Nella suggestiva cornice di Garage Italia a Milano viene presentato il logo istituzionale della FIGC ideato da Independent Ideas, agenzia creativa di Publicis Groupe. L’immagine della FIGC si rinnova, affiancando allo scudetto un logo moderno e autorevole che raffigura, anche graficamente, il processo di innovazione voluto dal presidente Gabriele Gravina.
In uno dei momenti più felici della storia azzurra, dove i successi sportivi si accompagnano al ritrovato entusiasmo dei tifosi verso la Nazionale, la FIGC si dota di un emblema ispirato da alcuni elementi iconici per rappresentare al meglio l’attività della Federazione in tutto ciò che non è calcio giocato.
Le attività di responsabilità sociale e quelle con i giovani, le relazioni istituzionali e quelle internazionali, con l’obiettivo di esaltare la multidimensionalità del calcio in tutte le sue sfaccettature e per rendere ancor più riconoscibile la Federazione, impegnata nel promuovere una profonda rivoluzione culturale dell’intero movimento. Se il ‘Nuovo Rinascimento’ degli Azzurri ha già prodotto risultati straordinari, adesso è necessario completare le riforme a vantaggio del sistema, radicando, allo stesso tempo, le diverse realtà calcistiche sui territori e nelle rispettive comunità di riferimento.
Afferma il Presidente della FIGC Gabriele Gravina:
La Nazionale vittoriosa sul campo ha una grande squadra che la supporta fuori dal terreno di gioco, contraddistinta dalla stessa passione e dalla medesima professionalità con cui gli Azzurri hanno affrontato le gare dell’Europeo. Oggi diamo a questo team straordinario, e a tutta l’organizzazione federale, un simbolo nuovo in cui riconoscersi, che muove dalla nostra tradizione per proiettare la Federcalcio verso le sfide del futuro. Lavoriamo ogni giorno per una FIGC sempre più moderna, integrata, responsabile e attenta alle esigenze di tutti gli stakeholders, siamo coscienti che lo sviluppo del calcio passi anche attraverso una crescita culturale e valoriale che stiamo promuovendo in tutti i settori del nostro mondo. Desidero ringraziare Lapo Elkann e Independent Ideas per aver interpretato al meglio le motivazioni che contraddistinguono il nostro lavoro.
Con questa scelta la FIGC si allinea ad altre Federazioni europee (ad esempio Belgio, Germania e Spagna) che hanno fatto la stessa scelta, distinguendo il simbolo della maglia da gioco da quello ‘corporate-istituzionale’.
Sottolinea il Presidente della Fondazione Laps e di Independent Ideas Lapo Elkann
Disegnare il logo della FIGC è per me motivo di estremo orgoglio e felicità; da italiano non c’è nulla che può rendermi più fiero. Il mio sentimento è ulteriormente rafforzato perché ciò accade in un momento topico per la Federazione e appena dopo la entusiasmante vittoria degli Azzurri a EURO 2020. Sono onorato e grato al Presidente Gravina per avere scelto il mio team e me per realizzare uno dei loghi più emblematici della nostra amata Italia. Il logo che abbiamo disegnato coniuga la tradizione gloriosa della Federazione con l’innovazione e l’autorevolezza, elementi propri del nostro Paese e dei suoi abitanti.
Il logo
L’estetica dei primi palloni da calcio ha ispirato la forma circolare e le grafiche verticali della nuova veste, con un chiaro e profondo rimando alle origini, rivisitato attraverso l’interpretazione contemporanea di un simbolo.
Nel logo, l’acronimo della Federazione Italiana Giuoco Calcio diventa protagonista, a riaffermare una presenza forte e un lavoro costante della Federazione. I colori richiamano naturalmente quelli della maglia della Nazionale e del tricolore italiano.
https://www.ninjamarketing.it/wp-content/uploads/2021/10/1_company_1.jpg10801920Company Newshttps://www.ninjamarketing.it/wp-content/uploads/2018/06/nm-logo-new.pngCompany News2021-10-05 12:22:562021-10-06 07:34:45Independent Ideas presenta il nuovo logo istituzionale della FIGC
Instagram, Facebook e WhatsApp non funzionano più.
I malfunzionamenti sono iniziati alle 17.30, fino a rendere inaccessibili le piattaforme di Facebook, WhatsApp e Instagram.
Il fenomeno ha coinvolto Paesi di tutto il mondo e ha costretto l’azienda alle scuse.
We’re aware that some people are having trouble accessing our apps and products. We’re working to get things back to normal as quickly as possible, and we apologize for any inconvenience.
Sotto il tweet dell’account ufficiale dell’azienda fondata da Jack Dorsey, hanno risposto moltissimi grandi brand, dando un cinque virtuale all’unico vero social funzionante. Tra i tanti. anche, McDonald’s, Burger King, Reddit, Warner Bros, Alexa, OnlyFans, Tumblr, KFC e non sono mancati all’appello anche gli account proprio di WhatsApp e Instagram.
Quasi centomila commenti al saluto di Twitter e più di mezzo milione di retweet, più un milione e mezzo di cuoricini a incoronare l’indiscusso re dei social.
Festeggia anche Telegram che, in ogni occasione in cui WhatsApp ha alzato bandiera bianca, ha guadagnato milioni di iscritti in tutto il mondo.
E a un certo punto, alle 21.30 circa, ora italiana, è saltato anche Twitter, forse per la congestione causata dall’afflusso enorme di utenti sulla piattaforma.
Le misteriose ragioni del blocco
Secondo Reuters, Facebook risulta inaccessibile perché gli utenti non vengono indirizzati nel posto giusto dal Domain Name System.
Gli esperti della sicurezza che seguono la situazione hanno dichiarato che l’interruzione è stata probabilmente innescata da un errore di configurazione che ha lasciato le indicazioni per i server di Facebook non disponibili. Potrebbe quindi essere il risultato di un errore interno, anche se il sabotaggio da parte di un insider sarebbe teoricamente possibile.
Facebook intanto non ha fornito alcuna specifica sulla natura del problema o quanti utenti sarebbero stati colpiti dall’interruzione, ma l’ipotesi della cancellazione dai registri DNS è stata confermata anche da Brian Krebs, un esperto di sicurezza informatica.
https://www.ninjamarketing.it/wp-content/uploads/2021/10/FACEBOOK-DOWN.jpg10801920Fabio Casciabancahttps://www.ninjamarketing.it/wp-content/uploads/2018/06/nm-logo-new.pngFabio Casciabanca2021-10-04 21:58:362021-12-29 15:35:28Instagram, Facebook e WhatsApp non funzionano, blackout totale del Zuckerverse
Il mantra che abbiamo sentito ripetere dalle generazioni più adulte è sempre stato “Senza un pezzo di carta non si va da nessuna parte”.
Per molto tempo il “pezzo di carta” fondamentale è stato il diploma di maturità; negli ultimi anni, sempre di più, il minimo indispensabile è diventato molto spesso un altro certificato, quello di laurea.
Senza laurea, infatti, si resta automaticamente esclusi da una gamma molto ampia di lavori. Non è un caso se il dato relativo ai laureati in Italia è andato via via aumentando, pur rimanendo al di sotto del livello medio europeo: nel nostro Paese, tra la popolazione tra i 25-64 anni, solamente un quinto risulta laureato rispetto al 32,3% europeo.
Il nuovo inizio dell’anno scolastico fa riflettere sempre sulla centralità della scuola e dell’università nello sviluppo della cittadinanza, ma apre sempre a nuovi dibattiti e riflessioni sull’efficacia delle stesse, sui contenuti e sui programmi, sulle modalità, sull’ibridazione tecnologica più o meno prevalente ed efficace.
Spesso si tralascia l’approfondimento sul metodo, rimanendo superficialmente a questionare su quali materie insegnare nelle scuole: il pensiero di molti è quello di basare la scelta dei contenuti scolastici a partire dalle richieste delle grandi aziende oggi sul mercato del lavoro.
Purtroppo, in questa accezione, esistono errori di prospettiva e di interpretazione che non possono essere tralasciati.
Formare specialisti richiede tempo e non sempre le richieste delle imprese rimangono le stesse per molti anni come in passato.
Come sappiamo, le necessità professionali cambiano vorticosamente e sono estremamente influenzate anche dalle mode e dalle opinioni che vengono diffuse incessantemente sul tema.
Il rischio mediatico è sempre di creare illusione e confondere le nuove generazioni per incapacità di immaginare concretamente il futuro del lavoro.
