“L’Italia potrebbe vivere di solo turismo”, se si riuscisse a sfruttare il momento favorevole per investire in digitale ed in in startup turistiche innovative.
Secondo i dati diffusi in questi giorni dall’Osservatorio Innovazione digitale nel Turismo del Politecnico di Milano, il mercato digitale del Turismo per l’Italia nel 2014 varrebbe attorno agli 8,8 miliardi di euro, pari a circa il 18% sul mercato complessivo (49,5 miliardi), considerando la spesa incoming, la spesa domestica e quella outgoing, con una crescita considerevole rispetto al 2013.
Turismo e digitale: l'incoming da potenziare
In particolare, il 46% della spesa digitale in ambito turistico è generato dal turismo domestico, il 34% dall’outgoing e il rimanente 20% dall’incoming. Ed è forse quest’ultimo il dato più interessante, dato che si tratta dei viaggi di stranieri in Italia, cioè di quel segmento che andrebbe potenziato.
Secondo Filippo Renga, Coordinatore della Ricerca dell'Osservatorio Innovazione Digitale nel Turismo “dai dati raccolti emerge un ruolo sempre più forte dei canali digitali nel processo turistico a partire dalle fasi di incubazione e ispirazione del viaggio, passando poi alle fasi di scelta e prenotazione, per arrivare infine anche alle fasi durante e post viaggio”.
LEGGI ANCHE: GoGoBus, pronti a partire con il bus sharing
Sempre secondo Renga, per il futuro i tassi di crescita maggiori sono attesi per quelle attività che operano sui momenti durante il viaggio, che attualmente sono ancora marginalmente toccati dal digitale, ma che, grazie alla diffusione degli smartphone, “si stanno sviluppando velocemente sulla spinta delle richieste del consumatore”.
Il Decreto Cultura e Turismo per le startup turistiche innovative
Anche il Decreto Cultura e Turismo (n. 83/2014), conteneva alcuni spunti interessanti per startup e imprese innovative, introducendo un articolo specifico dedicato alle startup innovative nel turismo, così definite: "si considerano startup innovative anche le società che abbiano come oggetto sociale la promozione dell’offerta turistica nazionale attraverso l’uso di tecnologie e lo sviluppo di software originali, in particolare, agendo attraverso la predisposizione di servizi rivolti alle imprese turistiche".
Se si aggiungono i due milioni di euro annui a partire dal 2015 messi a disposizione per finanziare gli incentivi aggiuntivi per le startup del turismo, la normativa sembrerebbe interessante, anche se non prende in considerazione le specificità del settore e non stimola l’intervento in specifici segmenti.
Le specificità italiane da non perdere di vista
Se alcune startup turistiche, come Travel Appeal, iniziano ad impegnarsi anche nell’uso dei Big Data per lo sviluppo di offerta turistica specificamente indirizzata, a seconda delle esigenze e delle richieste di viaggiatori e visitatori, molte altre nascono e si spengono nel giro di una estate.
Si tratta in particolare di quelle startup nate con l’intento di valorizzare uno specifico territorio, forse fin troppo definito geograficamente, che poi non trovano l’effettiva risposta da parte degli utenti, o non vengono sufficientemente supportate anche dalle PA, prime dirette destinatarie di prodotti e servizi innovativi legati al turismo.
Non si può infatti non considerare la più grande specificità del turismo italiano: la varietà e diffusione di siti di interesse turistico in ogni angolo del Paese.
Per ogni startup come Musement che raccoglie le migliori offerte e i migliori itinerari delle principali città italiane, ce ne vorrebbero altre dieci dedicate ad ogni singola provincia italiana o che almeno riescano ad aggregare dati per settore di interesse su tutta la penisola, come Viaggiart.