare con la realtà, favoriscono e incanalano il fenomeno del cyber-bullismo a causa dell'incredibile esposizione a cui gli utenti si sottopongono continuamente e ovunque.
In che modo si può agire per contrastare il fenomeno?
Certamente, ciò che potrebbe davvero servire sono azioni di carattere educativo e non repressivo nei confronti di vittime e autori (i minori in particolare), attraverso la costituzione di un apposito programma educativo a partire dalle scuole e l'istituzione di un ente apposito a cui rivolgersi in caso di bisogno.
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