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Tecnologia wearable e autismo: il nuovo modo di guardare il mondo attraverso i Google Glass

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Gabriella Conte 

Web Content Writer & Social Media Manager

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Pubblicato il 29/09/2015

Autism-google glass

Tra le pagine ninja non poche volte abbiamo riflettuto sullo sviluppo dei Google Glass in bilico tra successo e oblio. Torniamo anche oggi a gettare lo sguardo sulle possibilità di applicazione di questo dispositivo dal futuro incerto.

La wearable technology sta ridisegnando sempre più la nostra vita quotidiana, le nostre interazioni ed il nostro modo di guardare il mondo. L’entusiasmo e l’ottimismo più genuino scaturito dai dispositivi wearable nasce, però, soprattutto in alcuni ambiti di applicazione, in grado di restituire all’uomo il senso più profondo della tecnologia nei momenti più critici e importanti del suo sviluppo, dimostrando quanto la vera rivoluzione di cui è artefice l'essere umano e il progresso tecnologico al servizio della disabilità.

Healthcare e wearable technology: l’esempio dei Google Glass “intelligenti”

autism1

Che i Google Glass potessero rappresentare una risorsa preziosa in campo medico non è di certo una novità, ma il lavoro di ricerca di Ned Sahin e della sua startup Brain Power sta dimostrando quanto i device wearable possano incidere davvero sulla vita delle persone, in particolare dei bambini autistici.
Con un dottorato ad Harvard ed un lavoro di ricerca al MIT, il neuroscienziato statunitense Sahin ha avviato la sua startup “neurotecnologica” con un unico obiettivo: cambiare la vita delle persone. E quale miglior alleato, se non il Brain Power? Con dispositivo hardware e software dedicato sviluppato da Sahin ed il suo team, i Google Glass sviluppano e ridefiniscono le modalità di interazione e comunicazione dei soggetti autistici.

Wearable devices e autismo

La portata rivoluzionaria è da ricercare, in progetti ambiziosi come questo, nella capacità di trasformare un device wearable in un catalizzatore di innovazione per scienziati ed un vero e proprio alleato per persone diversamente abili.

Ma come possono i Google Glass fare la differenza per un bambino autistico?

L’autismo è un disturbo neuropsichiatrico che incide soprattutto sulle modalità di interazione di una persona con il resto del mondo. Come ogni patologia o disabilità, anche l'autismo porta con sé un universo di problemi e piccoli ostacoli quotidiani non soltanto per chi vive il disturbo sulla propria pelle, nel proprio corpo e nel proprio cervello. Le barriere che si creano tra chi ne è affetto ed il mondo esterno, in grado di stravolgere la vita di un bambino, si rendono visibili attraverso alcuni sintomi, tra i quali disturbi linguistici e comportamenti ossessivo compulsivi. Ned Sahin ha, quindi, provato ad immaginare come la tecnologia wearable potesse diventare un supporto per questi bambini.

Come funziona?

Scarsa reattività agli stimoli, difficoltà ad instaurare un contatto visivo diretto con gli altri e a mantenere alta l’attenzione in una conversazione o nel riconoscere le emozioni dei propri interlocutori, ma anche difficoltà nell’apprendimento del linguaggio e nel controllare i propri comportamenti. Sono questi alcuni dei sintomi sui quali ha lavorato di più Ned Sahin, per poter creare un tool– definito Empowered Brain Suite for Autism - che potesse creare nuove soluzioni, stimoli e modi di vivere l’autismo per i bambini che ne sono affetti e per le loro famiglie.

“We’re making the game of life a little bit more funny.”

Con queste parole, il neuroscienziato americano, ha descritto il funzionamento dei Google Glass reinventati e dedicati al mondo autistico.

Il rifiugio più prezioso ed irrinunciabile per un bambino autistico è il suo mondo interiore ed è proprio a questa ricca risorsa che punta il funzionamento dei Google Glass della Brain Power. Armonizzare e far incontrare l’interiorità dei bambini autistici con il mondo esterno, grazie ad un piccolo wearable device.