Purtroppo, è naturale che si tenga conto dei punti di vista delle grandi aziende che sono solitamente anche quelle che hanno voce per esprimere i propri fabbisogni professionali, ma questo non significa che valga lo stesso per le migliaia di piccole microimprese (che costituiscono la parte più cospicua del mercato) che in buona parte ricercano lavoratori in settori tradizionali e anche con bassa qualifica.
Proviamo allora ad analizzare cosa effettivamente emerge dai dati sulle previsioni occupazionali per decifrare quali siano i capisaldi da tenere a mente quando discorriamo di istruzione.
Cosa richiede il mercato del lavoro
C’è da ricordare sempre, prima di ogni altra considerazione, che la percentuale di italiani che ha solo un titolo di scuola media o elementare raggiunge il 50%, più un ulteriore 8% di persone non-analfabete ma che non possiedono alcun titolo. In pratica, 6 italiani su 10 non hanno un titolo di studio superiore!
Molti sono anziani che probabilmente non hanno avuto in passato l’opportunità di proseguire gli studi. Questa è lo scenario che fa da base a tutti i ragionamenti.
Pensando ai laureati, questi sono solo il 9% del totale e, ogni anno, i nuovi sono circa 320.000, su una base di circa 1 milione e 800 mila studenti iscritti a corsi universitari o di alta formazione artistico-musicale.
Quindi i giovani sono complessivamente più istruiti: il 75% (pari al 9% dei 25-34enni); le facoltà dove orienta le proprie scelte chi si immatricola oggi all’università sono soprattutto Economia, Medicina, Ingegneria e le facoltà d’indirizzo scientifico.
Forse questo dimostra allora quanto i giovani siano, tutto sommato, allineati alle richieste del mercato del lavoro.
Il tasso di occupazione che infatti viene registrato per queste facoltà (a 5 anni dalla laurea) è intorno al 90%, contro un 75% per le facoltà di ambito letterario, giuridico e psicologico, dove i guadagni sono minori anche dal punto di vista retributivo.
Stando alle ultime analisi compiute da Unioncamere, attraverso il Sistema Informativo Excelsior nell’ultimo report “Previsioni Dei Fabbisogni Occupazionali e Professionali in Italia a Medio Termine (2021-2025)”, per il prossimo quinquennio si prevede un fabbisogno occupazionale dei settori privati e pubblici compreso tra 3,5 e 3,9 milioni di lavoratori, di cui 933mila-1,3 milioni di unità determinate dalla componente di crescita economica (denominata expansion demand), considerando anche l’impatto dei diversi interventi previsti dal Governo e dal piano finanziato Next Generation UE.
Il turnover riguarderà invece il restante 70% del fabbisogno di occupati.
Ecosostenibilità e digitalizzazione saranno quindi sempre di più i temi su cui si concentrerà l’attenzione rispetto allo sviluppo di competenze: la transizione verso la sostenibilità ambientale richiederà competenze green a professioni trasversali in più settori, oltre a tutte quelle professioni più tradizionali già esistenti.
Per quanto riguarda le competenze digitali, STEM e di innovazione 4.0, verranno ricercate con un e-skill mix (il possesso con elevato grado di importanza di almeno due e-skill) in una stima tra 886mila e 924mila unità.
La domanda di competenze digitali interesserà sia figure professionali già esistenti quanto nuove professioni emergenti, come data scientist, big data analyst, cloud computing expert, cyber security expert, business intelligence analyst e artificial intelligence system engineer, sia le figure più tradizionali che necessiteranno di digital skill per affrontare il mondo del lavoro che cambia.
Si stima inoltre che le professioni specialistiche e tecniche, con un fabbisogno intorno a 1,5 milioni di occupati nel quinquennio, rappresenteranno oltre il 40% del totale del fabbisogno occupazionale, in crescita rispetto al recente passato, soprattutto per la domanda del settore pubblico nei prossimi anni.
Inoltre, dall’analisi di settore, dopo un 2020 in forte sofferenza per l’ambito “commercio e turismo”, emerge una domanda di più di 500mila occupati nel quinquennio successivo, così come la carenza di profili medico-sanitari (stimata in circa 11-13mila laureati all’anno) dipenderà dall’invecchiamento della popolazione e dall’adeguamento dei sistemi sanitari post-pandemia.
Le altre filiere che potranno esprimere ampi fabbisogni occupazionali tra 2021 e 2025 sono “formazione e cultura” (453-492mila unità), “altri servizi pubblici e privati” (477-512mila unità) e “costruzioni e infrastrutture” (192-210mila unità).
Sono però necessarie alcune precisazioni sulla base di questa domanda: chi si laurea in filologia romanza, è destinato a rimanere escluso dal mondo del lavoro?
Non ci sono certezze su questo: Stando ai dati, per i laureati, il confronto domanda-offerta (al netto dei laureati in cerca di lavoro già presenti sul mercato), evidenzia una situazione di lieve carenza di offerta, ma con notevoli differenziazioni per indirizzi. Si stima comunque una carenza di offerta negli ambiti medico-sanitario, scientifico-matematico-fisico, ingegneria e architettura.
Per i diplomati si riscontra invece un fabbisogno superiore all’offerta, in particolare per l’indirizzo amministrativo marketing, costruzioni, trasporti-logistica e agro-alimentare. Si delinea un sostanziale equilibrio per l’indirizzo sociosanitario e per l’industria-artigianato. Per l’indirizzo turistico e l’insieme dei licei emerge un rilevante eccesso di offerta di profili.
Laurea o Diploma? Questo è il dilemma
In definitiva, è meglio il diploma o laurea per trovare lavoro?
Tra i vantaggi di un’educazione non universitaria troviamo la possibilità di apprendere competenze forse più direttamente spendibili, un costo e una durata complessiva del percorso di studio ovviamente minore, probabilmente un inserimento più diretto rispetto ad alcune tendenze di mercato o alle nuove tecnologie, ma di contro vi saranno svantaggi legati all’esclusione da quelle professioni che richiedono un titolo accademico, minori opportunità di ingresso nel settore pubblico o nelle grandi aziende per tipologie di lavori basati sull’economia della conoscenza.
Non esiste, ahimè, una risposta univoca, soprattutto in un contesto socio-economico come quello attuale dove tutto è sempre in un perenne cambiamento.
Le nostre scelte devono basarsi sempre su un’attenta valutazione di noi stessi rispetto anche alla nostra attitudine allo studio. Sono tanti i ragazzi e le ragazze che non hanno iniziato subito un percorso accademico dopo il diploma e che hanno iniziato a sperimentare il lavoro, per poi iscriversi magari dopo qualche anno ad una facoltà, con alle spalle le esperienze sul campo e decifrando solo in quel modo quale fosse il loro tragitto professionale.
In certe situazioni è interessante valutare anche l’offerta dei percorsi ITS, l’Istruzione Tecnico-Superiore che permette studi biennali nei campi della moda, del turismo, delle tecnologie e programmati su base regionale, in base alle peculiarità che quel tessuto economico offre.
Nello scenario del mercato professionale sarà molto rilevante anche il fenomeno dell’invecchiamento della popolazione: la trasformazione demografica potrebbe generare una carenza di offerta di lavoro, rischiando di peggiorare il mismatch nel breve periodo in mancanza di politiche adeguate di re-skill.
Insomma, non è mai troppo tardi per imparare e in Italia, diversamente da altri Paesi Europei, il 75% degli italiani fa un mestiere che non corrisponde al titolo di studio che ha ottenuto. Trovare subito un lavoro non significa anche mantenerlo per tutta la vita (come forse avveniva con le generazioni precedenti).
Come amava ricordare Maria Montessori “La caratteristica peculiare dell’Università consiste nell’insegnare a studiare. La laurea è solo la prova che si sa studiare, che si sa acquisire formazione da sé stessi e che ci si è trovati bene nei percorsi della ricerca scientifica… Se si è imparato ad imparare allora si è fatti per imparare. Una persona con una laurea è dunque una persona che sa meglio destreggiarsi nell’oceano della formazione. Ha ricevuto un orientamento”
Il titolo di studio in fondo è un tassello a metà tra le nostre caratteristiche/attitudini e le opportunità professionali che si presentano e si presenteranno nel mondo del lavoro.
