Le nostre mamme lo chiamavano pronto moda, i più chic prêt-à-porter, poi arrivarono gli anglofoni e tutti iniziammo a chiamarlo Fast Fashion, ma il significato è lo stesso: una produzione di abbigliamento rivoluzionaria che rompe i canoni della filiera dell'alta moda e che permette di ideare, realizzare e consegnare in tempi record molte collezioni ogni anno.
La storia del Fast Fashion non è poi così giovane come crediamo (basti pensare che il primo H&M fu fondato, anche se con un altro nome, nel 1947) ma è nell'ultimo decennio che ha fatto il suo exploit grazie all'indispensabile ausilio dei social media.
I social network sono infatti diventati un percorso obbligatorio che conduce direttamente al carrello acquisti facendo leva su un requisito fondamentale: la vostra influenzabilità. Non importa che sia un membro della famiglia, un'amica o una celebrità, prima o poi ciò che ci circonda tenderà a inglobarvi e trascinarvi, anche quando si tratta di fashion trends.
Fast Fashion: la vera vetrina non ha manichini
Il Fast Fashion ha spianato la strada a coloro che desiderano acquistare look ispirati alle passerelle dei luxury brand ma che non possono permettersi articoli troppo costosi. Se a questo indispensabile bisogno si aggiunge il potere dei social media il mix diventa esplosivo.
Oltre a chi si lascia influenzare da post di amici e parenti c'è un 85% tra i consumatori che è vittima del fascino dell'endorsement delle celebrities anche se solo il 15% converte questo interesse in un acquisto reale. Per i brand ciò vuol dire solo una cosa: la vetrina, quella canonica davanti a cui si fermerà incuriosito il prossimo cliente non è più l'unica attrazione tra il negozio e il consumatore. La vera vetrina è online.
I brand del fast fashion non sopravvivono senza social media e al contempo i social media hanno bisogno di realtà come quelle dei brand per migliorare i servizi all'utente e prolungare il tempo di utilizzo sulle loro piattaforme. Ma chi sono i clienti a cui si rivolgono i brand del Fast Fashion sui canali social?
La risposta è semplice e sta in una lettera sola: Z. No non è la zeta di Zorro bensì quella della generazione di ventenni particolarmente sensibile all'influenza dei suoi idoli. Mentre le generazioni più attempate sono cresciute con lo status symbol del "pochi abiti ma di qualità", i giovanissimi preferiscono alla qualità la quantità che permette loro di rimanere al passo con i frequenti cambiamenti dei trend e di non infrangere il dogma (almeno online, per chi è attento al look da postare) del "mai indossare un outfit due volte".
Sundaze as state of mind. New @mango_man lookbook in the link in bio. #mangoman #mango #ss17 Un post condiviso da MANGO (@mango) in data: 9 Giu 2017 alle ore 04:51 PDT
In ciò i socia media hanno incoraggiato la mentalità che una volta che un influencer abbia condiviso un look, questo non potrà più essere fotografato e condiviso nuovamente. Il Fast Fashion dunque, ovvia al problema del ricambio continuo del guardaroba mantenendo prezzi bassi e un refresh costante delle collezioni.
Il vero negozio sono i vostri feed: un luogo dove trovare ispirazione, conforto, prodotti a prezzi modici e raggiungibili con un tap dal vostro smartphone.
Fast Fashion d'eccellenza sui social: Forever 21
Con più di 13 milioni di follower su Instagram e un hashtag (#f21xme) ultra virale, Forever 21 rappresenta uno dei più validi esempi di Fast Fashion sui social media.
Nato come piccola realtà retail nella California degli anni '80, il brand offre oggi una user experience a 360° per gli acquisti online a partire dall'e-Commerce del sito fino ad approdare al nuovissimo Insta feed che consente di acquistare un prodotto taggato nel look della foto.
Permettere ai consumatori di comprare pochi istanti dopo aver visto il look e senza distogliere lo sguardo dall’ispirazione è una pratica che diventa sempre più comune, e i social media sono l'unico luogo dove ciò possa avverarsi.
Be fast, not first: l'anti-marketing di Zara
Nella top 3 del Fast Fashion globale c'è sicuramente Zara, il colosso spagnolo che piuttosto che definire un trend preferisce offrire la copia economica del meglio dalle passerelle, e in sole due settimane.
Ma parlando di Zara si esce un po' dal contesto che vede indispensabile il connubio tra Fast Fashion e social media. Non che il brand non sia presente online, anzi. Eppure ciò che lo rende unico è la bassissima quota spesa (0,3%) in pubblicità e il livello di marketing piuttosto canonico scelto dove a parlare è quasi sempre l'immagine (chi meglio di lei!) e uno stile molto più focalizzato sulla brand experience. Una strana eccezione quella di Zara o un sano esempio di minimal effort con ottimi risultati?
I brand del Fast Fashion sono davvero efficaci nel raggiungere e comunicare con il loro target e soprattutto nell'orientare i consumi dei propri clienti. E voi quanto vi lasciate influenzare dai social media per il vostro shopping? Non siate timidi e raccontateci tutto sulla nostra pagina Facebook, su Linkedin o con un tweet.