Grazie al sistema di app sviluppate dalla Brain Power, infatti, i bambini possono accedere a moduli di gioco che, attraverso un sistema di punteggi e ricompense visualizzabile attraverso i Google Glass, guidano ed insegnano a riconoscere le emozioni degli altri, ma anche a focalizzare la propria attenzione verso l’ambiente e le persone che li circondano. Grazie alle emoji, ad esempio, che appaiono accanto ai volti dei propri interlocutori, i bambini imparano a riconoscere le emozioni degli altri.

I Google Glass Empowered di Sahin si arricchiscono, oltre alle app dedicate, di una pluralità di features in grado di ridefinire il modo di vivere la quotidianità per un bambino autistico ed i suoi cari. Grazie al wi-fi integrato, il bluetooth, il GPS, il giroscopio, la videocamera, i microfoni, ma anche l’accelerometro e gli altoparlanti integrati, il dispositivio wearable reinventato dalla Brain Power consente, ad esempio, di captare e aiutare le famiglie a gestire gli eventuali scatti d’ira del bambino, monitorando i movimenti della testa durante i suoi disturbi o misurandone la reattività agli stimoli ricevuti.

Attraverso le piccole lenti dei Google Glass il mondo diventa diverso per questi bambini, si riempie di stimoli nuovi e sconosciuti, di risorse che fino ad ora potevano ricercare soltanto nella propria immaginazione. Educandoli ad apprendere come dialogare, interagire, esternare le proprie impressioni e conoscere gli altri, i Google Glass diventano complici e compagni di gioco.
Un nuovo tech-toy da disporre nella cesta dei giocattoli? Non proprio.

autism_google glass

Il binomio ricerca e tecnologia sul quale si basa l’idea di Brain Power, la startup fondata da Ned Sahin, è finalizzato a creare dispositivi in grado di sdoganare una patologia, come l’autismo, facendo perno sulla capacità dei digital devices di espandere le opportunità e le modalità con cui il mondo digitale ci rende animali sempre più comunicativi, abbattendo quelle barriere che le disabilità e le patologie neuropsichiatriche possono creare.
Sfruttandone l’aspetto ludico, i Google Glass mostrano la versatilità di cui sono capaci, consentendo di monitorare le prestazioni e le risposte dei bambini mentre seguono le istruzioni di gioco fornite dal software applicato al dispositivo indossabile e dalle app ideate dalla startup.

Google Glass: sì o no?

Come può la wearable technology aiutare davvero un bambino affetto da autismo? Poco importa, in questo caso, se i Google Glass siano il device più o meno riuscito in casa Big G, ciò che fa la differenza è la potenzialità che Ned Sahin ha visto in questo wearable device.

La capacità di non interporre un’ennesima barriera tra il bambino autistico e l’ambiente circostante, incentivandolo a non rifiugiarsi soltanto nella propria interiorità, ma donandogli uno sguardo nuovo per potersi guardare intorno, a non farsi risucchiare dagli schermi dei propri dispositivi elettronici, aiutandolo ad interagire con il mondo e a capirlo guardandolo da uno schermo che crea un vero e proprio ponte il proprio mondo e quello degli “altri”.

Ned Sahin, con Brain Power, è riuscito a guardare ai Google Glass da una prospettiva diversa, che integra la leggerezza e l’importanza del gioco nella crescita di un bambino alla complessità e la solitudine che l’autismo crea nella vita delle persone affette da autismo e dei loro cari.

Ancora una volta la tecnologia mostra il suo volto più umano, in grado di incidere davvero sulla vita delle persone, con uno sguardo fiducioso alle risorse e il futuro della wearable technology ancora da scoprire e reinventare.

Scritto da

Gabriella Conte 

Web Content Writer & Social Media Manager

Curiosa, pignola e sempre alla ricerca di una buona scusa per viaggiare ed imparare una nuova lingua. Social media manager, traduttrice e web content writer. Mi interesso di… continua

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