L’uomo è un gran sognatore, si sa. Questa caratteristica però, non è limitata alla sfera notturna, come tutti pensano, ma viene riscontrata anche durante il giorno. L'articolo di Jonah Lerner sul "The New Yorker" spiega che gli studi di due psicologi di Harvard, Daniel Gilbert e Matthew A. Killingsworth, dimostrano che passiamo il 40% della giornata a fantasticare! Unica eccezione quando facciamo l’amore, in quanto la carica emozionale e fisica impegna completamente la mente.
La nostra società frenetica e ossessionata dall’efficenza tende ad associare il fantasticare alla voglia di non fare qualcosa. Freud la descriveva come una pratica infantile dove rifugiarsi per esaudire ogni desiderio più nascosto.
Solo recentemente però, psicologi e neuroscienziati hanno riscattato questo stato mentale affermando che è uno strumento cognitivo essenziale per l’uomo. Fantastichiamo quando siamo leggermente annoiati, ovvero quando la realtà è ridondante e grazie a ciò riusciamo ad esplorare gli angoli più profondi della nostra mente.
Virginia Woolf, nel suo romanzo “Gita al faro”, attraverso il personaggio di Lily riesce a descrivere con semplicità e chiarezza questo tipo di pensiero:
“ Sta perdendo consapevolezza del mondo esterno. E come lei perde coscienza del mondo esterno, la sua mente elabora ciò che c’è nel suo interno, scene e nomi, discorsi, memorie e idee come una fontana che zampilla”
Quindi le fantasie sono come il zampillare di una fontana, escono dal nostro inconscio e, come gocce d’acqua, si riuniscono senz’ordine nel mare del “stream of consciousness” quotidiano. Questo stato mentale è diventato famosissimo con autori come William Wordsworth, di cui ricordo ancora la bellissima poesia “To the Daisy”. Il fantasticare quindi, non è solo confortante, ma anche utile. Lo studio di Benjamin Baird e Jonathan Schooler della University of California di Santa Barbara, pubblicato sul Psychological Sciences, ci aiuta a spiegare il perchè. L’esperimento svolto è semplice: si sottopone un test di creatività a 55 non laureati, che, in due minuti, creano una lista di più usi possibili per oggetti quotidiani come spazzolini, mattoni o appendini.
Passati i due minuti, c’è una pausa di 10, durante la quale si formano tre gruppi i cui partecipanti vengono sottoposti a diverse condizioni: il primo gruppo deve stare in una stanza silenziosa, il secondo deve svolgere esercizi complessi utilizzando la memoria a breve termine e il terzo deve fare qualcosa di così noioso che promuova il fantasticare. Al termine della pausa, i tre gruppi vengono nuovamente sottoposti a test creativi, tra qui anche il test svolto all’inizio.
A questo punto le cose si fanno interessanti, i gruppi assegnati ai compiti noiosi rispondono meglio al test di creatività e individuano un numero maggiore di usi per gli oggetti comuni. Gli scienziati affermano che “Le soluzioni creative sono facilitate da semplici compiti esterni che massimizzano il fantasticare”. I benefici di questi compiti risiedono nel fatto che richiedono solo poca concentrazione e lasciano ampio spazio di lavoro al subconscio, cioè vengono elaborate le soluzioni al test di creatività.
Possiamo trovare esempi pratici di queste teorie nelle sedi di ogni start-up che si rispetti. A Silicon Valley, i tavoli da ping pong sono onnipresenti. Vi state chiedendo come mai? semplice, il gioco durante le pause, contribuisce a trovare soluzioni creative ai problemi di tutti i giorni lasciando lavorare il subconscio.
Alcuni studiosi hanno già dimostrato la correlazione tra fantasia e creatività, le persone che sono più propense a fantasticare riescono a generare nuove idee. Lo studio dei neuroscienziati Wagner e Born, pubblicato nel 2004 su Nature, dimostra come il sonno possa potenziare le capacità di intuizione creativa del 40%. Kierkegaard aveva ragione: dormire è l’apice del genio.
Tutto ciò sembra la scusa perfetta per fare un pisolino? avete ragione! Se state cercando di risolvere un problema complesso, la soluzione migliore è prendere una pausa per elaborare una soluzione creativa. Sogni d’oro a tutti!