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Una cosa è l'entusiasmo, un'altra la dipendenza dal lavoro. Il cosiddetto workaholism può essere pericoloso e peggiorare il rendimento del dipendente. Oltre ad avere effetti negativi sulla vita della persona e a rendere difficile il suo rapporto con la famiglia, il workaholism non porta a una crescita della produttività. È qualcosa di più dello stacanovismo, è una compulsione malsana, una vera a propria dipendenza dal lavoro.
Il disturbo è ancora poco conosciuto ma venne teorizzato per la prima volta già nel 1971 nel libro “Confession of a workaholic” dello studioso Edward Oates e fu definito come una new addiction, una patologia. Di cadervi, almeno in un periodo della vita, capita a più persone di quante si pensi.
In Giappone è un problema e se ne discute in relazione al karoshi, le morti per infarto dovuto al troppo lavoro. Il dibattito è vivo anche in Germania, dove un recente rapporto di cinque consiglieri economici del governo propone di abolire la giornata lavorativa di otto ore.
«Le aziende hanno bisogno della certezza che non infrangono la legge se un impiegato partecipa di sera a una conferenza telefonica e se a colazione legge le mail», si legge nel documento. Ma così a rischio è la salute del lavoratore.
Il workaholism può svilupparsi quando i dipendenti percepiscono che lavorare oltre l’orario di lavoro anche a casa, nei fine settimana o durante le vacanze, è considerata una condizione indispensabile per il successo e l’avanzamento di carriera. Ma la droga da lavoro colpisce molto anche i liberi professionisti, ossessionati dal dover aumentare il proprio giro di affari. A essere più soggetti al workaholism sarebbero i figli di genitori che chiedono alti standard e performance sempre eccellenti nelle attività scolastiche ed extrascolastiche.
Uno studio dell'Università norvegese di Bergen ha individuato sette segnali per distinguere un workaholic da una persona che lavora tanto. Se almeno a quattro di queste affermazioni rispondi “spesso” o “sempre” vuol dire che cominci a essere dipendente dal lavoro:
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Oby Bamidele, coach e formatrice statunitense, suggerisce cinque modi per uscire dal workaholism:
Il workaholism può svilupparsi quando i dipendenti percepiscono che il lavorare oltre l’orario di lavoro anche a casa, nei fine settimana o durante le vacanze, è considerata una condizione indispensabile per il successo e l’avanzamento di carriera. Ma la droga da lavoro colpisce molto anche i liberi professionisti, ossessionati dal dover aumentare il proprio giro di affari.