Quest'articolo è un adattamento dell'originale "Bernie, Hillary, and the Authenticity Gap: A Case Study in Campaign Branding" di Lindsay Ballant pubblicato su Medium lo scorso 29 febbraio 2016.
Il prossimo novembre si svolgeranno le elezioni americane che decreteranno il dopo-Obama. In questo scenario, i contrasti tra i due candidati democratici, Hillary Clinton e Bernie Sanders, sono stati esaminati e commentati in molti modi.
Una delle possibili analisi parte proprio dalla visual identity dei due personaggi, che rivela il loro approccio comunicativo e la loro attitudine politica molto più dei loro atteggiamenti in pubblico. Sotto campagna elettorale (e non solo), ogni candidato diventa un brand. E come per ogni brand, la lettura semiotica del significante rivela molto sul suo significato.
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Non si tratta solo di fare un'analisi estetico-funzionale del logo. Il logo è sì la carta di identità della personalità e della linea politica del candidato, ma è solo il punto di partenza. È tutta la campaign identity che fa il candidato.
Hillary ha voluto Michael Bierut, uno dei designers più conosciuti al mondo, per disegnare il suo logo. L'estetica e l'equilibrio scelti da Bierut esemplificano perfettamente l'approccio della Clinton: l'utilizzo della H, dell'iniziale del suo nome espressa in un font moderno ed extra bold, hanno l'intento di renderla una superstar, un simbolo, una stella del firmamento. Memorabile e potente a livello visivo, la forza dell'H sta proprio nella sua sintesi. La sintesi di un'icona.
Anche i colori sono precisi. Il blu scuro, autorevole e istituzionale, parla di stabilità, di democrazia più "tradizionalista", mentre il rosso pieno della freccia è perentorio, acceso, identifica la volontà di progresso.
La composizione è impeccabile, la declinazione è perfetta: il logo diventa un contenitore e può essere customizzato, modificato e adattato a necessità diverse. Può diventare esso stesso un grafismo o la parte di un copy da evidenziare. Tutto il roll-out è coerente e pensato tradizionalmente. Razionale, costruito in maniera rigorosa.
Sanders parla in maniera del tutto diversa. La sua identity è stata sviluppata da Wide Eye Creative, uno studio di DC specializzato in comunicazione politica per gli schieramenti democratici. Niente che parli di storia del design.
Il logo, che verbalizza un semplice "Bernie", non è in realtà nulla di particolarmente innovativo, anche se dice molto del candidato. L'utilizzo del nome proprio per intero è più caldo, amichevole, diretto. Americano. La scelta del font e dei colori - azzurro e rosso desaturato - comunica un atteggiamento positivo e progressista, fuori dal mainstream dell'istituzionalità classica tipica del branding politico degli altri candidati.
Ma non è il logo il punto forte di Sanders.
La visual campaign di Hillary è rigida. Rinforza l'idea stessa di establishment a cui la Clinton appartiene. È controllato, calcolato.
E allo stesso modo il suo merchandise ufficiale è regolato, pulito, creativamente "organizzato". Alcuni sostenitori di Sanders sostengono che il merchandise di Hillary parli più del lancio di un prodotto che di una persona reale, e che i supporters della Clinton ogni volta appaiano come vestiti in uniforme.
Nel caso di Sanders il tono di voce è anche stavolta opposto. Tutto è molto più intriso di passione, di entusiasmo animato da una volontà reale di cambiamento. Il merchandise è molto più disomogeneo, a volte virale e nemmeno così politically correct. Ma parla un linguaggio autentico. E soprattutto in moltissimi casi è user-generated. T-shirt, gadget, opere d'arte, illustrazioni, meme virali che parlano di Sanders sono spesso lanciati e diffusi dagli stessi fan di Bernie.
La differenza si percepisce anche negli hashtag più popolari legati ai due candidati: #ImWithHer e #FeelTheBern.
Il primo è un hashtag creato ad hoc dall'ufficio comunicazione di Hillary, "sponsorizzato" e sostenuto da testimonial che ne hanno aiutato il lancio. Il secondo invece è partito da un gruppo di volontari che sostengono la candidatura di Sanders: la rete l'ha amato e così ha fatto il giro del mondo attraverso i social, scuotendo gli animi degli elettori in maniera sincera.
Anche su Reddit la "Bernie fever" si è accesa con il lancio un contest per disegnare il nuovo poster-icona di queste elezioni, come a replicare il leggendario "HOPE" creato per Obama. A vincere è stato il poster "Not Me Us", che è piaciuto così tanto a Sanders da portarlo dentro la campagna social #AmericaTogether e farlo tradurre in 13 lingue.
La pecca di Hillary, nonostante le sue capacità politiche e la sua solidità, sono legate ad un'autoreferenzialità troppo marcata per essere un candidato democratico. C'è troppo controllo e poca spontaneità. Molto establishment e poco cuore, poche persone, poca realtà.
Sanders si è affermato invece come il candidato che sa parlare alle persone e delle persone. Ha saputo ispirare giovani, artisti, pensatori e influencer con la sua autenticità, che quindi si è riflessa in un modo di comunicare genuino e creativo. Il suo logo non è nulla di innovativo perchè, semplicemente, non parla di lui. Perchè l'obiettivo di Sanders, all'interno della campagna elettorale, non è Sanders. Sono le persone, e le persone lo hanno capito.
Dopo questa analisi, cari amici ninja, non ci resta che aspettare il voto degli americani e capire quale strategia di branding sia stata - dati e risultati alla mano - più funzionale.