Ti sei mai chiesto che cosa spinga un utente a compiere un’azione sui social?
Sicuramente se lo chiedono i brand e le aziende che, quotidianamente, faticano per produrre contenuti in grado di raggiungere un alto livello di engagement. “Perchè questo Facebook post ha raggiunto 20.000 likes? Qual è l’immagine migliore da condividere per ricevere più commenti?”
Queste domande sono all’ordine del giorno, e il motivo è semplice: riuscire a capire cosa passa per la mente di un consumatore, è la chiave per catturare la sua attenzione sui social.
Ovviamente non è così semplice, ma c’è una cosa che ci può aiutare in questo e si chiama psicologia, o meglio Neuromarketing. Ma visto che stiamo parlando di social media… perché non chiamarlo Neurosocial?
Qualsiasi sia il termine utilizzato, l’obiettivo finale è fondamentalmente lo stesso: lo studio di tecniche di Social Media Marketing e di comunicazione che, grazie all’aiuto delle neuroscienze, riescano ad influire in maniera più efficace sui processi decisionali del consumatore, in questo caso sulle piattaforme social.
Quali sono queste tecniche? Vediamo 3 esempi.
Storytelling
“Il Marketing non riguarda più solo le cose che fai, ma le storie che racconti.” [Seth Godin]
Si parla ovunque di Storytelling e di come i brand dovrebbero integrarlo nella loro social strategy, ma quanto riesce effettivamente ad influenzare l’utente?
Credits infografica: SEOpressor
Il 90% degli acquisti online è dettato dalle emozioni che il consumatore prova durante il buyer’s journey: se vuoi che il tuo contenuto funzioni davvero, deve riuscire ad emozionare e a coinvolgere l’utente.
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Social proof
Quello del social proof è un concetto molto semplice: descrive infatti il naturale istinto umano che ci porta a fidarci delle testimonianze, delle esperienze e dei consigli di altri consumatori. Una sorta di WOM - Word of Mouth, ma specifico del mondo social.
Uno studio condotto da YotPo su 500 diversi portali web dimostra come il loro traffico sia aumentato del 50% in soli 3 mesi, grazie all’aggiunta di social reviews sulle piattaforme.
Ma perché? Solitamente, gli utenti danno per scontato che le opinioni e le azioni di altri utenti come loro siano veritiere, e per questo vanno seguite. Ovvero: se 1.000 utenti hanno comprato un prodotto e hanno lasciato una recensione positiva sulla pagina Facebook, perché non dovrei farlo anche io?
Laughter
Sapevi che quando ridi il tuo cervello produce endorfina, una sostanza che ti rende felice e che cambia letteralmente la tua percezione del mondo esterno?
I brand lo hanno già imparato ed è per questo che fanno a gara per chi sforna contenuti più divertenti ed ironici, per instaurare un rapporto più intimo con l’utente (sfruttando tecniche come ad esempio il real-time marketing).
Ma si sa, non tutti hanno lo stesso senso dell’umorismo, quindi a volte bisogna stare attenti per non inciampare in un #EpicFail ;)
Concludendo, tutte queste tecniche sono volte a far sì che l’utente compia un’azione nei confronti del brand (si spera positiva!), in modo da instaurare una sorta di “connessione psicologica” che inconsciamente lo porti a ricompiere la stessa azione in futuro.
Ma non c’è da spaventarsi: nessuno sta cercando di leggere nella tua mente… it’s just Neurosocial, my friend!