I popoli del Mediterraneo hanno tante storie da raccontare.
Sono girovaghi e viaggiatori curiosi e passionali. Hanno tante storie da raccontare perché molte ne hanno vissute e qualcuna immaginata, romanzata, magari a tavola, davanti a un buon bicchiere di rosso primitivo.
Conoscono paesi molto diversi e con loro parlano del sole e del mare, dei sapori genuini della loro terra e delle bellezze dei luoghi, mai lasciati davvero.
Portano con sé la loro cultura, i popoli del Mediterraneo, lo stile di vita che ha regalato longevità e salute ai loro nonni.
Ma c'è una cosa che fanno sempre i viaggiatori del Mediterraneo: come Ulisse, presto o tardi, tornano a casa.
La dieta mediterranea ha viaggiato da sponda a sponda, ogni volta più carica di esperienza, per approdare oggi nel complesso mondo del commercio elettronico.
Claudio e Alessandro sono i founder di Medeaterranean, la startup che vuole portare nel mondo la cultura dello stile di vita mediterraneo attraverso la creazione di una rete fra i Paesi che hanno la fortuna di affacciarsi su questo splendido pezzetto di mondo, così ricco di sapori e colori in apparenza dissonanti.
Gli ho chiesto perché hanno scelto questa zolla di paradiso per coltivare il loro sogno.
Qual è il background del vostro team e come è nata l'idea di Medeaterranean?
Claudio: Sia io che Alessandro venivamo da un decennio trascorso in una multinazionale del settore turistico. Al netto della grande esperienza umana e professionale, a un certo punto ho messo a fuoco un aspetto abbastanza comune a chi vive la frenesia e le dinamiche della grande azienda: vita privata e vita lavorativa andavano in direzioni opposte.
Questo mi ha aiuto a capire che era arrivato il momento di avere un progetto di vita dove valori, sogni, passioni e competenze potessero trovare un punto di equilibrio. Ho preso un anno sabbatico ed ho innescato un circolo virtuoso: Alessandro di lì a poco ha fatto la stessa scelta lavorativa, abbiamo unito le forze, le risorse, le visioni e gli obiettivi.
Medeaterranean insomma è l’ambiziosa sfida di chi ha trovato il coraggio di dar senso a vari pezzi di vita: gli studi umanistici (dove la visione del mediterraneo come culla di civiltà dello storico Braudel è ricordo indelebile), la centralità del cibo e della tavola nella famiglia di nascita e il profondo piacere nell’essere italiano ora possono coesistere con ciò che serve a fare impresa.
Metodo, dedizione al lavoro e skill tecniche.
Alessandro: Nel concreto, l’ispirazione nasce grazie ai numerosi viaggi di lavoro all’estero; durante le cene con i colleghi notavo sempre una rappresentazione dell’italianità superficiale e stereotipata.
Ho iniziato ad immaginare una realtà a cavallo tra l’educational ed il business, identitaria ed autentica, molto più coerente con l’accezione che noi diamo al concetto di italianità .
Questa ispirazione, sulla base della lunga esperienza acquisita lavorando per anni in aziende che fondavano la propria leadership sul tema della mediterraneità, ha trovato l’humus ottimale per diventare un progetto di business.
Quali sono gli aspetti più complessi da considerare per chi fa impresa nelle esportazioni?
Claudio: Abbiamo presto dovuto familiarizzare con un mondo complesso dove gli aspetti tecnici (le norme sanitarie e le regole di etichettatura che variano da paese a paese, le prassi della logistica internazionale , i tempi e le modalità di consegna delle merci) sono tanto importanti quanto la capacità di creare fiducia, di farsi percepire come affidabili .
Alessandro: Sappiamo bene che l'originalità non è il punto forte della nostra idea, non abbiamo inventato né Facebook né Google. Siamo però altrettanto convinti che il metodo valga quanto l’idea.
Abbiamo puntato molto sull’organizzazione, su persone con profili coerenti con il ruolo che ricoprono e su consulenze esterne in materia commerciale e finanziaria con esperienza internazionale.
Sotto il profilo marketing, quali competenze e professionalità richiede un progetto internazionale?
Claudio: Oltre alle competenze linguistiche e culturali che abbiamo posto come condizioni necessarie ma non sufficienti, le scelte, sia per il team interno sia per i consulenti, si sono sempre ispirate a due concetti: l’attitudine alla flessibilità e la visione d’insieme.
