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  • Storia di Vivienne Westwood, una donna con una missione che va oltre la moda

    La regina del punk ha sventolato la bandiera britannica tra avversità politiche e di stile e il 20 Febbraio è uscito anche nelle sale italiane il film che racconta della sua vita

    27 Febbraio 2019

    Il mondo è pieno di stilisti che hanno creato qualcosa, una collezione, una rivisitazione di un culto, di uno stile, ma c’è solo un grande marchio britannico, amato, controverso, famoso per aver raccolto intorno a sé un genere musicale, quello del punk. Stiamo parlando di un brand che per tutto il mondo è più di una semplice visione di stile, è l’incarnazione della moda britannica, è l’emblema per chi vuole distinguersi dalla folla e parlare davvero di qualcosa. E la donna dietro questa etichetta è la più ribelle e anticonformista delle passerelle: la regina del punk, Vivienne Westwood. LEGGI ANCHE: Un progetto di street art ha celebrato a Londra il centenario del voto alle donne

    Credits: fabrikbrands.com

    Westwood: punk, icona, attivista

    A cinque anni realizzava scarpe, a dodici creava i suoi abiti e adesso, a 77 anni, portati alla grande, gira in bici per Londra e vuole (ancora) salvare il mondo. Sapeva di essere dotata di un’intelligenza fuori dal comune, una mente creativa, brillante. Sono queste le persone che possono davvero fare la differenza, soprattutto in tempi non proprio rosei come i nostri. Parlare di chi, come lei, ha creato il proprio impero dal nulla, è confortante. Probabilmente questo aspetto avrà spinto la giovane regista, Lorna Tucker, ex modella che prova una stima fortissima per la Westwood, a voler girare un documentario su di lei. Il film si intitola Westwood. Punk, icona, attivista ed è uscito al cinema lo scorso anno in Gran Bretagna, nelle sale italiane il 20 febbraio, in occasione della settimana della moda.   Non aspettatevi “solo” una pellicola sulla moda: la vita e la carriera della Westwood vengono ripercorse enfatizzando tutti i momenti salienti, mostrandola così com’è, una vera e propria self-made woman, incline ad annoiarsi presto di mode e persone, sempre alla costante ricerca del cambiamento e dell’evoluzione. Ribelle davvero e non per strategia, ogni cosa che ha fatto è fedele ai suoi principi, non si è mai tradita, a costo di andare contro la sua stessa azienda. Il lavoro per realizzare il docu-film è durato circa quattro anni, in cui la regista ha seguito la famosa designer in giro per il mondo, da dietro le quinte delle sfilate, alla creazione delle sue incredibili collezioni, passando da un “mare” di stoffa, ai ghiacci del Circolo Polare Artico, per combattere contro i cambiamenti climatici. Ma prima dell’icona e dell’attivista, come nasce il fenomeno dietro la donna più punk del Regno Unito? LEGGI ANCHE: Ecco il gioco da tavolo che racconta le storie delle grandi donne che hanno cambiato il mondo