La sfida è provare a superare quel principio di omologazione dove rimane un’idea di fondo che spinge tutti a limitare l’imprevisto, il rischio e le non conformità. La psiche umana desidera inevitabilmente e fisiologicamente soluzioni snelle e univoche (per la serie: se esistono 100 posizioni aperte servono 100 job seeker adeguati. Ergo, la scuola deve formare quei 100 che devono “fittare” perfettamente), ma con pensieri purtroppo semplicistici.
Tornando alla quaestio iniziale, tra chi ritiene che la scuola debba formare dei lavoratori o dei cittadini, la posizione più giusta è forse immaginarla come l’esperienza formativa che le persone hanno a disposizione per imparare a scegliere il proprio percorso individuale.
Una scuola efficace, equa, inclusiva e “ibrida”
In uno scenario professionale che lamenta la mancanza di competenze o di titoli specifici per esigenze specifiche, per migliorare la transizione tra il mondo dell’istruzione e quello lavorativo è probabilmente utile pensare ad elementi adattativi della scuola in termini di inclusione e ibridazione tra innovazione e tradizione (tecnologica, metodologica, contenutistica, etc.).
In termini generazionali, non dimentichiamo che quando si parla di “ascensore sociale bloccato”, spesso si sottovaluta il ruolo giocato dall’istruzione; da anni esistono dati che dimostrano un legame praticamente ereditario tra il titolo di studio dei genitori e quello dei figli.
Un’ultima ricerca INAPP porta nuove evidenze a sostegno di questa tendenza: tra i figli di genitori con la laurea, il 75% ha la probabilità di laurearsi a sua volta. Dato che scende al 48% tra chi ha alle spalle una famiglia dove il titolo di studio massimo è il diploma e al 12% se i genitori hanno la licenza media.
Come abbiamo visto, il sistema universitario italiano presenta comunque il problema di produrre un numero consistente di laureati, specie nei settori in cui le imprese ne hanno maggior bisogno. La difficoltà è dovuta anche al fatto che i costi per l’istruzione universitaria sono in aumento e i meccanismi di finanziamento risultano inadeguati (borse di studio insufficienti) o perché pongono il rischio di investimento su studenti e famiglie. Queste ultime spesso non sono in grado di tradurre le informazioni e valutare correttamente il valore dell’istruzione.
A livello di sistemi scolastici, non dobbiamo necessariamente replicare i modelli esteri poiché inevitabilmente non si può “fotocopiare” un metodo.
Cosa rende un sistema educativo migliore di un altro? È possibile stabilire delle regole generali? Secondo un report di Eurydice la risposta è affermativa se, oltre al perseguimento dell’efficacia, si considera l’obiettiva di una scuola equa e inclusiva.
Tra i sistemi educativi europei più virtuosi ci sono quelli di Irlanda, Estonia, Lettonia, Danimarca e Finlandia. Tutti questi paesi, tranne l’Irlanda, hanno un’organizzazione a struttura unica (elementari e medie in unico ciclo), che sembra quindi essere una formula vincente.
In particolare, i principi del modello educativo finlandese si pongono come obiettivi di offrire a tutte le persone equità nell’accesso all’istruzione, di far maturare nei ragazzi e nelle ragazze capacità di pensare in modo autonomo e di esercitare l’autovalutazione; in parallelo, l’autonomia del sistema scende a tutti i livelli (gestionale e amministrativo, delle scuole e degli insegnanti, che hanno piena autonomia pedagogica in termini di metodo, libri di testo, etc.).
Per attuare un cambiamento di mindset culturale è però necessario un ripensamento che parta dai principi di inclusione generazionale.
Per chi suona la campanella? La Scuola come comun divisore di inclusione generazionale
Quando proviamo a considerare quali siano i punti di contatto che possono permettere un dialogo virtuoso tra individui di età distanti, in primis viene in mente il tema della scuola.
L’istruzione scolastica è in fondo quell’esperienza, se vogliamo “inevitabile”, da cui siamo passati tutti.
L’istruzione obbligatoria, tra l’altro, esiste da più di 150 anni (venne introdotta in Italia già durante l’epoca napoleonica perseguendo un principio molto moderno di uguaglianza di opportunità e poi consolidata ulteriormente dalle Riforme scolastiche principali del nostro Stato come la Legge Casati del 1859 e la Legge Coppino del 1877), pertanto non credo esistano generazioni in vita oggi che non l’abbiano vissuta, anche solo per pochi anni di scuola elementare.
Ancor di più, le materie e la struttura dei programmi scolastici istituiti con la Riforma Gentile del 1923, sono rimasti invariati fino agli Sessanta e una buona percentuale di quei paradigmi contenutistici perdura ancora nei programmi scolastici attuali.
Tutto questo per dire che “parlare di scuola”, o meglio di apprendimento e educazione, può diventare una chiave di volta per raccontare le differenze generazionali ma anche soprattutto individuare gli elementi di contatto su cui è possibile sviluppare il miglioramento di un’istituzione, come quella dell’Istruzione, che proprio grazie alla condivisione di esperienze attuali mescolate a quelle di chi “ci è già passato”, può sviluppare idee nuove e progresso pedagogico a tutto tondo.
L’importante è non cadere nella tentazione da parte della popolazione adulta o genitoriale di dire “la scuola non è più quella di una volta” e di provare a pensare di più fuori dagli schemi.
Per anni abbiamo pensato a un’istruzione separata dall’educazione che ha trascinato con sé il disinteresse per la conoscenza e le discipline. Per cambiare le cose è necessario che un’intera generazione di adulti e millennials si fermi a riflettere su questa questione.
Forse attualizzando (provandoci ancora una volta) l’idea trasgressiva di Ivan Illich per cui “la scuola è l’agenzia pubblicitaria che ti fa credere di avere bisogno della società così com’è”, rivalutando la critica della modernità e della tecnologia verso una nuova coerenza: il dono e la sorpresa costituiti dall’altro possono solo apparire quando questo spazio è aperto.
L’immediatezza dell’incontro con l’altro è ostacolata da quegli strumenti “non-conviviali” come la scuola laddove viene limitata a confezionare l’apprendimento o semplicemente a selezionare le persone “giuste”.
Ai fini dell’incontro intergenerazionale, il terreno dell’apprendimento e della condivisione di competenze può anche essere declinato per formulare una scuola migliore attraverso il dialogo tra chi vive o ha vissuto il mondo del lavoro e ne conosce i fabbisogni più concreti e chi sperimenta quotidianamente l’attualità e intravede i bisogni della società in cui sarà nel breve futuro più adulto.
Perché no, all’interno di un contesto aziendale, come un “hackathon” continuativo nel tempo con l’obiettivo di disegnare la scuola e il lavoro del futuro.
Quando una campana rintocca ci ricorda che noi non siamo degli individui isolati ma facciamo parte di una comunità: un concetto evocato da John Donne nel suo celebre sonetto “No Man is an Island”: «…And therefore never send to know for whom the bell tolls. It tolls for thee» («E allora, non chiedere mai per chi suoni la campana. Essa suona per te»).
E la campanella della scuola suona tutti gli anni per tutti noi, ricordandoci che l’individualismo o la visione unilaterale non aiutano al progresso della società. Pensare alla scuola e al mondo del lavoro è un processo sistemico poiché ogni cosa che facciamo si ripercuote, anche se forse non ce ne rendiamo conto, su tutto quanto ci circonda.
https://www.ninjamarketing.it/wp-content/uploads/2021/10/2-1.jpg10801920Giulio Beroniahttps://www.ninjamarketing.it/wp-content/uploads/2018/06/nm-logo-new.pngGiulio Beronia2021-10-04 16:00:442021-10-04 16:41:54Il pezzo di carta non basta più: cosa emerge dai dati sulle previsioni occupazionali
Non tutti i problemi sono davvero “gravi”. Ad esempio, ci sono nutrite fazioni contrapposte di fan che si confrontano (e a volte litigano) sulla director cut di un regista, sull’ultimo singolo dell’artista tanto amato e anche su quale sia il modo giusto di consumare uno snack.
Sebbene alcune persone possano considerarle questioni di lana caprina, un certo peso devono averlo, se i brand non possono evitare di pronunciarsi sulle diatribe e intervengono per dirimere le spinose questioni.
E come lo fanno? Naturalmente, con lo strumento più rapido, potente e convincente di tutti, tra quelli a loro disposizione: la creatività.
Godiamoci gli annunci stampa del mese di settembre selezionati per voi dai Ninja.
Esiste un’età in cui è giusto rinunciare ai propri diritti? Si stima che 7 anziani su dieci siano vittime di pregiudizi a causa della loro età: il fenomeno è noto come “ageismo“, a causa del quale le persone più adulte vengono considerate inefficienti e lente.
