Il primo semestre del 2014 non è stato un bel periodo per le startup nostrane. I dati dell'AIFI, l'Associazione italiana del private equity e venture capital, parlano di un massiccio calo degli investimenti early stage nel nostro paese.
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I dati dello scorso anno
Nel 2013 la situazione era più rosea, le startup hanno beneficiato di investimenti per 81 milioni di euro, suddivisi in 158 operazioni. Il dato relativo al primo semestre era di 28 milioni in 65 operazioni.
Il primo semestre 2014
I dati relativi ai primi mesi di quest'anno sono tuttaltro che incoraggianti: 17 milioni di euro per 54 operazioni. Solo 9 milioni sono stati investiti da parte di operatori specializzati negli early stage per le startup.
Possibili prospettive
Con un dato parziale così poco incoraggiante c'è poco da stare sereni, c'è un clima di sfiducia da parte degli investitori le cui cause sono molteplici.
Il primo ostacolo è il sistema normativo italiano troppo rallentato dalla burocrazia ed ostacolato ulteriormente dall'aumento della tassa sul capital gain. Inoltre i pochi interventi pubblici sotto forma di prestiti e non di investimenti in equity non agevolano le startup.
Un altro problema è di mentalità e credibilità: i giovani imprenditori italiani faticano nel rendersi credibili e nel venire incontro agli investitori.
Una speranza di ripresa è legata all'investimento di ben 50 milioni da parte della Cassa Depositi e Prestiti, ma ancora non sono chiare le modalità di erogazione di tali fondi.
Purtroppo l'Italia è un paese poco incline ad investire sulle startup e spesso gli imprenditori nostrani sono costretti a ricercare altrove investimenti da parte di business angel stranieri. Puntare sui nostri giovani potrebbe essere un modo per rilanciare la nostra economia e aumentare il tasso di occupazione tra i giovani.
Nuovi e consistenti investimenti, sia pubblici che privati, potrebbero rallentare l'emorragia di cervelli che attanaglia il Belpaese e migliorare la nostra economia.