La scorsa settimana Twitter ha annunciato la chiusura di Vine, celebre app per la pubblicazione di video loop di massimo sei secondi.
La startup era stata acquisita nel 2012 per 30 milioni di dollari, con la speranza che video brevi e facilmente condivisibili potessero aumentare il traffico su Twitter.
In questi quattro anni Vine ha però dovuto fronteggiare concorrenti agguerriti come Instagram, Snapchat e lo stesso Facebook, senza nessun rinnovamento o integrazione nelle sue funzionalità, eccetto qualche piccolo aggiornamento. Ha finito così per perdere progressivamente il suo potere di attirare nuovi user.
Nonostante ciò, l’app è rimasta molto apprezzata dai suoi utenti più fedeli e alcuni tra i Top Viner hanno persino tentato un accordo per salvarla, non solo proponendo un piano di pubblicazione di contenuti per generare visite ed engagement, ma anche proponendo una serie di miglioramenti del prodotto che avrebbero potuto renderlo più semplice da utilizzare e quindi più appetibile ai nuovi utenti.
Vendere o non vendere? Alcune considerazioni dopo la chiusura di Vine
Gli interrogativi sulla scelta di Twitter non si fermano, ma rinunciando alla vendita gli utenti potranno preservare il proprio archivio video e di conseguenza anche i tweet collegati.
L'opzione chiusura, inoltre, mette a riparo il brand da un altro rischio: la proposta di acquisizione da parte di Pornhub.
Non ultima, infine, la motivazione economica: il processo di vendita potrebbe essere troppo costoso per una società che dichiara di voler abbattere i costi. Offrire la tecnologia dietro Vine potrebbe significare regalare delle competenze per la creazione di un altro prodotto competitor per Twitter.
LEGGI ANCHE: Twitter chiude Vine: quando le potenzialità del contenuto non bastano
Anche WhatsApp a rischio?
Vine non è la prima app ad essere chiusa dopo un’acquisizione importante.
Rimanendo in Italia, possiamo pensare alla vicenda di Pizzabo: dopo essere stata venduta al suo maggior competitor, Justeat, la startup e i suoi dipendenti hanno visto definitivamente svanire i sogni di grandezza, in un'altra delle comuni storie di colossi che acquistano realtà minori non solo per espandersi, ma anche per soffocare una concorrenza che potrebbe diventare temibile.
I rischi dopo una acquisizione sono tanti. Innanzitutto quello che venga fagocitato da parte dell’acquirente tutto il possibile in termini di tecnologie e competenze, mentre il resto venga fatto morire, senza investimenti in aggiornamenti e miglioramenti nella startup acquisita.
C'è chi si domanda se un futuro simile sia previsto anche per WhatsApp in favore di Messenger.
Per il momento però, dato il numero di utenti dell’app, questo è un rischio ancora lontano. In più, Zuckerberg sembra non lasciare intentato nulla nella sua strategia, per questo non ha lasciato che WhatsApp diventasse obsoleta. Tutt'altro, sono stati molteplici gli aggiornamenti dell’app rilasciati e le nuove funzionalità introdotte.