È una violenza inaccettabile, per questo la campagna invita a non aspettare di diventare “vecchi” per difendere i diritti degli anziani.
Advertising Agency: Bonjour, Bruxelles, Belgium
Creative Director: Marine Vincent
Creative: Maxim Deliège
Designer: Pierre Jadot
Photographer: Phil Van Duynen
KitKat – Have a Bite
Siamo davanti a un momento storico: Nestlé sta finalmente prendendo coscienza del dibattito appassionato che imperversa da anni su internet: qual è il modo corretto di mangiare un KitKat?
Se è impossibile dimenticare lo slogan storico del prodotto (Have a Break) che invita a “spezzare” le barrette di cioccolato dalla tavoletta, l’azienda rilancia un nuovo motto, Have a Byte (Tira un morso) per “difendere” tutte quelle persone che ostentano con orgoglio il loro approccio innovativo al consumo dello snack.
La campagna è diventata virale anche su TikTok, dove tanti influencer si sono pronunciati rispondendo alla domanda: “È sbagliato mangiarlo così?”.
Se sei una di quelle persone che hanno dato un morso gigante a tutte e quattro le strisce o rosicchiato gli strati di cioccolato, per Nestlé va bene, a patto che tu faccia una pausa per godertelo.
Advertising Agency: Wunderman Thompson Australia
Chief Creative Officer: João Braga
Associate Creative Director: Simon Koay
Associate Creative Director: Steven Hey
Senior Copywriter: Steve May
National Chief Strategy Officer: Angela Morris
Senior Strategist: Carnelian Easton-Jones
Partner: Ana Lynch
Group Engagement Lead: Laura Hawdon
Quebec Association of Magazine Publishers – Free your mind with a magazine
Libera la mente, abbandona like, cuoricini e commenti.
In che modo? Rilassandoti ricominciando a leggere una rivista in formato cartaceo. La campagna di Quebec Association of Magazine Publishers punta proprio ai nostalgici della carta e dell’impagabile effetto che produce tra le mani dei lettori.
Advertising Agency: Havas, Montreal, Canada
Netflix – Schumacher
Netflix ci ha abituato a campagne di successo e non ha mai perso l’occasione di fare le cose in grande. Quando l’obiettivo è la promozione del documentario su uno dei più grandi campioni (e uomini) del nostro tempo, il risultato è il murales 3D per il film “Schumacher”.
Attraverso interviste esclusive e filmati di repertorio, questo documentario ricostruisce un ritratto intimo del sette volte campione di Formula 1.
Advertising Agency: Heimat Active, Berlin, Germany
Executive Creative Director: Denis Rätzel
Managing Director: Daniela Strauß
Senior Art Director: Stefano Dessi
Senior Copywriter: Jan Roters
Junior Art Director: Sophia Cordes
Copywriter: Paul Zürker
Client Service Director: Lisa Währer
Senior Account Manager: Meltem Colak
Senior Marketing Manager Netflix DACH: Flo Hoffmann
Title Lead Films Marketing Netflix DACH: Silke Lakeit
OreoHavaianas – Oreo + Havaianas
Havaianas e Oreo hanno molto in comune: e tutti li vogliono, contano su legioni di fan super fidelizzati e su un successo incomparabile.
Così, si sono messi insieme per creare una capsule collection unica, super speciale e limitata.
Hai mai immaginato un infradito con un aroma di cioccolato? Bene, questo è ciò che Havaianas e Oreo hanno creato insieme.
Il modello Havaianas + Oreo TOP della collezione non solo ha le cinghie che profumano di cioccolato, ma presenta una stampa “cioccolatosa” sulla suola, che replica gli strati del biscotto Oreo.
Advertising Agency: Leo Burnett Tailor Made, Brazil
https://www.ninjamarketing.it/wp-content/uploads/2021/10/best-ad-settembre.jpg9241638Fabio Casciabancahttps://www.ninjamarketing.it/wp-content/uploads/2018/06/nm-logo-new.pngFabio Casciabanca2021-10-04 11:03:192021-10-04 22:00:07KitKat, Netflix e Oreo: i migliori annunci stampa di settembre
Lavorare nel Social Media Marketing, oggi, è una sfida sempre più ambiziosa, che richiede competenze trasversali e costantemente aggiornate.
I Social Media sono ormai entrati in una fase matura e il livello di complessità si sta alzando sempre di più. Per portare risultati c’è bisogno di una preparazione continua, tecnica e verticale. La necessità di colmare il gap con persone che facciano upskilling e reskilling ha fatto esplodere la domanda di formazione. Diventa assolutamente necessario alzare il livello delle competenze strategiche e tecniche, di processo e di tool per permettere ai Digital marketer di fare la differenza.
Il Social Media Bootcamp di Ninja Academy
Per questi motivi, Ninja Academy ha lanciato un nuovo ciclo di incontri ancora più specifici e più pratici con alcuni dei migliori esperti di Social Media Marketing in circolazione: un concentrato di competenze Social rivolte a studenti e imprenditori, manager e freelance che hanno la necessità di essere sempre aggiornati ricevendo nuovi input da grandi professionisti del settore.
Il 27 e il 28 settembre i migliori guerrieri Ninja hanno dispensato consigli e illustrato best practice per misurarsi con le proprie competenze attuali nel Social Media Marketing e con quelle da integrare per essere un professionista a 360°.
Ecco cosa abbiamo imparato dall’appuntamento:
Come pianificare strategie social a prova di crisi con Mariano Tredicini, Head of Social Communication & Web Analysis TIM
Come attrarre clienti su LinkedIn con contenuti ingaggianti con Cristiano Carriero, Storyteller & Brand Journalist
Come acquisire contatti con le Lead ADS di Facebook con Veronica Gentili, Facebook Marketing Expert & Influencer
Come sfruttare i Reels per crescere su Instagram con Orazio Spoto, Instagram Expert & Presidente di Instagramers Italia
Come fare lead generation con Telegram con Mario Di Girolamo, Growth Marketer Zero
Come vendere via WhatsApp con il conversational commerce con Alessandra e Maria Rosaria Gallucci, WhatsApp Marketing Expert
Come recuperare la diretta del Social Media Bootcamp
Non hai potuto seguire gli interventi da vivo? Nessun problema! Li ripercorriamo insieme.
Ecco un breve recap delle due giornate, con i video per vedere o rivedere gli interventi integrali:
Day 1
Mariano Tredicini, Head of Social Communication & Web Analysis TIM
Con Mariano Tredicini ci siamo lasciati ispirare dai migliori case study per progettare una Social Media Strategy a prova di crisi, a partire dall’esempio di Tim e della gestione del “caso Dazn”, abbiamo conosciuto i trucchi per una Social Media Policy inattaccabile e i migliori tool e consigli per un’analisi dei dati e dei competitor davvero utile.
Con Cristiano Carriero abbiamo conosciuto i segreti per fare Content Marketing su LinkedIn e realizzare contenuti davvero ingaggianti; abbiamo preso spunto dai migliori case study per creare sia contenuti istituzionali che più emozionali; abbiamo imparato come conquistare autorevolezza con il personal branding e sostenere la mission aziendale anche come membri.
Con Veronica Gentili abbiamo appreso le best practice per realizzare Facebook Lead Ads efficaci e per padroneggiare nuove funzionalità, personalizzazioni e formati specifici; e abbiamo scoperto come si conciliano le attività di acquisizione contatti con la gestione corretta della normativa in materia di privacy.
Day 2
Orazio Spoto, Instagram Expert & Presidente di Instagramers Italia
Grazie a Orazio Spoto abbiamo imparato come sfruttare le potenzialità di uno degli strumenti social oggi più performanti, gli InstagramReels, prendendo spunto da alcuni dei più interessanti case study per far crescere le nostre pagine nonché per vendere prodotti; e abbiamo scoperto in cosa si differenziano gli IG Reels da altri micro contenuti come gli YouTube Shorts e perché gli youtuber li stanno preferendo sempre di più.
Mario Di Girolamo, Growth Marketer Zero
Con Mario Di Girolamo abbiamo capito quali sono i passaggi fondamentali per utilizzare Telegram in modo completamente nuovo, sfruttandolo per fare lead generation e ottenere nuovi clienti; abbiamo visto alcuni dei migliori esempi di acquisizione contatti mediante Telegram, e in particolare con funzioni come AD/POST per traffico alla landing page e attività di conversione e notifiche eventi.
