True Blood è una serie TV statunitense di ambientazione vampiresca ideata da Alan Ball, che dal 2008 tiene i suoi fan con il fiato in sospeso tra scene di nudo, sesso, violenza e splatter.
Il successo della serie nel periodo della rivoluzione mediatica portata dal web 2.0 ha permesso nel tempo la creazione di una web tribe di appassionati che non mancano di scambiarsi pareri, conoscenze e informazioni attraverso le piattaforme sociali.
L'analisi: il consumo telefilmico sui media digitali
Una ricerca del Centro Studi Etnografia Digitale svolta attraverso la tecnica di rilevazione netnografica ha cercato di trarre alcune conclusioni in merito, analizzando 4045 conversazioni avviate dai fan di True Blood su blog e forum online.
L'obiettivo dell'innovativo studio, scaricabile gratuitamente qui, era quello comprendere i contenuti delle conversazioni e, soprattutto, gli universi di senso prodotti grazie a queste ed allo scambio di informazioni tra utenti online (web tribes).
Stando alle parole dello stesso Alex Giordano, uno dei partecipanti alla rilevazione:
"Ciò che in pratica la ricerca mette in evidenza è come i prodotti mediali rappresentino un'occasione per il dispiegarsi di pratiche riflessive, per modi di conoscere e dare 'senso' ai propri vissuti e costruire visioni condivise dell'identità"
La ricerca ha permesso dunque di fare chiarezza sulle modalità di produzione culturale tipica degli ambienti in cui si discute di serie TV, e sui modi in cui queste forme sono alla base di forme di vita comuni resistenti.
Nel caso di True Blood, esse resistono a due principali forze: sistema televisivo mainstream e sistema produttivo del capitalismo cognitivo. Lo capiamo per esempio poiché la web tribe di True Blood decide autonomamente quali sono le pratiche di frizione della serie, senza farsi influenzare dagli esperti tradizionali (critici TV, etc.). Oppure nel momento in cui si osserva il tentativo della stessa tribù di riportare l'argomento vampiresco nella sua cornice di senso naturale, adulta, allontanandosi dall'immaginario comune per cui i vampiri sono 'cose da bambini'.
Per concludere
L'analisi mostra dunque come gli utenti, nei loro scambi quotidiani di conversazioni, pareri e informazioni, riflettono collettivamente su se stessi e sul loro modo di abitare il mondo. Questa è una condizione ormai routinaria del vivere sociale ai tempi della comunicazione digitale 2.0, in cui i prodotti culturali diventano un luogo di auto ed etero riconoscimento.
Vi abbiamo incuriosito e volete saperne di più? Allora scaricate la ricerca completa. Costa poco, solo un tweet!