Il Muslim Ban, l'ordine esecutivo emanato da Trump lo scorso venerdì 27 gennaio, prevede un blocco di 90 giorni degli ingressi negli Stati Uniti di persone provenienti da sette paesi a maggioranza islamica.
L'ordine esecutivo ha fatto indignare migliaia di persone, lo stesso Obama ha criticato pubblicamente la nuova amministrazione pochi giorni dopo la fine del suo mandato, e la faccenda, in termini di tradizione americana, è veramente rara.
Le più grandi aziende americane si sono mosse per manifestare, a loro modo, contro il decreto anti-immigrazioni. Howard Schultz, fondatore di Starbucks, ha fatto sapere che assumerà 10.000 rifugiati in tutto il mondo nei prossimi cinque anni in risposta al decreto di Trump.
Come hanno reagito invece i più importanti manager del Tech?
Contro il Muslim ban: Sundar Pichai, CEO Google
Mentre alcuni dipendenti di Google hanno manifestato fuori dalle sedi della società in tutto il mondo, documentando la protesta sui social media con l'hashtag, #GooglersUnite, il CEO di Google Sundar Pichai ha scritto una nota interna attraverso la quale fa sapere che:
È doloroso vedere il costo di questo ordine esecutivo sui nostri colleghi. Abbiamo sempre reso noto il nostro punto di vista in materia di immigrazione e continueremo a farlo.
E aggiunge:
Siamo preoccupati per l'impatto di questo ordine e per le eventuali proposte che potrebbero imporre restrizioni sui Googler e le loro famiglie, o che creano barriere nell'ingresso di grandi talenti negli Stati Uniti.
Tim Cook, CEO Apple
Tim Cook, CEO di Apple, ha inviato una mail ai propri dipendenti in cui afferma che senza immigrazione la sua azienda non esisterebbe. Di seguito un piccolo estratto della mail:
Apple è aperta. Aperta a tutti, non importa da dove vengono, che lingua parlino, chi amino o di quale religione siano. I nostri dipendenti rappresentano i migliori talenti al mondo e il nostro team è formato da persone provenienti da ogni angolo del globo. Tutto è racchiuso nelle parole di Martin Luther King: possiamo essere tutti giunti su navi differenti, ma siamo nella stessa barca ora.
Mark Zuckerberg, CEO Facebook
Mark Zuckerberg ha risposto attraverso un post su Facebook sostenendo di essere preoccupato dei recenti ordini esecutivi firmati dal presidente Trump. Nel post sottolinea che la nazione è formata da immigrati e che bisogna esserne orgogliosi, aggiunge che per mantenere un Paese al sicuro bisogna concentrarsi sulle persone che rappresentano realmente una minaccia.
I miei bisnonni provenivano da Germania, Austria e Polonia. I genitori di Priscilla erano profughi provenienti dalla Cina e dal Vietnam. Gli Stati Uniti sono una nazione di immigrati, e dovremmo essere orgogliosi di questo. Come molti di voi, io sono preoccupato per l'impatto dei recenti ordini esecutivi firmati dal presidente Trump.
Dobbiamo mantenere questo Paese sicuro, ma dovremmo farlo concentrandoci su chi effettivamente rappresenta una minaccia. Ampliare l'attenzione delle forze dell'ordine al di là di coloro che costituiscono una vere minaccia renderebbe tutti gli americani meno sicuri, deviando le risorse, mentre milioni di persone senza documenti che non rappresentano una minaccia vivranno nella paura di essere espulse.
Dobbiamo anche tenere le porte aperte ai rifugiati e a coloro che hanno bisogno di aiuto. Questo è ciò che siamo. Se avessimo allontanato i profughi pochi decenni fa, la famiglia di Priscilla non sarebbe qui oggi.
Detto questo, mi ha fatto piacere sentire il presidente Trump dire che sta per "lavorare su qualcosa" per i Dreamers - gli immigrati che sono stati portati in questo paese in giovane età dai loro genitori. In questo momento, 750.000 Dreamers beneficiano del programma Deferred Action for Childhood Arrivals (DACA) che permette loro di vivere e lavorare legalmente negli Stati Uniti.Spero che il presidente e la sua squadra continuino a proteggerli sul posto, e nel corso delle prossime settimane lavorerò con il nostro team a FWD.us per trovare altri modi con i quali aiutare.