Alessandra e Maria Rosaria Gallucci, WhatsApp Marketing Expert
Con “Le Gallucci” abbiamo appreso alcuni segreti per far crescere il nostro business e aumentare le vendite attraverso WhatsApp; abbiamo esplorato i motivi del successo del conversational commerce, come la ricerca da parte degli utenti di esperienze personalizzate e di risposte rapide ai propri bisogni; e abbiamo attinto spunti preziosi da alcuni dei brand pionieri di questa nuova frontiera dell’online commerce.
https://www.ninjamarketing.it/wp-content/uploads/2021/09/social-media-bootcamp-2.jpg10801920Fabio Casciabancahttps://www.ninjamarketing.it/wp-content/uploads/2018/06/nm-logo-new.pngFabio Casciabanca2021-10-01 14:00:052022-01-21 12:31:05Le competenze che ti servono per lavorare nel Social Media Marketing
Ieri Dentsu Group annuncia il lancio di dentsu gaming, una soluzione integrata che unisce l’ampia competenza nell’ambito del gaming presente storicamente nel network di dentsu japan, con la scala globale e le capacità specialistiche presenti all’interno di dentsu international.
La soluzione dentsu gaming sarà accessibile a livello globale sia tramite le sigle dell’area Media, sia tramite le agenzie creative e CXM, oltre che tramite il Content Business Design Center (CBDC) presente all’interno di dentsu Inc. Essendo una soluzione globale, dentsu gaming dà accesso a strategie specialistiche, attivazione e sviluppo della proprietà intellettuale (IP) originale, per i brand che vogliono connettersi e navigare nell’ecosistema del gaming.
Alla guida del lancio globale di dentsu gaming, Keiichi Yoshizaki, Executive Officer, Dentsu Inc., commenta:
La nostra filosofia è che il gaming è più di una semplice pubblicità: si tratta di creare, amplificare e dare slancio alla cultura e all’industria in generale. Con dentsu gaming lo facciamo attraverso i nostri studi di gaming interni, le iniziative imprenditoriali innovative, investendo in start-up di gaming e attraverso partnership strategiche su scala globale e questo ci distingue da tutti gli altri. La nostra eredità relativa al gaming, unica nel mercato giapponese, unita alla scala globale del nostro business internazionale, garantisce che dentsu gaming sia il modo ideale in cui siamo in grado di compiere progressi autentici e significativi per il miglioramento della community del gaming, dei nostri clienti, dei nostri partner e, naturalmente, delle nostre persone e della loro passione per il gioco.
In Italia, il punto di riferimento per la soluzione dentsu gaming sarà Elisa Presutti, Business Development Director di MKTG, che racconta le caratteristiche del progetto italiano e l’importanza del progetto globale di dentsu:
Il mondo del gaming continua a mantenere trend di forte crescita anche in Italia. Una crescita che va ben al di là della popolarità che questo mondo ha conosciuto durante i recenti lockdown. Dentsu Gaming è un progetto per noi bellissimo e importante: una entusiasmante opportunità di unire le competenze globali di dentsu con le nostre esperienze locali per portare i nostri progetti verso un next level. L’Italia è nel gruppo dei primi paesi a lanciare la soluzione gaming, grazie a un team cross-agencies già rodato, con una storia già ricca di progetti di successo in questo ambito. Gillette, Vodafone, Pringles, Fonzies, Vigorsol, Benetton sono alcuni dei brand che abbiamo supportato con successo, grazie alle sinergie derivanti dalle expertise verticali di diverse sigle del nostro gruppo.
Attraverso il suo network di agenzie e di team presenti in tutto il mondo, dentsu ora è in grado di offrire sviluppo di giochi/IP su misura, in-game advertising, game commerce, consumer promotion, native game integration, Realtà Aumentata (AR), Realtà Virtuale (VR), attivazione di talenti, esport ed experience design, tra le capacità principali di dentsu gaming.
Peter Huijboom, Global CEO, Media and Global Clients, dentsu international e uno dei principali fautori del lancio di dentsu gaming, aggiunge:
In dentsu abbiamo un modello di business veramente integrato e senza confini che garantisce una continua condivisione di insight, profonda conoscenza e specializzazioni a beneficio dei nostri clienti indipendentemente dalla loro area geografica: dentsu gaming ne è un perfetto esempio. Riunendo il talento eccezionale e la profonda esperienza di tutto il gruppo per il gaming, questa nuova soluzione globale rende più facile per clienti e partner sfruttare il potenziale del gaming per la crescita del business, attraverso le agenzie dentsu presenti nel mercato locale che già conoscono e di cui si fidano.
Con un’eredità di oltre 35 anni nel settore del gaming e dell’intrattenimento, dentsu lavora con brand pionieristici sin dagli esordi dell’industria del gaming, continuando ad innovare e ad aprire nuovi orizzonti. Ad esempio, per il “TOKYO GAME SHOW”, dentsu ha rappresentato uno dei partner principali di sviluppo nel portare una parte dell’evento di quest’anno nel mondo virtuale, producendo in collaborazione con ambr, tutta l’ambientazione virtuale (VR) del TOKYO GAME SHOW VR 2021.
Grazie a migliaia di specialisti appassionati in tutto il mondo, dentsu gaming è guidato da un coinvolgimento diretto e autentico all’interno della community del gaming. Dentsu è al fianco dei creator e dei giocatori, per rendere il futuro del gaming rappresentativo, inclusivo e accessibile a tutti.
Per ulteriori informazioni su dentsu gaming e su come dentsu porta la propria expertise nel gaming sul mercato globale e locale.
https://www.ninjamarketing.it/wp-content/uploads/2021/10/1_company-2.jpg10801920Company Newshttps://www.ninjamarketing.it/wp-content/uploads/2018/06/nm-logo-new.pngCompany News2021-10-01 12:56:522021-10-01 12:56:52Dentsu gaming: come coinvolgere 3 miliardi di giocatori in tutto il mondo
Quattordicesimo appuntamento con i Webinar PRO targati Ninja: tutti gli insight, trucchi, trend, dietro le quinte sui temi caldi del momento, condivisi con voi.
L’argomento di questa puntata è il Personal Branding: ne abbiamo discusso con il Prof. Luigi Centenaro, autore del libro Digital You, Personal Branding Strategist e Managing Partner di BigName, gli specialisti dell’Innovazione Professionale nelle aziende
Non perderti i punti salienti dell’intervista:
L’impatto della carriera sul Personal Branding: min 09,00
Applicazioni del Personal Branding in azienda: min 12,50
Il Modello Canvas: min 22,30
Il Prof. Luigi Centenaro ha regalato alla community Ninja un estratto del libro Digital You!
https://www.ninjamarketing.it/wp-content/uploads/2021/09/1920x1080-antearticoli-–-1-min.png10801920Rossella Pisaturohttps://www.ninjamarketing.it/wp-content/uploads/2018/06/nm-logo-new.pngRossella Pisaturo2021-10-01 12:27:172021-10-01 12:27:17Personal Branding: pianificare la tua crescita in azienda e nel mercato
Non parliamo del celebre formato che un po’ tutte le grandi piattaforme hanno adottato, rincorrendosi nella copia spudorata da quando Snapchat le ha introdotte, nell’ormai lontano 2013.
Parliamo proprio dell’epopea dei nuovi titani, i colossi del web che stanno dominando l’epoca della comunicazione fatta di bit e caroselli, di post e like.
Molti di noi li utilizzano per lavoro, indirettamente per rimanere in contatto con i colleghi, magari in smart working, o direttamente come strumenti per la promozione aziendale o per attività commerciali.
In ogni caso, siamo talmente abituati a scorrere il feed su Facebook, a “cuoricinare” la foto degli amici al mare, a guardare il video della festa di compleanno sul nostro schermo, che diamo per scontato che questi strumenti siano sempre esistiti.
Invece queste enormi aziende, capaci di polarizzare il tempo di attenzione delle persone a livello globale, da qualche parte hanno iniziato. Alcuni, come leggenda vuole, in sedi provvisorie e spartane (come dimenticare il celebre garage di Apple?); altri sono partiti dalle intuizioni di professionisti già affermati e con grandi successi alle spalle.
Vediamo insieme il percorso che hanno fatto fino ad oggi Instagram, Facebook, YouTube e LinkedIn.
Mentre ancora lavoravano in PayPal, Chad Hurley, Steve Chen e Jawed Karim hanno fondato YouTube, stabilendo la prima sede sopra una pizzeria e un ristorante giapponese di San Mateo, California.
