MBTI (Myers Briggs Type Indicator), PAPI (Personality and Preference Inventory), TAT (Thematic Apperception Test), sono solo alcune delle molte abbreviazioni che indicano i principali test psicologici della personalità usati durante i colloqui di lavoro da parte degli addetti HR.
Oggi ci chiediamo quanto questi siano realmente efficaci in determinate sedi e quanto effettivamente i loro risultati siano davvero veritieri e indicativi di una personalità adatta ad una determinata carriera e occupazione.
Andando a leggere e studiare i risultati di alcune ricerche effettuate, siamo giunti a conclusioni significative.
Test della personalità, una giusta prova di selezione
Nonostante siano metodi in parte molto criticati, perché come è largamente risaputo la personalità è un “fenomeno” altamente relativo e per questo non facilmente standardizzabile, ma, piuttosto, suscettibile di modificazioni nel corso di situazioni ed eventi anche particolari della vita di un individuo, l’uso dei test che comprendono tale aspetto, in fase di reclutamento, è sempre una prova molto gettonata da parte dei recruiter.
"MBTI, Sosie e PAPI. Queste sono le prove di valutazione più comunemente utilizzate in Francia”, dice Antoine Morgaut, amministratore delegato per l’Europa e il Sud America al recruiter Robert Walters (RWA.L).
Non a caso, anche secondo l'indagine francese “Sourcing Cadres 2013” dell'”Association pour l'emploi des cadres” (APEC), condotta da gennaio 2012 a febbraio 2013, i test di personalità si confermano sempre il migliore modo per designarne il profilo psicologico-professionale di un aspirante candidato a un determinato tipo di impiego.
A cosa serve un test della personalità in fase di recruiting?
Pratica ormai frequente è quella di utilizzare come strumento di valutazione, in fase di recruiting, i test. Tali strumenti forniscono generalmente valutazioni attendibili delle conoscenze possedute dagli aspiranti candidati e possono essere per questo di tipo diverso.
Si hanno, di fatti, test di sviluppo intellettuale generale, test di abilità specifiche o attitudinali, test di acquisizione e i già menzionati test di personalità. Quest’ultimi hanno la particolare funzione di indagare sugli aspetti motivazionali, affettivi, comportamentali, che portano a reagire all'ambiente in modo personale e prevedibilmente costante da parte di un individuo.
Lo scopo di un test sulla personalità è quello cioè di esaminare la nostra personalità in base a varie scale di valutazione.
Delicata, per questo motivo, è l’interpretazione dei suoi risultati. Non esistono risposte idonee o meno a tale tipo di prova, lo scopo è comunque quello di collocare la persona giusta al posto giusto.
La personalità non è tutto!
Testons les tests!, l’indagine della Neoma Business School, pubblicata il 10 Febbraio scorso, afferma, di fatti, proprio questo. Nonostante la maggior parte degli addetti HR, come su scritto, dichiara che tali test siano molto efficaci in fase di selezione di un candidato, la ricerca, invece, risponde che tali prove non sono e non devono essere gli unici indici su cui poter effettivamente e realmente contare.
Effettuare tali test non determina, infatti, in maniera univoca e non permette di pronosticare in toto il comportamento professionale di un individuo perché
"Il comportamento dipende sempre dal contesto e i test non tengono assolutamente conto di questo e non sono soprattutto costruiti su questo", spiega lo psicologo Jean Pralong.
Ci sono quindi tutta una serie di fattori situazionali, ambientali, ad esempio, che non possono essere quantificati e categorizzati con una semplice prova, ma che un bravo recruiter deve comunque tenere conto e saper individuare in fase di selezione.
La personalità è un indice che predice molto bene alcuni parametri individuali e professionali di una persona, ma la ricerca su menzionata ci ricorda che è sempre utile trovare tracce di valutazione più promettenti e affidabili.
Il peso dei Test nelle assunzioni
Le aziende sono sempre più attente e rigorose nelle valutazioni dei candidati perché un errore di assunzione può avere conseguenze negative in termini di costi, ma anche e soprattutto di equilibrio nell'ambiente di lavoro.
Ecco perché sempre più reclutatori lasciano perdere i test di personalità e creano piuttosto delle prove che corrispondono maggiormente ai bisogni specifici della loro azienda.
La proposta di Testons les test!, come anche di molte odierne ricerche, non è tanto quella di condannare i test di personalità e suoi risultati, i quali dimostrano comunque che gli indicatori su cui fanno riferimento sono indici ad ogni modo affidabili per individuare un "buon" il comportamento professionale, ma bisogna comunque valutarli e adottarli con una certa accortezza.
Test della personalità, quanto conta davvero?
Con i test della personalità il soggetto esaminato può imparare a conoscersi meglio, mentre l'analista lo usa per situare un individuo rispetto agli altri e per prevedere il suo comportamento in alcune situazioni. In ogni caso, ci sono decisioni da prendere e il test non permette di prendere la decisione in sé, ma di categorizzare, prima ancora di sapere a quale categoria corrisponde la situazione in questione.
Si può azzardare nel dire, a tal proposito, che questo aspetto è poco "umano" perché la categorizzazione va contro le sfumature che caratterizzano in definitiva ogni individuo.
È davvero, quindi, cosa buona e giusta utilizzare i test della personalità nei colloqui di lavoro? Sono realmente affidabili, veritieri ed efficaci in determinate situazioni? E se non sono davvero così importanti, ci sono migliori indicatori per gli addetti HR per valutare un aspirante candidato in sede di reclutamento?
A voi la parola.