Sono contento che il presidente ritenga che il nostro paese dovrebbe continuare a beneficiare dell'ingresso nel Paese di "persone di grande talento".Questi per me, oltre che per la mia famiglia, sono problemi personali. Alcuni anni fa, ho tenuto una lezione in una scuola media locale in cui alcuni dei miei migliori studenti erano privi di documenti. Sono il nostro futuro. Siamo una nazione di immigrati, e tutti beneficiamo quando i migliori e i più brillanti di tutto il mondo possono vivere e lavorare qui. Spero che troviamo il coraggio e la "compassione" per unire le persone e rendere questo mondo un posto migliore per tutti.
Satya Nadella, CEO di Microsoft
Dopo una mail interna inviata dal presidente Microsoft, Brad Smith, Satya Nadella ha pubblicato un articolo su Pulse nel quale fa sapere:
Come azienda, Microsoft crede in un sistema forte e bilanciato di immigrazione che premi talenti e le competenze. Crediamo inoltre nelle opportunità più ampie dell'immigrazione, come le protezioni per i giovani di talento e rispettosi della legge nel programma Deferred Access for Childhood Arrivals (DACA), spesso chiamato "Dreamers". Noi crediamo che le leggi sull'immigrazione possono e devono proteggere la popolazione senza sacrificare la libertà di espressione o di religione delle persone. E crediamo nell'importanza di proteggere i rifugiati legittimi e rispettosi della legge le cui vite sono messe a rischio in una procedura di immigrazione.
E aggiunge:
Come immigrato e come amministratore delegato, ho sperimentato e visto l'impatto positivo che l'immigrazione ha sulla nostra società, per il Paese e per il mondo. Continueremo a offrire il nostro sostegno su questo importante argomento.
Reed Hastings, CEO Netflix
Reed Hastings ha risposto al muslim ban di Trump sostenendo che si tratta di una mossa anti-americana e ha aggiunto che questo decreto finirà per rendere meno sicura la nazione.
È il momento di unire insieme le braccia per proteggere i valori americani di libertà e di opportunità.
LEGGI ANCHE: Barron Trump, Atac e la giornata della Memoria, Juventus su Instagram, #FreeMelania: Epic Win Fail della settimana
Jeff Bezos, CEO Amazon
La risposta di Jeff Bezos è probabilmente la più dura. Il CEO di Amazon ha voluto parlare con i propri dipendenti ricordando loro che:
Siamo una nazione di immigrati: i background, le idee e i punti di vista differenti ci hanno aiutato a costruire e inventare questa nazione per oltre 240 anni. Nessuna nazione ha saputo sfruttare meglio le energie e i talenti degli immigrati. È un vantaggio competitivo distintivo per il nostro Paese - un vantaggio che non dobbiamo indebolire.
Inoltre ha fatto sapere ai propri dipendenti che tutte le risorse, legali e non solo, di Amazon sono a loro disposizione.
Brian Chesky, CEO Airbnb
Brian Chesky ha fatto molto di più dei suoi colleghi. Attraverso un tweet ha annunciato che offrirà un alloggio gratuito ai rifugiati e ai non ammessi negli Stati Uniti.
Airbnb is providing free housing to refugees and anyone not allowed in the US. Stayed tuned for more, contact me if urgent need for housing
— Brian Chesky (@bchesky) 29 gennaio 2017
Non è mancata la mail al team nella quale ricorda:
Il blocco dell'ingresso in America per i rifugiati e per quelle persone che non sono una minaccia semplicemente perché provengono da un certo Paese è ingiusto e noi dobbiamo stare accanto a coloro che ne sono colpiti. Le porte verso l'America rimarranno aperte, e quelle che sono chiuse, non lo saranno a lungo.
Sean Rad, CEO Tinder
Secondo Sean Rad, che ricordiamo essere di origini iraniane, ci sono altri modi per affrontare i problemi sull'immigrazione. Riguardo alle tante proteste ha affermato:
Sono contento che il popolo americano sia libero di protestare contro ciò di cui non è d'accordo, anche quando lo fa il Presidente.
Ciò che si augura è che il presidente Trump ascolti gli americani poiché nessuno è perfetto, nemmeno il presidente degli Stati Uniti.