L’idea iniziale era di creare un servizio di incontri online, che non ebbe successo pur potendo contare su una piattaforma di caricamento video dalle prestazioni eccezionali.
Grazie al “famigerato incidente” dell’Halftime show di Justin Timberlake e Janet Jackson, i tre si resero conto che il punto di forza poteva essere individuato nelle funzioni di video sharing.
L’idea della nuova società era che i non esperti di computer potessero essere in grado di pubblicare, caricare e visualizzare video in streaming attraverso un browser web utilizzando un’interfaccia semplice e intuitiva.
In definitiva, puntavano alla creazione di una piattaforma di streaming video facile da usare che non avrebbe stressato i nuovi utenti di internet dei primi anni 2000, ancora poco “smanettoni”.
Il primo video di YouTube, intitolato “Me at the zoo“, è stato caricato il 23 aprile 2005, e mostra il co-fondatore Jawed Karim allo zoo di San Diego. Attualmente conta oltre 120 milioni di visualizzazioni e quasi 5 milioni di like.
I finanziamenti e la crescita di YouTube
Nel novembre 2005, la società di venture capital Sequoia Capital ha intravisto le prospettive di crescita del prodotto investendo 3,5 milioni di dollari nell’azienda.
Roelof Botha (un partner della società ed ex direttore finanziario di PayPal) è poi entrato nel consiglio di amministrazione di YouTube e, nell’aprile 2006, Sequoia e Artis Capital Management hanno investito altri 8 milioni di dollari nella società, che aveva già registrato una crescita significativa.
Sei mesi dopo il lancio, il sito ospitava ben oltre due milioni di spettatori al giorno. Nel marzo 2006 contava più di 25 milioni di video caricati e generava circa 20.000 upload al giorno. Durante l’estate dello stesso anno, YouTube era uno dei siti in più rapida crescita sul World Wide Web e registrava più di 65.000 nuovi upload.
L’era della pubblicità nei video
La prima pubblicità mirata è arrivata nel febbraio 2006 sotto forma di annunci video, che erano video a sé stanti e offrivano agli utenti la possibilità di visualizzare contenuti esclusivi cliccando sull’annuncio.
Il primo prodotto di questo tipo fu per lo show della Fox “Prison Break” e apparve esclusivamente sopra i video del canale di Paris Hilton.
Quando gli annunci furono introdotti, nell’agosto 2006, il CEO di YouTube Chad Hurley aveva respinto l’idea di espandersi in aree della pubblicità viste come meno user-friendly. Tuttavia, YouTube ha iniziato a proporre annunci in-video nell’agosto 2007, per introdurre successivamente i preroll nel 2008.
L’arrivo di Google
I crescenti problemi di violazione del copyright e la mancanza di commercializzazione di YouTube portarono infine all’esternalizzazione a favore di Google, che non era riuscita a incidere significativamente sul mercato con la sua piattaforma “Google Video“.
L’acquisizione del 2006 ha dato il via all’ascesa di YouTube verso il titolo di “dominatore globale dei media“, creando un business multimiliardario che ha superato la maggior parte delle emittenti televisive e altri mercati dei media, contribuendo al successo di molti YouTubers.
Nel 2009, Kevin Systrom, un ventisettenne laureato all’Università di Stanford, stava lavorando per Nextstop, una startup di raccomandazioni di viaggio.
Kevin aveva precedentemente lavorato in Google e aveva all’attivo uno stage in Odeo, la società che si sarebbe poi evoluta in Twitter .
Sebbene Systrom non avesse una formazione informatica, ha iniziato a studiare e scrivere codice di notte e nei fine settimana, realizzando la beta di un’app per amanti del Whisky e del Bourbon.
L’app Burbn permetteva agli utenti di fare il check-in e condividere foto e, anche se all’epoca le applicazioni di check-in basate sulla posizione erano molto popolari, la funzione di condivisione delle foto era abbastanza peculiare.
Grazie all’incontro con due venture capitalist di Baseline Ventures e Andreessen Horowitz, Systrom decise di lasciare il suo lavoro in Nextstop e concentrarsi su Burbn: nel giro di due settimane, aveva infatti già raccolto 500.000 dollari in finanziamenti seed.
Il finanziamento iniziale consentì a Systrom di iniziare a costruire un team di persone per sostenere la sua impresa; il primo a unirsi a lui fu il 25enne Mike Krieger, con il quale Kevin decise di concentrarsi principalmente su una cosa: le fotografie scattate specificamente su dispositivi mobile, studiando attentamente le app leader nella categoria della fotografia in quel momento.
Da Burbn a Instagram
L’app Hipstamatic li colpì particolarmente per la possibilità di applicare filtri alle fotografie. Systrom e Krieger hanno visto il potenziale nella costruzione di un’app che collegasse Hipstamatic e una piattaforma di social media come Facebook.
Hanno fatto un passo indietro e hanno spogliato Burbn fino alle sue funzioni basilari di foto, commenti e “mi piace”. Così è nato il nome Instagram, dalla combinazione tra le parole “instant e telegram”.
Per migliorare l’esperienza utente, hanno puntato su un’app minimalista il cui punto forte dovesse essere la semplicità di condivisione. Da lì in poi, è stato un successo continuo: l’applicazione per iOS, lanciata il 6 ottobre 2010, ha raccolto 25.000 utenti in un giorno.
Alla fine della prima settimana, Instagram era stata scaricata 100.000 volte e, a metà dicembre, il numero di utenti aveva raggiunto il milione di iscritti.
L’arrivo di Facebook
Dopo soli due anni, nell’aprile 2012, Facebook ha fatto un’offerta per comprare Instagram al prezzo di 1 miliardo di dollari in contanti e azioni; una disposizione chiave era che la società sarebbe rimasta gestita in modo indipendente.
Mark Zuckerberg ha quindi acquisito la società che è entrata a far parte dell’universo della società di Palo Alto e oggi può contare su un vasto campionario di funzioni e formati: dai più recenti Reels ai video, alle storie, confermandosi come una delle piattaforme sociali più utilizzate al mondo.
LinkedIn, il social network orientato esplicitamente al business, è stato fondato nel dicembre 2002 da Reid Hoffman e dai membri del team fondatore di PayPal e Socialnet.com (Allen Blue, Eric Ly, Jean-Luc Vaillant, Lee Hower, Konstantin Guericke, Stephen Beitzel, David Eves, Ian McNish, Yan Pujante, Chris Saccheri). Il sito web fu poi lanciato nel 2003.
A differenza di altri social network come ad esempio Facebook, che ha un approccio puramente ricreativo, LinkedIn enfatizza le connessioni professionali delle persone.
Gli iscritti creano pagine di profilo che hanno una struttura simile a un curriculum, dove possono riassumere la loro carriera, pubblicizzare le loro skill e rendere pubbliche alcune informazioni rilevanti per gli HR, come l’istruzione e il percorso professionale.
Le connessioni si formano quando un utente accetta l’invito di un altro a unirsi alla sua rete. L’iscrizione è gratuita; tuttavia, è previsto un piano servizio premium che garantisce funzioni più ampliate nella visualizzazione dei profili e nei risultati di ricerca.
All’inizio, la crescita della piattaforma è stata piuttosto lenta, anche se, nel 2003, Sequoia Capital aveva già guidato un investimento di Serie A nella società.
Nel 2005, LinkedIn ha introdotto i servizi che permettevano alle aziende di pubblicare annunci di lavoro e di cercare nella rete potenziali dipendenti.
Oltre a questi servizi professionali, LinkedIn ha introdotto le funzioni pubblicitarie per le aziende, diventando finalmente redditizio nel 2007. Nel febbraio 2008 ha poi lanciato una versione mobile della piattaforma.
A quel punto, LinkedIn poteva contare su più di 15 milioni di membri perfettamente in target, superando i 100 milioni di membri in tutto il mondo nel 2011. L’offerta pubblica iniziale di LinkedIn dello stesso anno ha poi raccolto 353 milioni di dollari.
Le azioni di LinkedIn sono salite fino al 171% nel primo giorno di scambi alla Borsa di New York e hanno chiuso a 94,25 dollari, più del 109% sopra il prezzo di IPO. Poco dopo l’IPO, l’infrastruttura di base del sito è stata rivista per consentire cicli di revisione-rilascio accelerati.
