Il colosso dell’ecommerce cinese Alibaba, di cui avevamo già parlato qui poco più di un anno fa, ha scelto Wall Street per la sua imminente quotazione in borsa, incaricando cinque banche (Credit Suisse, Deutsche Bank, Goldman Sachs, JpMorgan Chase e Morgan Stanley), che riceveranno lo stesso ammontare di commissioni per la transazione pari probabilmente all’1% del capitale raccolto.
I business media si stanno occupando da un anno di questa operazione, le aspettative sono alte, gli articoli titolano con superlativi relativi “la più grande offerta pubblica della storia tra le società tecnologiche”. Del resto definire Alibaba come un ecommerce è piuttosto riduttivo, in un articolo di Forbes viene identificato come una combinazione tra Amazon, Ebay e Paypal. Il motivo è che accanto al brand Alibaba ci sono rispettivamente un sito di vendita B2C Taobao e un servizio di pagamento chiamato Alipay.
Detenere l'80% del commercio elettronico cinese implica che per la popolazione cinese Alibaba è sinonimo e-commerce tanto quanto per noi italiani Nutella significa crema alle nocciole.
Passiamo ai numeri per capire meglio di cosa si tratta:
- 21,000 dipendenti lavorano per Alibaba, il che significa più dei dipendenti di Yahoo e Facebook insieme.
- 248 miliardi di dollari è il fatturato del gruppo Alibaba nel 2013, il che significa più della somma dei fatturati di Ebay ed Amazon dello scorso anno.
- Taobao è uno dei 20 siti più visitati quotidianamente al mondo.
- 24% è la quota di azioni detenute da Yahoo, valutate 37 miliardi di dollari, acquistata nel 2005 per 1 miliardo di dollari.
- 2020 è l’anno in cui si prevede che la crescita del mercato e-commerce cinese arrivi a superare la somma degli esistenti mercati di America, Inghilterra, Giappone, Francia e Germania combinate.
- 60% è la percentuale di spedizione targate Alibaba rispetto al totale di spedizioni cinesi.
- 3,06 miliardi di dollari è il record di fatturato giornaliero.
La stima della capitalizzazione di Alibaba nelle due ipotesi (ottimistica e pessimistica) si aggira nel range tra 136 e 250 miliardi di euro, il che significa posizionarsi nella migliore delle ipotesi tra Microsoft e IBM.
Le dichiarazioni del fondatore Jack Ma, attualmente detentore dell’8,9% del capitale, si esprimono con l’intenzione, più che prudenziale, di raccogliere un miliardo di dollari a Wall Street.
La IPO di Alibaba è continuamente comparata a quella del 2012 di Facebook, perché secondo le stime è proprio intorno ai 15 miliardi di dollari che si aggira la possibile quotazione, rispetto ai 16 di Zuckemberg. Altra differenza che viene sottolineata da più fonti è come Alibaba sia pressoché sconosciuta, o addirittura snobbata dalle aziende della Silicon Valley.
Gli investimenti del colosso cinese iniziano però a riguardare l’America sempre più da vicino, tramite l’acquisizione di ShopRunner e Lyft per esempio, tanto quanto nella conquista dei mercati emergenti come Africa e Asia. La competizione è più che palese, basta guardare il video di WeChat Sud Africa (della cinese Tencent) che ritrae il CEO di Facebook dal terapista.
I tentativi americani di invadere il mercato cinese sono ad oggi falliti, perché come dice James Mc Gregor di APCO Worldwide:
“I cinesi vogliono il loro Facebook e il loro Twitter. Non è un mercato aperto alle internet company straniere”.
Non si tratta quindi solo della più grande quotazione della storia delle tech company, bensì della battaglia all’egemonia globale di internet, dello scontro diretto dei cinesi in America, ed indiretto rispetto ai mercati emergenti.