La crisi economica, l'abbassarsi delle barriere doganali e la globalizzazione hanno portato a un progressivo aumento della concorrenza che pone le PMI in condizione di esplorare nuovi mercati per ricercare maggiori opportunità di crescita.
L'internazionalizzazione delle PMI è dunque una scelta obbligata per le aziende italiane, che vogliono recitare un ruolo da protagonista e quindi continuare a crescere ed uscire dallo stallo economico in cui versa il nostro paese.
Aprirsi ai mercati esteri è veramente l'unica soluzione possibile per sopravvivere alla crisi? Uno studio condotto dal CNA evidenzia come di fatto le aziende più attive sui mercati esteri siano anche quelle che meglio hanno retto i colpi della crisi. In particolar modo le piccole medio imprese hanno reagito bene, poichè grazie alle lori dimensioni hanno mostrato più flessibilità e capacità di adattarsi ai nuovi scenari della domanda mondiale. In pratica le micro imprese pur avendo patito di più la crisi del 2008 - 2009, hanno poi saputo approfittare della ripresa del 2010 recuperando i livelli di Export pre-crisi.
A premere l'acceleratore sull'internazionalizzazione delle PMI è anche il governo stesso che, con il Decreto Sviluppo bis (comma 2, art. 35, DL 179/2012), ha previsto aiuti per le imprese nazionali impegnate in processi di internazionalizzazione estendendo i poteri alla Simet SPA (Società italiana per le imprese all'estero) e stanziando diversi fondi e incentivi per le società che si aprono ai mercati esteri.
A sostenere le PMI i n questo processo delicato ma necessario è anche la Companies Network International (CNI) Business Unit di IC Solution Srl che copre anche i mercati del BRIC (Brasile, Russia, India, Cina) e dell'Europa Centro- Orientale Balvanica, Nord Africa e dell' Oriente
Aprirsi all'estero vuol dire dunque entrare in un nuovo mercato: in pratica corrisponde all'apertura di una nuova azienda. Per questo è un passaggio da affrontare con cautela considerando ogni minimo dettaglio. Cerchiamo dunque di tracciare gli aspetti critici che un'azienda in fase di internazionalizzazione deve tenere presente.
1. Termini contrattuali: chiarezza
Con ciascun interlocutore e/o partner è indispensabile definire sin da subito le condizioni di prestazione stipulando un contratto nel quale definire le modalità di pagamento e assicurarsi che si sia in possesso di tutte le autorizzazioni legali per la vendita di un determinato prodotto nel paese di riferimento. Se necessario è consigliato assumere un consulente legale per regolare il rapporto.
2. Fattibilità economica del progetto: stime
Redigere un business plan veritiero e verosimile è il primo passaggio per comprendere la fattibilità e la sostenibilità o meno del progetto
3. Interlocutori e partner: buona conoscenza
Conoscere approfonditamente tutti i propri partner: dal fornitore di servizi al distributore. Analizzarne il business nel dettaglio utilizzando fonti esterne e indipendenti al fine di avere un quadro completo e imparziale.
4. Flussi di cassa: attenzione ai pagamenti
Aspetto cruciale della stipula di un contratto di partnership sono i pagamenti. Sono molti gli aspetti da tenere in considerazione: il cambio valuta se si desidera essere pagati con moneta straniera, la dilazione dei pagamenti nel tempo. L'unica forma sicura di pagamento è quello anticipato, bensì sia quella più difficile da imporre al cliente. Sarebbe consigliabile comunque ricevere almeno un sensibile anticipo al momento dell'avvio delle operazioni.
5. Business poco chiari: da evitare
Fidarsi è bene non fidarsi è meglio. Verificare sempre che le operazioni proposte dall'interlocutore come sicure, rispettino i regolamenti della World Trade Organization e le leggi locali.
6. Compromessi o scorciatoie: mai accettare
Certe cose si sanno ma repetita iuvant. Mai accettare scorciatoie, pratiche illegali. In molti paesi le punizioni sono molto severe e possono prevedere anche la pena capitale.
7. Regole: rifarsi al WTO
La comunità europea e i governi locali tendono a supportare le aziende che avviano un processo di internazionalizzazione. Informarsi sui regolamenti europei, nazionali e del WTO per ricevere le agevolazioni e operare nella legalità.
8. Potenziali problemi: imparare dagli errori
Analizzare le best practices internazionali nel paese in cui si intende operare e anche dei casi di insuccesso, per apprenderne gli errori ed evitare di incorrere negli stessi. Accanto al business plan è dunque opportuno dedicare del tempo allo studio dei rischi per creare strategie alternative e ipotizzando una eventuale exit-strategy.
9. Limitare l’esposizione
Una risk analysis prima di investire all’estero – per conoscere il livello di rischio massimo e minino e il grado di accettabilità da parte dell’impresa – aiuta ad essere realistici su quanto rischio si possa e si voglia accettare.
10. Essere presenti
Progetti, vendite e acquisti nella maggior parte dei mercati richiedono oggi livelli alti di conoscenza e costante attenzione. È indispensabile considerare accuratamente tutti i dettagli del business, senza delegare troppo ai partner locali ed evitare forme deboli di internazionalizzazione quali il "puro export", affidandosi interamente a terzi.