Nel 2011, LinkedIn ha guadagnato 154,6 milioni di dollari solo in entrate pubblicitarie, superando Twitter. Nel quarto trimestre 2011, i guadagni della società sono saliti alle stelle: l’azienda impiegava a quel punto circa 2.100 dipendenti a tempo pieno rispetto ai 500 del 2010.
La svolta con l’acquisto da parte di Microsoft
Nel 2016, LinkedIn è stato acquisito da Microsoft per circa 26 miliardi di dollari. L’anno seguente è cresciuto fino a raggiungere più di 500 milioni di membri in circa 200 paesi del mondo.
Nel 2019 ha lanciato a livello globale la funzione Open for Business che permette ai freelance di essere scoperti sulla piattaforma. LinkedIn Events è stato lanciato nello stesso anno.
Si tratta forse della storia più conosciuta dal grande pubblico: FaceMash, una versione primordiale di Facebook, fu messo online nel 2003.
Mark Zuckerberg aveva scritto il codice mentre frequentava il secondo anno di college e la piattaforma era poco più di una sorta di gioco per gli studenti di Harvard: il sito permetteva ai visitatori di confrontare le foto di due studentesse una accanto all’altra e di decidere quale fosse più attraente.
FaceMesh fu chiuso pochi giorni dopo dall’amministrazione di Harvard e Zuckerberg rischiò l’espulsione con le accuse (poi ritirate) di violazione della sicurezza, violazione del copyright e violazione della privacy.
Nel gennaio 2004, Mark cominciò a scrivere il codice per un nuovo sito web, noto come “TheFacebook”, investendo 1000 dollari insieme a Eduardo Saverin, un altro studente di Harvard che fece lo stesso.
Le prime grane legali
Appena sei giorni dopo il lancio del sito, tre studenti dell’Università di Harvard, Cameron Winklevoss, Tyler Winklevoss e Divya Narendra, accusarono Zuckerberg di averli intenzionalmente ingannati facendogli credere che li avrebbe aiutati a costruire un social network chiamato HarvardConnection.com, ma di aver invece utilizzato la loro idea per costruire un prodotto concorrente. Alla fine, intentarono una causa che si risolse con un risarcimento.
L’inizio della crescita
Nell’estate del 2004, il venture capitalist Peter Thiel ha investito di 500.000 dollari nel social network per il 10,2% della società ed è entrato nel consiglio di amministrazione. Si tratta del primo investimento esterno in Facebook.
L’adesione a TheFacebook era inizialmente limitata agli studenti dell’Università di Harvard. Entro il primo mese, più della metà della popolazione universitaria di Harvard era iscritta al servizio.
Gradualmente, raggiunse la maggior parte delle università degli Stati Uniti e del Canada. Nel giugno 2004, Facebook spostò la sua base operativa a Palo Alto, California eliminando il “The” dal suo nome, dopo aver acquistato il dominio facebook.com nel 2005 per 200.000 dollari.
Nell’aprile 2005, Accel Partners ha investito un capitale di rischio di 12,7 milioni di dollari in un affare che ha fatto raggiungere a Facebook la valutazione di 98 milioni di dollari.
Nel dicembre 2005, la neonata Facebook poteva già contare su 6 milioni di utenti.
La svolta mainstream e il trasferimento in Irlanda
La svolta è arrivata quando Facebook è diventato disponibile per tutte le persone dai 13 anni in su con un indirizzo email valido, il 26 settembre 2006.
Alla fine del 2007, Facebook registrava 100.000 pagine aziendali, che permettevano alle aziende di attirare potenziali clienti e raccontare se stesse. La prima versione del servizio era organizzata come un gruppo, ma presto venne elaborato e diffuso il concetto di pagina aziendale.
Nell’ottobre 2008, Facebook annunciò che avrebbe stabilito la sua sede internazionale a Dublino, in Irlanda.
A febbraio 2011, Facebook è diventato il più grande host di foto online e, a partire da ottobre 2011, oltre 350 milioni di utenti accedevano alla piattaforma attraverso i loro smartphone: ben il 33% di tutto il traffico della compagnia!
L’IPO dell’azienda
Facebook ha presentato un’offerta pubblica iniziale (IPO) il 1º febbraio 2012. Il prospetto preliminare affermava che la società stava cercando di raccogliere 5 miliardi di dollari e il documento annunciava che la società poteva contare su 845 milioni di utenti attivi mensili e il suo sito web presentava 2,7 miliardi di like e commenti giornalieri.
Dopo l’IPO, Zuckerberg ha mantenuto una quota di proprietà del 22% di Facebook con il 57% delle azioni con diritto di voto.
Facebook Lite e Dating
Sulla base dell’aumento del traffico da dispositivi mobile, Facebook ha sviluppato un’altra app per Android chiamata Facebook Lite, che utilizza meno dati e permette l’accesso anche a una grossa fetta della popolazione mondiale che non è servita in modo efficiente dagli operatori di telefonia e internet.
Nel maggio 2018, la società ha anche annunciato il proprio servizio di incontri, chiamato Facebook Dating.
https://www.ninjamarketing.it/wp-content/uploads/2021/09/Fabio_Company.jpg10801920Fabio Casciabancahttps://www.ninjamarketing.it/wp-content/uploads/2018/06/nm-logo-new.pngFabio Casciabanca2021-09-29 13:30:132021-10-07 16:25:02Ecco come sono diventate grandi YouTube, LinkedIn, Facebook e Instagram
È arrivato in Italia Sound Up, il programma globale di Spotify teso a supportare la produzione di show originali da parte di aspiranti podcaster che fanno parte di categorie sotto rappresentate nel mondo dei contenuti audio.
Mentre continua la crescita di offerta e consumo di podcast nel panorama dell’intrattenimento digitale in Italia, con sempre più utenti che scoprono e ascoltano quotidianamente questi contenuti audio, allo stesso tempo Spotify rileva come siano ancora presenti notevoli disuguaglianze all’interno dell’industria dell’audio.
Podcast
I dati Spotify, infatti, mostrano che solo il 22% dei podcast presenti nella classifica top 100 italiana è condotto da donne, mentre il 64% dei titoli di maggior successo sono condotti da uomini. Nel 10% dei casi è invece presente sia una voce femminile che una maschile. Quasi il 60% dei podcast nella top 100a conduzione femminile appartengono a due sole categorie: Salute e Benessere (32%) ed Educazione (27%), temi particolarmenti amati dal pubblico over 35.
Solo il 14% delle podcaster italiane conduce show su temi più ampi di Società e cultura– in assoluto il genere più seguito dagli utenti italiani – oppure di Attualità e politica. Sono ancora meno le podcaster che raccontano Storie (9,1%) o producono True Crime (4,5%), due generi in forte ascesa, soprattutto negli interessi della Gen Z. Questi dati – meno di un podcast su quattro nella top 100 condotto da una donna e molti dei generi più popolari ancora poco esplorati dalle podcaster italiane – mostrano quanto il gap da colmare sia ancora profondo.
È dunque necessario muoversi concretamente per rendere l’industria dell’audio ogni giorno più inclusiva, a cominciare proprio dalla presenza femminile. Spotify ha deciso di dedicare la prima edizione italiana di Sound Up a formare e supportare le podcaster,contribuendo così a sviluppare uno spazio per nuove voci e prospettive.
Le candidature al programma sono state inaugurate sul sito da lunedì 13 settembre, e saranno aperte fino a domenica 10 ottobre a chiunque si identifichi come donna e abbia un’idea originale per un nuovo podcast. Verranno dunque selezionate 10 partecipanti per l’ammissione al programma virtuale che si svolgerà nel corso di 4 settimane a partire dal 15 novembre, durante il quale potranno imparare tutto il necessario per creare un podcast, dall’ideazione alla produzione, tramite corsi video live, lezioni registrate, test e incontri individuali con il team di Spotify, tutor ed esperti nel settore. Alle 10 aspiranti podcaster sarà inoltre fornito un registratore, un computer, cuffie e accesso a internet.
Il programma è condotto in collaborazione con Sabrina Tinelli, responsabile dei contenuti editoriali per Chora Media e Rossella Pivanti, producer indipendente, in qualità di facilitatori che affiancheranno le 10 aspiranti selezionate lungo tutto il percorso.
Siamo orgogliosi di lanciare Sound Up finalmente anche in Italia. Sound Up è una importantissima iniziativa tramite cui stiamo cercando di affrontare le disuguaglianze nel mondo del podcasting. Questo programma offrirà a donne creative e di talento le giuste risorse e il supporto per far sentire la loro voce. Abbiamo visto emergere incredibili storie di successo in tutto il mondo da quando Sound Up è stato lanciato nel 2018, e non vedo l’ora di scoprire quanto di buono potrà succedere anche in Italia.
