"Cosa succede se in una società fondata sul lavoro, proprio il lavoro viene a mancare?"
Questo si domandava Hannah Arendt qualche decennio fa.
Questo si stanno domandando i player che stanno attualmente guidando il cambiamento e ci riferiamo ovviamente alle Big Company che sono i soggetti principali della Digital Transformation di questi anni.
Le risposte che ci giungono dagli Stati Uniti sono però tutt’altro che univoche.
Se è vero che ci sono grandi imprenditori tech come Andreessen Horowitz convinti che il mercato e la crescita delle competenze individuali saranno in grado di allocare le risorse umane in modo efficiente, una parte dei leader più visionari di questo settore - gruppo capitanato da Elon Musk - è dell’idea che le Intelligenze Artificiali e la robotizzazione del lavoro rappresentino una concreta minaccia per la tutela degli interessi lavorativi (e non solo, in realtà) del genere umano.
Bill Gates stesso ha destato scalpore qualche tempo fa quando ha proposto pubblicamente di tassare i robot. E lo ha proposto consapevole del fatto che la tassazione del lavoro dei robot sia in grado di generare introiti e prendere tempo al fine di strutturare una rivoluzione che negli States chiamano Basic Income e che l'acceleratore californiano Y-Combinator sta già testando nella West Coast, su più di un progetto pilota.
Insomma: un Reddito di Base, elargito a prescindere dal cumulo di altri introiti individuali, su cui persino il World Economic Forum ha proposto un’analisi di dettaglio in merito a sostenibilità economica, sociale e psicologica.
La resilienza umana al tempo del Reddito di Base
In questa sede ovviamente non abbiamo alcun interesse ad elencare argomentazioni politiche pro e contro il concetto di Reddito di Base, quindi ci limiteremo ad immaginare come potrebbe cambiare il nostro mindset con la sua introduzione.
Prima di tutto, con un Reddito di Base sicuro, verrebbe meno quella sensazione di spaesamento che si prova a perdere la certezza dello stipendio fisso a fine mese. Ma andiamo con ordine.
Qual è la prima sensazione di disagio che prova un lavoratore che si vede privato del suo lavoro quotidiano?
Il primo scoglio da superare è la crisi di astinenza da lavoro, o più precisamente da quella ripetitiva monotonia quotidiana - di cui solitamente ci si lamenta - scandita dal turno lavorativo. Si sa che uno dei meccanismi psicologici più forti è quello legato a una routine. Una routine, proprio perché sempre uguale nel tempo, rappresenta di per se stessa una certezza.
Bisogna spezzare la routine per superare questa crisi di astinenza da turno lavorativo.
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Come tutte le crisi di astinenza anche questa è il prodotto di un bisogno indotto dall’esterno, perché non è naturale ripetere un’attività almeno otto ore al giorno per cinque volte alla settimana. Semplicemente siamo stati culturalmente abituati a pensarla così.
Con un Reddito di Base potremmo tornare ad essere padroni del nostro tempo ed essere spinti, per esempio, ad investire in formazione per essere pronti a rivestire il ruolo professionale che più ci è congeniale in uno specifico momento della vita (sempre guardando con attenzione alla richiesta di figure sul mercato ovviamente).
Probabilmente in quest’ottica anche la formazione universitaria potrebbe rivestire un ruolo diverso e invece di diventare un percorso di tre o cinque anni da compiere in una fascia di età precisa, potrebbe diventare una sorta di formazione on demand da accendere come si accende Spotify per la fruizione della musica.
Molto probabilmente ne gioverebbe moltissimo anche l’ingessato ambiente universitario più che mai avulso dai mindset e dalle tematiche di questa moderna Digital Transformation.
Ora questo non significa che dovremo diventare tutti schiavi della Gig Economy (economia del lavoretto) e ambire a lavorare solo ad intermittenza, ma questa prospettiva che abbiamo provato a tratteggiare insieme si muove nella direzione di dare un valore nuovo a ciò che troppo spesso riteniamo scontato: in primo luogo al nostro tempo, ma anche alla nostra aspirazione nei confronti di un lavoro e di una professionalità che corrisponda alle nostre qualità personali.
E tu, quanti lavori vorresti avere il tempo di imparare a fare in futuro?