di Giuseppe Arnesano
Dopo il coloratissimo tram di Milano, questa settimana Streetness osserva con attenzione un’importantissima realtà italiana che, da più di 80 anni, è leader internazionale nel campo della moda e degli accessori dedicati al mondo femminile. Oggi vi raccontiamo l’esperienza di Furla e di come, a suo modo, ha voluto richiamare la Street Art sulla propria nuova collezione di borse.
La storica azienda bolognese, che dopo la costituzione della Fondazione nel 2008 ha aggiornato la sua mission puntando maggiormente sulla creatività, l’arte e la moda dei giovani emergenti, da qualche mese ha lanciato la nuovissima.
In questo modo gli intramontabili modelli delle borse Furla, come il bauletto Candy, la pochette Royal, il portafogli Babylon e la borsa bandoliera Metropolis, cambiano decisamente design, stile e colori. Questa speciale edizione primavera-estate 2015, quindi, si presenta come un must accattivante ed esplosivo proposto in differenti abbinamenti cromatici.
In verità, le immagini che si distendono sui diversi modelli dell’azienda si ispirano, variamente, allo stile urban e, anche se alla lontana, alla pop art: gli stili ricordano il lettering, le tags e addirittura i fumetti, ma forse tutto questo è stato pensato con poca attenzione nei confronti di un fenomeno artistico decisamente trasversale e che gli ultimi tempi è riuscito ad attirare su se stesso l’attenzione dei maggiori market leader mondiali.
Come è stato raccontato negli articoli precedenti, anche altre e famose aziende italiane e non solo hanno guardato alla Street Art e creduto in contest particolari, ben strutturati e che hanno interessato in prima persona – questo è il vero plus che ci sentiamo di dire sia, oramai, irrinunciabile – i migliori street artist al mondo.
La questione a noi sembra semplice: un tempo bastava riferirsi al fenomeno per intero, sia per estetica sia per performance, per soddisfare una clientela, di varia specie e verso varia merceologia, desiderosa di collegare i propri acquisti alla percezione di un segno urbano e del suo capitale immaginifico; da qualche anno, tuttavia, occorre premiare l’autore, lo street artist con come e cognome, la sua storia, il suo premio estetico che rende agli oggetti commerciali per i quali la sua creatività viene ingaggiata.
Il pensiero è dunque che, forse, qualcuno avrà scritto Furla nello stile di graffiti o qualcosa del genere, campionando ed adattando segni e forme tipiche del fenomeno intero, e questo basta all’azienda e al mercato; ma questo mondo, il più recente, cresciuto nella lunga e lenta lievitazione culturale della street art probabilmente sarà appagato da qualcosa di più preciso, che ci auguriamo Furla doni al proprio target, coltivandone a suo volta il gusto e qualificando così il suo passeggio.