"Mens sana in corpore sano" si potrebbe trasformare in "Tavola sana per un mondo sostenibile". La tendenza infatti che si sta delineando nelle abitudini culinarie è quella di prestare maggiore attenzione alla qualità e alla provenienza di ciò che si mangia. Aumenta la consapevolezza che le scelte al supermercato influenzano non solo la nostra salute ma anche quella del mondo che ci circonda, e ci si comporta di conseguenza.
Prende piede, ad esempio, la cultura del km zero, ossia il preferire produzioni locali. Si trovano, così, sempre più di frequente agricoltori ed allevatori che aprono un piccolo negozio in casa, colonnine di latte in alcune piazze, mercati settimanali con prodotti locali e gruppi d'acquisto locali.
Ma quali sono i vantaggi di questo tipo di commercio? In primis, la riduzione della filiera commerciale, passando direttamente dal produttore al consumatore, permette una netta riduzione dei costi di vendita. Viene, poi, quasi eliminato il fattore trasporto, che in particolare in Italia, viene fatto su strada, permettendo una diminuzione di gas serra emessi dai camion. Infine, la presenza nel mercato solo di alimenti di stagione, freschi e garantiti direttamente dall'agricoltore: si riscoprono sapori a volte dimenticati e si consente al nostro corpo di variare regolarmente i piatti in tavola, seguendo il ciclo della natura.
Legato al filone km zero, c'è il consumo dei alimenti biologici, per la cui produzione non vengono utilizzati fitofarmaci. Il suolo e, di conseguenza, l'acqua non vengono impregnati di sostanze chimiche inquinanti ma, soprattutto, la qualità dei prodotto finale è migliore. Secondo uno studio di Legambiente, ad esempio, la frutta e la verdura bio contengono una maggiore concentrazione di sostanze nutritive ed antiossidanti; altri studi evidenziano, inoltre, che la carne biologica è meno calorica, per l'inferiore quantità di grassi, ed è più gustosa, data la presenza di tale grasso a livello intramuscolare. E nonostante il costo sia maggiore rispetto a quello di una spesa "convenzionale", cresce il numero di persone che sono disposte a pagare di più pur di avere maggiore qualità.
Non meno importanti sono i dati relativi alla crescita del numero di vegetariani che scelgono di togliere la carne anche sulla base delle ricerche che mettono in evidenza quanta CO2 venga emessa e quanta acqua venga utilizzata per la produzione di tale alimento! Ecco alcuni dati che permettono di contestualizzare tale tipo scelta:
- la quantità di carne che una persona mangia ogni giorno è superiore rispetto a quella necessaria (i dati si attestano a circa 80 grammi al giorno consigliati per un apporto corretto di proteine contro i più di 250 grammi che vengono consumati di media);
- un chilogrammo di carne di manzo è responsabile dell’emissione in atmosfera della stessa CO2 che emette una vettura media europea ogni 250 chilometri circa e brucia l’energia sufficiente a tenere accesa per 20 giorni una lampadina da 100 watt;
- di acqua pro capite al giorno è la quantità che viene usata per produrre cibo che mangiamo, in particolare per la produzione di un chilogrammo di carne rossa allevata in allevamenti intensivi vengono utilizzati 15.400 litri d'acqua.
Dalle stesse considerazioni dei vegetariani, poi c'è anche chi ha scelto di intraprendere la strada del compromesso, scegliendo di ridurre al minimo la carne consumata e prediligendo solo tagli di qualità prodotti in allevamenti non intensivi. Tale scelta è definita "flexitarian" o "semi-vegetariana". Sostanzialmente non ci si priva di una grigliata in compagnia o di un panino al volo ma lo si limita a poche occasioni.