Questo articolo è stato scritto in collaborazione con Romeo Lippi e Rosanna Crocco.
Playboy USA rinuncia al nudo integrale. Ormai la notizia deve essere giunta alla tua attenzione, ma forse non sai che Playboy Italia ha deciso di non dire definitivamente addio al nudo.
Abbiamo intervistato Andrea Minoia, editore di Playboy Italia, ci spiega come nasce questa scelta.
Come si è evoluto il valore del brand Playboy negli ultimi 60 anni?
Io credo che il valore del brand Playboy sia il primo, vero, assoluto valore di questa iniziativa. Playboy ha una awareness quasi pari al 97%, secondo le ultime ricerche americane. Stiamo parlando di un brand che ha una riconoscibilità al pari di Coca Cola e Nike.
L'evoluzione del brand è semplicemente l'ampliamento di quello che può essere un valore assoluto di "memonicità" associata al mondo maschile ed a quello delle belle donne. Quindi, da questo punto di vista, penso che difficilmente nel mondo dei media maschili ci sia un brand più forte del nostro.
L'edizione italiana come accoglie la scelta da parte di Playboy di rinunciare al nudo integrale?
La scelta di togliere il nudo dalle pagine del cartaceo americano riguarda l'edizione americana. Il brand Playboy opera un vasto programma editoriale che lascia la più completa libertà agli editori di attualizzare e localizzare i contenuti in base alle necessità di mercato.
Per questo, noi non elimineremo la parte di nudo. Prima c'era uno standard editoriale che ci obbligava a trovare donne che volessero posare nude; oggi mi sento più libero di decidere se e quando farlo. La mia intenzione è di lasciare la scelta ai personaggi che vogliamo, saranno le donne, protagoniste delle nostre copertine a scegliere se spogliarsi o no.
Quale storytelling verrà rivolto ai lettori di Playboy?
Quello che secondo me uscirà da questa decisione è il rafforzamento del posizionamento di Playboy inteso come contenuti.
Parliamo di un giornale che ha ospitato i più importanti scrittori mondiali sulle proprie pagine, affronta argomenti di politica, di rilevanza sociale come libertà, emancipazione femminile. Quindi in realtà lo storytelling di Playboy non cambia, anzi forse con questa nuova visione americana sarà in grado di poter approcciare un pubblico più ampio e sicuramente più interessante come quello dei Millennial, per cui il nudo riveste un ruolo marginale. È questa la nuova direzione.
Avere delle donne nude su un giornale non necessariamente deve essere, dal punto di vista dei contenuti, legato all'intrattenimento per adulti. Il nudo è sdoganato praticamente in tutte le riviste di gossip, ma nessuno si immagina che i vari giornali di gossip siano assimilabili all'intrattenimento per adulti. Quella che ha fatto Playboy è una ricerca estetica e di libertà, e penso che l'America abbia voluto dare un taglio definitivo a questo fraintendimento.
Per quello che mi riguarda, credo ci sia ancora spazio per il nudo artistico che ha contraddistinto con lo stile la ricerca di fotografi che sono stati presenti sulle nostre pagine. Il passato è per me, e per l'Italia, il futuro.
Che impatto hanno avuto il digital ed i social media sull'industria del porno?
Per quello che riguarda l'industria del porno, di cui ad essere sincero non sono particolarmente esperto, credo che l'aumento della disponibilità determini un abbassamento di interesse per il singolo mercato verticale, nel senso che se aumenta la disponibilità di un prodotto e/o contenuto, ovviamente, questa va divisa per molti mezzi.
Penso che il cambiamento in Playboy non sia stato determinato dalla presenza del materiale hot online, ma più da un approccio di business legato all'advertising rivolto ai ragazzi più giovani. Il cambio di direzione non è una diretta conseguenza dell'aumento di contenuti hot in rete, anche se è stato espresso in questi termini per voler semplificare il meccanismo che sta dietro. Si tratta un cambio di direzione strategico legato al mondo degli inserzionisti. Non penso che sia una guerra tra porno e Playboy, ma più un ragionamento legato alle dinamiche di pubblicità.
Cosa succederà nei prossimi 5 anni nel mondo dell'editoria?
Immagino che nei prossimi 5 anni ci sarà molta confusione, perché il vero problema è la ricerca per l'editoria di nuovi modelli di proposta agli inserzionisti.
Il contenuto sarà il vero veicolo dei nuovi annunci pubblicitari, quindi il mondo del native sicuramente vedrà un'impennata. Il modello proposto finora in ambito editoriale, secondo me, è già obsoleto quindi non basta la declinazione online di quelli che sono i contenuti cartacei, ma servono nuove grammatiche di contenuto, nuove modalità di ingaggio per gli utenti e soprattutto nuovi modelli pubblicitari.
Anche il native advertising, che in realtà è solo l'estensione online del vecchio mondo dei pubbliredazionali, al momento presenta proprio delle problematiche legate al mondo del web: primo, la duplicazione dei contenuti; secondo, la modalità di tracciamento con cui vengono valutate queste attività (non è il massimo strumento degli inserzionisti, che sono tutti legati alla performance sulla vendita).
Il native advertising potrebbe rivelarsi nel prossimo futuro leggermente sovrastimato in termini di risultato, perché il contenuto serve a fare evangelizzazione dei prodotti, per realizzare nuove attività di product placement, ma non sono convinto che possa costruire aumenti di vendita in modo sostenibile come fa, ad esempio, il digital tradizionale (performance marketing, mail, banner..) e quindi campagne orientate alla performance.
Chi riuscirà ad individuare il modello giusto avrà la chiave vincente per introdurre qualcosa che davvero è in grado di cambiare il mercato dell'editoria che ha un bisogno disperato di un modello che renda sostenibile la produzione dei contenuti.
Chi è secondo te la Playmate di oggi ed in cosa è diversa rispetto a quella Marilyn in copertina del 53?
Alcuni assiomi rimangono immutati. È vero che la playmate nel primo numero di Playboy è stata Marilyn, ma, a parte qualche piccola incursione del mondo delle celebrity, la Playmate è la ragazza della porta accanto.
Il mondo reale è pieno di donne bellissime che non sono Cindy Crawford, e penso che oggi più che mai questa sia la strada corretta per interpretare i desideri dell'uomo, quindi immagino nel futuro playmate sempre più semplici, meno artificiali, non nel senso chirurgico del termine, ma anche più avvicinabili come modello, perché quello che cambia in realtà è una proposta di modello di estetica femminile.
Come è cambiato il piacere di osservare la rotondità di un corpo femminile degli anni '50, anche la scelta delle modelle che stanno sui giornali cambia, ma soprattutto cambia il fatto che oggi la presenza sul nostro giornale delle donne è legata non solo alla bellezza, ma anche alla capacità che hanno di intervenire nella vita pubblica.
Questo è un cambiamento, secondo me, epocale; se ne parla da anni, ma oggi è realtà e questa cosa va in cortocircuito quando le donne al potere sono addirittura belle e dà a noi la possibilità di giocare sul fatto che "guardate cari uomini una donna molto bella più essere veramente molto intelligente". Spesso questa cosa qua viene sottovalutata, perché la playmate del passato è sempre stata lontana, inarrivabile.
Mi piacerebbe renderla sempre più vicina e, secondo me, questa possibilità di non obbligare le nostre modelle a posare nude potrebbe darci delle sorprese interessanti per il futuro e, magari, coinvolgere delle persone che non ti aspetti sulla copertina di Playboy.