    Vivienne, punk soul

    Vi siete mai chiesti cosa vuol dire essere punk? È un modo di vedere la vita, è incoraggiare la propria libertà di espressione, la libertà di essere se stessi senza temere il giudizio degli altri. È tutto ciò che va contro l’immobilità sociale e del pensiero, e andare oltre le mode del momento e le convenzione sociali che ci etichettano o ci impongono cosa fare e chi essere è ciò che la società si aspetta da noi. È un grido puro e semplice di vita, di libertà in un mondo che ci vuole in silenzio. E la nostra Vivienne ci insegna questo da anni. E allora “Fallo punk!”. Nata in Inghilterra, nel Derbyshire nel 1941, si trasferisce a Londra, dove  studia moda e oreficeria, ma lascia presto l’università, trova lavoro e studia per diventare insegnante. Si sposa con Derek Westwood, da cui prende il cognome, realizzando da sola il vestito per la cerimonia. Comincia a creare dei gioielli, che poi vende sulle bancarelle di Portobello Road. La mattina lavora, la notte crea i suoi abiti sul tavolo della cucina, ma le soddisfazioni sembrano non arrivare mai. Nessuno la prende sul serio. Ma la sua passione e la sua grinta non accettano rifiuti, si lascia alle spalle un divorzio e una vita da insegnante di scuola elementare, per seguire i suoi sogni. Ha praticamente creato la sua moda dal niente. Tutto cambia con l’incontro di Malcolm McLaren, futuro manager dei Sex Pistols. I due, prima soci in affari e poi amanti, nel 1971, aprono il loro primo negozio d’abbigliamento, Let it Rock, al 430 di King’s Road di Londra. Il negozio si è reinventato più volte nel corso degli anni, seguendo l’evoluzione stilistica di Vivienne: nel 1972 Too fast to live too young to die, nel 1974 Sex. Durante questo periodo, il negozio era un punto di riferimento per gli amanti del rock. Il nome definitivo era, ed è tutt’ora,  World’s End. 
    Credits: rockitecn.nohup.it
    La giovane coppia ha ideato un revival stilistico della musica rockabilly e uno spiccato interesse per la moda Teddy boy, inventando un nuovo modo di vestire fatto di magliette stracciate con stampe provocatorie, reggiseni in bella vista, borchie, spille e look stravaganti, enfatizzati da colori forti, a partire dai capelli, tinti, spettinati all’insù e con grandi creste. Un successo tra i giovani londinesi. I due ragazzi non passano di certo inosservati. Le aspirazioni rivoluzionarie di Vivienne si riversano nella moda, un ambiente in cui può esprimere liberamente la sua riluttanza verso la società chiusa e immobile dell’Inghilterra di quegli anni. I vestiti sono qualcosa di emotivo. Ti fanno affrontare il mondo in modo spettacolare. Il suo messaggio è forte e chiaro. Nel 1981 arriva finalmente la prima sfilata di moda, con la collezione Pirate. Durante gli anni ’80, lo stile della designer comincia a mutare. I suoi modelli non traggono più ispirazione solamente dalla moda di strada e dal mondo giovanile, ma comincia a studiare, a perfezionare la sua tecnica, prendendo spunto dalla da tradizione inglese, dalla storia del costume del XVII e XVIII secolo, passando in rassegna varie epoche. È stata la prima stilista contemporanea a riproporre il corsetto e il faux-cul, rendendoli accessibili e moderni. La sua ispirazione trae forza da varie influenze ma soprattutto dall’amore per la storia, la pittura, la conoscenza e la voglia di cambiamento. Una donna lungimirante che ama rendere vivi gli aspetti della tradizione, a partire dalla scelta dei tessuti per i suoi abiti: dal tartan al tweed e alla lana inglese. La separazione da McLaren, nel 1985, la conduce verso nuovi orizzonti. I suoi abiti diventano più strutturati e di ispirazione storica. Tra il 1985 e il 1989 le sue collezioni vengono presentate a Londra, New York e Parigi, e nel 1990 viene consacrata dal titolo di British Designer of the Year. Nel 1992 la regina Elisabetta II la invita a Buckingham Palace per conferirle l’onorificenza dell’Order of British Empire, e ovviamente Vivienne non può fare a meno di piroettare davanti ai fotografi, svelando al mondo che sotto il suo lussuoso completo grigio, non ha la biancheria intima! Nello stesso anno sposa Andreas Kronthaler, uno studente eccentrico e geniale, che la supporta emotivamente e che, negli ultimi anni, si fa carico di gran parte del lavoro in azienda. Si fida ciecamente di lui e gli affida anche una linea tutta sua. Sicuramente una relazione che non è convenzionale ma dove ognuno è fonte d’ispirazione per l’altro. LEGGI ANCHE: Come mantenere un giusto equilibrio tra vita privata e lavoro spiegato da tre donne di successo
    Credits: www.luukmagazine.com

    Guerriera della moda, combattente per l’ambiente

    Una donna che non sa cosa significa arrendersi e che vuole lasciare il segno. In un passaggio del film, afferma: “Ero davvero una donna con una missione”. Negli ultimi anni è diventata sempre più sensibile al tema della salvaguardia dell’ambiente. Da sempre dalla parte dei più deboli e degli outsider, lotta fianco a fianco di Greenpeace e contro il riscaldamento globale. Nel film ci sono delle scene in cui gira la campagna contro il fracking, una tecnica per estrarre il gas naturale anche da sorgenti non convenzionali. Il suo attivismo non si limita solo alla questione ambientale, ma si batte anche per i diritti umani, con l’associazione Liberty, e collabora anche con Reprieve e Amnesty International. Come dimenticare il  suo video in collaborazione con PETA? Nuda, con solo una cuffia in testa, si rivolge ai suoi fan per preservare l’approvvigionamento idrico nel mondo, evitando il consumo di carne e invitandoli, quindi, a diventare vegetariani. Il tutto si riflette anche nella mission della sua maison, cosciente dell’impatto della moda sull’ambiente, lavora con materiali naturali e poco impattanti. Inoltre, nei suoi store, è affisso uno slogan chiaro e conciso: buy less, choose well, make it last, ossia compra meno, scegli meglio e fallo durare. “Non sto cercando di fare solo vestiti, credo di dare una bellissima opportunità alle persone di esprimere la loro personalità. E ciò ha a che fare con la ribellione, è qualità non quantità. Questa è la vera ribellione per me”. E come darle torto, lei stessa ammette che la sua azienda è cresciuta così velocemente che i prodotti sono troppi e che sta cercando di ridurre le cose. E ci sta riuscendo. Il suo attivismo non è fatto di sole parole.

    Le parole della regista Lorna Tucker

    “Volevo che le persone vedessero con quale determinazione è riuscita a realizzarsi senza un’istruzione universitaria, soltanto con il lavoro duro. Era importante che gli spettatori vedessero questa donna, talvolta eccentrica ma sempre profondamente radicata ai suoi valori”. La sua indole provocatrice, il suo genio e la sua curiosità sono stati fondamentali e le hanno permesso una vera  rivoluzionare nella moda, suscitando clamore, scandalo ma soprattutto incredulità e tanta ammirazione. Vivienne Westwood è molto più punk ora di quanto lo fosse negli anni Settanta. Attenta osservatrice del mondo, trae ispirazione dai posti più impensabili, dopo una visita a una galleria d’arte, trovando spunto in un quadro o leggendo una poesia giapponese per ideare nuovi abiti. Il mondo è la sua passerella e vuole salvarlo. In fin dei conti o la si ama o la si odia, ma come si fa a resistere a quegli occhi azzurri come il cielo e vivi  e ardenti come un fuoco? Lunga vita alla regina del punk!