Alessandro: Viste le caratteristiche di questo settore dove ogni mercato ha delle sua specifiche peculiarità , un elemento distintivo su cui puntiamo molto è saper fare bene più cose.
In buona sostanza, ad ogni mercato il suo marketing mix.
In che modo, secondo voi, Expo ha spinto la rinascita dell'interesse verso il Made in Italy nell'enogastronomia?
Claudio: Anche se i numeri non sono ancora ben chiari, la risposta che sento di darti è che ci vorrebbero più eventi come Expo, non perché producano immediatamente fatturato per una startup, ma perché fanno branding per il Made in Italy. E a una startup serve che il Made in Italy abbia valore all’estero.
Serve per essere ascoltati a livello internazionale come portatori di eccellenze e sedersi a tavoli a cui non è concesso di sedersi a startup di altri Paesi. Già questo di per sé è un valore.
Sedersi con un buyer tedesco, ad esempio, che pur non conoscendoti è disponibile ad ascoltarti per il solo fatto che tu venda cibo italiano è già un’enorme opportunità.
Alessandro: Per i buyer esteri, scegliere di acquistare cibo italiano da un’azienda che opera su un territorio di eccellenza per quanto riguarda la dieta mediterranea, è un modo di rimanere legati all’Italia, perché spesso si tratta di persone che hanno fatto business nel nostro Paese o si tratta di italiani di seconda o terza generazione, che ci tengono molto a mantenere un rapporto con il territorio.
E sull’Italia come vi muovete ?
Claudio: Anche in un mercato competente e con un pubblico preparato come quello italiano, vogliamo dire la nostra proponendo una selezione di prodotti con dei cofanetti regalo molto ricercati che sono disponibili sui principali marketplace come ebay e Amazon.
Alessandro: L’italia per noi, azienda a vocazione b2b, è anche un vero e proprio laboratorio, una grande opportunità per sperimentare soluzioni e proposte rivolte al consumatore finale.
Mangiare italiano seguendo la dieta mediterranea è più una moda o una filosofia di vita?
Claudio: In un momento storico come questo, dove fanno parecchio tendenza le filosofie orientali per la loro capacità di proporre modelli e abitudini comportamentali sostenibili, la dieta mediterranea è l’unica proposta che viene da Occidente in grado di impattare sulla nostra qualità di vita.
Non si tratta di una moda passeggera e conserva ancora un enorme potenziale non ancora espresso
Alessandro: Anche nel naming ci è sembrato giusto ricordare che il progetto nasce per diffondere all’estero lo stile di vita mediterraneo.
Madeaterranean non significa altro che “mangia mediterraneo”. Tanti colleghi imprenditori ci hanno consigliato di portare la sede di Medeaterranean a Milano, ma noi abbiamo scelto di lasciarla a Salerno perché è qui che nasce la dieta mediterranea.
Fu infatti a Pioppi, nel Cilento, che il medico americano Ancel Keys studiò la correlazione tra salute, longevità e abitudini alimentari mediterranee.
Quali sono i progetti per il futuro di Medeaterranean?
Claudio: Abbiamo cominciato con 45 prodotti tra pasta, olio, pomodori . Insomma la base dell’alimentazione italiana. Ma nella nostra idea la mediterraneità è qualcosa di più complesso e articolato, composta da Paesi e culture apparentemente divergenti, ma che invece hanno ambiti di sovrapposizione molto ampi.
La vera sfida, da qui a qualche anno, è quella di disporre di un listino di 200 prodotti, tra cui annoverare anche eccellenze dagli altri 17 Paesi che affacciano sul Mediterraneo.
Alessandro: Dopo la fase di consolidamento vorremmo essere riconosciuti come un marketplace e come punto di riferimento per tutti i prodotti della dieta mediterranea (non solo di quelli a marchio Medeaterranean), facendo gioco di squadra con tutti gli operatori del settore che hanno a cuore la diffusione di uno stile di vita mediterraneo.
Vogliamo diventare un punto di riferimento per le aziende, più o meno grandi, che vogliano mantenere vive le tradizioni di questa dieta, sia che si tratti di piccoli produttori che di aziende più grandi, offrendo a tutti la possibilità di internazionalizzare i propri prodotti ad un prezzo adeguato per l’eccellenza che rappresentano, senza dimenticare l’etica della sostenibilità.