È stata incoronata parola del 2013 dal dizionario Oxford. In molti ne scrivono, formulando e condividendo osservazioni sulla fenomenologia della tendenza social -e sociale- più dirompente degli ultimi mesi: i selfie. Tra i tanti brand che hanno preso la palla al balzo per creare engagement utilizzando la selfie-mania, spicca negli ultimi giorni quella di Dove, che ha creato -com'è nel suo stile- molto più di una semplice campagna promozionale.
Passando dai disegni di "Real Beauty Sketches" agli autoscatti, Dove ci propone un'altra intensa campagna che ruota tutta attorno alla percezione delle bellezza veicolata dalle immagini. Un'iniziativa che trova il suo pubblico non più solo in quello orami fidelizzato composto da donne giovani e meno giovani, ma anche da adolescenti. Protagoniste, assieme alle loro madri, di questo mini-documentario intitolato, appunto, "Selfie".
Dove ha realizzato questo progetto in collaborazione con il Sundance Institute e la filmaker documentarista Cynthia Wade. Intervistando e seguendo un gruppo di liceali e le loro madri, i creativi hanno messo in luce una volta di più quanto la percezione della bellezza sia filtrata, quando non imposta, dai media (tradizionali ieri come social oggi), e a tutte le età.
Come sempre, l'obiettivo istituzionale rimane quello di distruggere tali canoni e incoraggiare le donne a sentirsi, e mostrarsi, in tutta la loro naturale e personalissima bellezza, e lo strumento scelta volta, lo avrete capito, sono proprio i selfie. Dove e Wade hanno dato la possibilità a queste donne di rappresentarsi e essere protagoniste di una vera e propria mostra, in cui sono state esposte proprie le stampe degli autoscatti realizzati dalle protagoniste.
Esibizionismo? Ricerca di affermazione e consenso? Necessità ormai inevitabile di connessione e autonarrazione continua e continuata? Probabilmente sono queste le prime connotazioni che si affacciano nella vostra mente parlando di selfie, e oramai lo abbiamo capito bene: gli autoscatti ce li facciamo tutti perché vogliamo ottenere dei like e comunicarci senza il bisogno di dover utilizzare delle parole. Le immagini comunicano velocemente, a volte meglio delle parole, ed è per questo che hanno un grande potere. Questa iniziativa, in pieno stile Dove, alla parola selfie ha dato un senso del tutto nuovo rispetto a quello più popolare.
Prendete una ragazza (o donna) qualsiasi e datele uno smartphone in mano: avrà tra le dita il potere di ridefinire ciò che normalmente si ritiene bello. Questo ci dice Dove. Forse una visione un po' ottimista, date le tante derive decisamente meno rosee che questa tendenza ha portato. Ma il messaggio rimane comunque coerente con la promessa del brand. Perché i selfie sono l'espressione lampante della nostra vanità digitale, ma dall'altro lato della medaglia c'é il fatto che questa iperesposizione ha consentito, per la prima volta, di far arrivare alla ribalta immagini di persone comuni. Di rimando, è anche cambiata, almeno in parte, la nostra percezione di cosa vale abbastanza da finire su una copertina (o in una mostra).
Salta immediatamente alla nostra attenzione la durata di questo video: più di otto minuti, che superano abbondantemente la soglia abituale di attenzione di qualsiasi spettatore online. Ma Dove può contare su una fiducia conquistata attraverso anni di comunicazioni coerenti e sincere. E del resto la brand equity di Dove rimane sempre una delle case histories più forti.
Guardate il video e fateci sapere cosa ne pensate!