Commenta Eduardo Alonso, Head of Studios, Sud Est Europa di Spotify. “
Il programma
Per partecipare al programma, devi:
Identificarti come donna;
Avere almeno 18 anni;
Essere residente in Italia;
Essere appassionata di podcasting e avere una tua idea da sviluppare;
Non è richiesta alcuna esperienza precedente – stiamo cercando le idee migliori. Le partecipanti sono tenute a prendere parte a tutte le 4 settimane di durata del programma virtuale, così come a presentare un portfolio finale.
Fase 1 (2021): 4 settimane di formazione virtuale part-time – un mix di lezioni virtuali in diretta, video registrati e compiti a casa. Questa fase occuperà circa 8-10 ore a settimana. Tutte le lezioni programmate si svolgeranno di sera, così da non incidere sulla settimana lavorativa, mentre le restanti attività sono flessibili.
Fase 2 (2022): Fino a 10 partecipanti della Fase 1 saranno selezionate per partecipare insieme a noi ad una seconda fase di formazione, virtuale e in presenza nel corso del 2022, compresa 1 settimana di workshop, panels e attività relative al mondo del podcasting, che si terrà in presenza, con la guida di esperti e professionisti del settore. Il viaggio fino alla località italiana dove si svolgerà il workshop. Qualora dovessimo ritenere che per motivi di sicurezza la Fase 2 non potrà svolgersi in presenza, ci riserviamo il diritto di organizzare la Fase 2 in modalità virtuale.
https://www.ninjamarketing.it/wp-content/uploads/2021/09/1rox_company.jpg10801920Rossella Pisaturohttps://www.ninjamarketing.it/wp-content/uploads/2018/06/nm-logo-new.pngRossella Pisaturo2021-09-29 12:09:022021-11-10 19:39:23‘Sound Up’: 1° edizione italiana di Spotify a favore dell’uguaglianza
I brand nel tempo hanno acquisito una comunicazione di livello superiore con il proprio pubblico.
Il flusso comunicativo non è più solounidirezionale: l’introduzione dei social e di diverse tecnologie hanno portano le aziende ad interfacciarsi con utenti che sentono la necessità di interagire direttamente con i brand. Esprimere preferenze, abbracciare valori condivisi, compiere azioni in prima persona.
Per un’azienda, comunicare a livello digital, è dunque fondamentale per poter raggiungere in modo più diretto il suo pubblico. Le campagne digital ottengono facilmente risultati migliori rispetto a quelle tradizionali perché il pubblico è dinamico: parla con il brand, interagisce e condivide contenuti, instaurando relazioni durature.
Ecco 7 campagne digital di successo che dovremmo ricordare.
Durex – My Sex My Way
Essere LGBTQ+ è molto più del semplice sesso. Ma in che modo l’intimità fisica può influire sulla sicurezza della propria identità? Se lo chiede Durex che nel Regno Unito ha avviato un sondaggio sul sesso rivolto esclusivamente alla comunità LGBTQ+.
Nella sua campagna di sensibilizzazione#MySexMyWay il brand intende raccogliere storie, pensieri, frustrazioni e testimonianze per realizzare la sua missione di promuovere nel Paese l’accettazione di ogni diverso sé sessuale. Educazione sessuale, salute, appuntamenti, espressione della propria sessualità sono i temi e le sfide che Durex affronta insieme alla comunità per infondere maggiore fiducia e superare i limiti personali e sociali.
La campagna, tutta digital e ideata da Havas London, è in partnership con le app di incontri Her e Grindr, comparendo prevalentemente negli spazi LGBTQ+.
Rolling Stone – Rockin’ Mamas
“Ecco l’unica vera rockstar dell’anno”. Per la festa della mamma Rolling Stone ha regalato un’anima da rockstar a tutte le madri. Sostenere infatti ritmi incessanti e frenetici è difficile e in questi due ultimi anni, causa pandemia, lo è stato ancora di più.
Reale ma anche ironica, la campagna firmata dall’agenzia VMLY&R Italy è stata lanciata sui canali social, mettendo in risalto la forza delle mamme. Il brand pone l’accento sulla necessità di equità dei ruoli in famiglia, invitando a riconoscere alla donna i suoi spazi, tra privato e professionale.
Infatti, sebbene queste vengano viste dalla società come entità dai superpoteri, sarebbe più giusto mostrarle come icone rock sempre pronte a salire sul palco (delle responsabilità).
Zurich – Stop Cat Calling
Forse non se ne parla ancora abbastanza ma l’84% delle donne subisce il cat-calling: fischi, avances e commenti sessuali da parte degli uomini, come per strada così sui social. In Italia non esiste ancora una legge capace di tutelare le donne da queste offese.
Zurich, nella sua campagna digital per la Giornata Mondiale contro la Violenza sulle Donne si è fatto avanti, attivando la prima difesa cross-nazionale contro le molestie verbali. L’agenzia DDB Group Italy ha creato per l’occasione un falso profilo social, intercettando i commenti negativi attraverso l’invito a cliccare su un link esca.
I molestatori, una volta atterrati su un sito registrato in Francia, hanno realizzato come i loro comportamenti fossero perseguibili penalmente. Ma eliminare i commenti volgari non basta: a sostegno della campagna è stata infatti aperta una raccolta firme per far sì che il cat-calling sia identificato come un reato anche in Italia.
In occasione della notte degli Oscar del 2020, Heinz Tomato Ketchup ha lanciato una campagna al fine di ottenere ufficialmente i crediti per le sue apparizioni in moltissimi film, tra cui Harry ti presento Sally e Pulp Fiction. Il brand ha creato così sul sito open source IMDb, dedicato ai database dei film, un suo profilo personale.
IMDb non contento di questa improvvisazione di Heinz, ha rimosso il suo profilo. Il brand, in collaborazione con l’agenzia Rethink si è così rivolto agli utenti social, chiedendo loro di pubblicare clip video in cui chiaramente la bottiglia Heinz compariva come comparsa.
In cambio, ketchup gratis. La campagna digital è stata un successo ed Heinz non solo ha aumentato la sua awareness ma ha ottenuto i riconoscimenti desiderati attraverso la creazione di una filmografia social realizzata dagli utenti.
La salute mentale degli adolescenti è un argomento che desta preoccupazione in ogni parte del mondo, particolarmente in Svezia. Aiutare i giovani in questo disagio non è facile. Per cercare di risolvere questo problema, l’organizzazione no-profit Unga Lukas si mette in gioco, letteralmente.
In collaborazione con l’agenzia BBDO Nordics, la campagna promuove il supporto psicologico nelle piazze online più frequentate dagli adolescenti, come quella di World of Warcraft.
Gli psicologi (nonché giocatori esperti) si trasformano in orchi e offrono supporto emotivo, invitando i giovani a raccontarsi in anonimo. Ogni giocatore può sceglieresul sitol’orco (e relativa indole) con cui vorrebbe relazionarsi durante il gioco.
Burger King – Smoke Trails
È possibile seguire dallo smartphone le tracce del profumo dei whopper?
Agenzia BBH London
Barilla – Playlist Timer
Vincitrice insieme a Publicis Italy di 4 bronzi nell’ultima edizione dei Cannes Lions, questa campagna si rivolge a chi ha difficoltà a monitorare il tempo di cottura della pasta. Dopo le divertenti provocazioni di pasta Garofalo con i suoi pack in cui il soggetto principale è il tempo di cottura (per alcuni introvabile), Barilla risolve il problema a ritmo di musica.
In collaborazione con Spotify, ha ideato 8 diverse playlist lunghe quanto il tempo di cottura di ogni diverso formato.
https://www.ninjamarketing.it/wp-content/uploads/2021/09/1_favio.jpg10801920Urania Frattarolihttps://www.ninjamarketing.it/wp-content/uploads/2018/06/nm-logo-new.pngUrania Frattaroli2021-09-29 09:52:222021-09-30 18:34:147 campagne digital di successo per trovare la giusta ispirazione
Vuoi fare Carriera nel Digital Business?
+100.000 professionisti e 500 grandi aziende hanno incrementato i loro Affari grazie a Ninja.
Non aspettare, entra subito e gratis nella Ninja Tribe per avere Daily Brief, Free Masterclass e l’accesso alla community di professionisti.