Uno dei settori che ha subito i maggiori cambiamenti dopo l’avvento del Web 2.0 è quello della musica, in particolare quello della promozione degli artisti, soprattutto se emergenti. A partire dal pioniere Myspace (venduto poche settimane fa dalla News Corp. di Rupert Murdoch per appena 35 milioni di dollari), il carattere di interattività che pervade la rete ha spinto molti musicisti a cercare un contatto diretto con i propri fan, sia all’interno dei più famosi social network generalisti, sia in quelli dedicati.
Anche in Italia non mancano progetti legati alla diffusione e promozione di musica: oggi ve ne segnaliamo due, JamYourself e Frēstyl.
JamYourself è un social network interamente dedicato a band e artisti emergenti che hanno voglia di far conoscere gratuitamente la loro musica. Online da circa due anni, è un vero e proprio Facebook per musicisti: registrandosi al sito è possibile gestire un proprio profilo personale tramite il quale si possono pubblicare non solo foto e video, ma anche i propri brani, oltre a creare eventi per i propri concerti, gruppi tematici e, ovviamente, stringere amicizia con gli altri membri della community per condividere le proprie idee musicali. Una sezione dedicata alle recensioni e un’altra dedicata alle notizie riguardanti il mondo della musica, i concerti e i principali contest per band emergenti sparsi per tutta la penisola italiana completano la piattaforma.
Si gioca invece sul campo delle performance live l’esperienza di Frēstyl, progetto di matrice statunitense ma di base a Roma, fondato meno di un anno fa da (ci piace sottolinearlo) due donne, Arianna e Johanna, modenese l’una, di New York l’altra. Frēstyl nasce “with the intention of building a completely geo-localized, global, open platform for sharing and discovering live music events” a partire dalla constatazione di un semplice dato di fatto: se negli ultimi anni è diventato estremamente facile scoprire musica di artisti provenienti da ogni parte del mondo, di contro spesso non è altrettanto semplice venire a conoscenza di cosa accade più vicino a noi, magari nel nostro stesso quartiere. La community di Frēstyl è aperta a chiunque voglia condividere informazioni circa un evento live: musicisti, promoter, locali o semplici appassionati possono registrarsi sul sito e aggiungere i loro eventi al database della piattaforma, mentre le venue possono facilmente essere identificate da chiunque visiti il sito grazie a un sistema di geolocalizzazione e a una “nice big map”. Gli eventi possono inoltre essere condivisi su Facebook e Twitter, e segnalati dagli utenti tramite un sistema di raccomandazione.
E voi, conoscete già queste due piattaforme? Cosa ne pensate?
https://www.ninjamarketing.it/wp-content/uploads/2018/06/nm-logo-new.png00Nokamatahttps://www.ninjamarketing.it/wp-content/uploads/2018/06/nm-logo-new.pngNokamata2011-07-27 10:00:302011-07-27 10:00:30Musica 2.0: Frēstyl e JamYourself
Il famoso marchio americano di preservativi Trojan sarà per le strade di New York la prossima settimana con il suo “Good Vibrations Truck”, letteralmente il camion delle buone vibrazioni.
Il camion girerà per Manhattan e Brooklyn per presentare la nuova linea di vibratori Trojan. Non saranno distribuiti i vibratori, ma le persone saranno invitate a svolgere un quiz su iPad dal titolo “What’s your vibe” che indicherà loro il prodotto più adeguato della linea alle loro esigenze.
In ogni fermata della città i primi cinque “cercatori di piacere” che faranno il check in tramite Facebook Places vinceranno uno dei tre vibratori della linea Trojan, tra cui il nuovissimo Twister (esatto avete capito bene, “tornado”) disponibile sul mercato solo dall’inizio del 2012.
Durante il giro l’insegnante di educazione sessuale Logan Levkoff condurrà delle interviste sullo stato di salute sessuale e relazionale delle persone e sul loro rapporto con i sex toys. Le interviste saranno trasmesse in streaming su “Good Vibes LIVE!” .
Secondo un sondaggio condotto dal Centro di salute sessuale dell’Università dell’Indianail 53% delle donne e il 45% degli uomini tra i 18 e i 60 anni ha usato un vibratore durante i propri incontri sessuali. Delle donne che ammettono di averlo utilizzato, l’80% l’ha fatto con il proprio partner. Una vera e propria attività sociale spesso fonte di ispirazione per le coppie di lunga data.
Il truck della Trojan può essere uno strumento ottimale per abbattere alcuni tabù ancora radicati nella società, creando conversazioni attorno ad un argomento di non facilissimo approccio.
https://www.ninjamarketing.it/wp-content/uploads/2018/06/nm-logo-new.png00Massimo Sommellahttps://www.ninjamarketing.it/wp-content/uploads/2018/06/nm-logo-new.pngMassimo Sommella2011-07-27 09:00:342011-07-27 09:00:34Trojan porta "buone vibrazioni” per le strade di New York
Abbandonare un cane? Ci sono scelte migliori da fare! Come ad esempio “abbandonare” chi vi chiede di farlo!
Il tono ironico che i ragazzi di Ferrafilm hanno scelto per questo video costituisce sicuramente una decisa virata di stile rispetto alla classica comunicazione sociale di questo genere, come le “Pubblicità Progresso” che spesso ci annoiano più che colpirci. Una mossa vincente dunque, a mio modo di vedere, anche se c’è chi non la pensa così: tra i tanti utenti di Youtube che hanno commentato questo video qualcuno si è soffermato (direi molto più del dovuto!) su una presunta componente maschilista del video, o sulla distonia creata dalla presenza di carne in un filmato che parla a difesa degli animali. Insomma, il video per qualcuno non è abbastanza “politically correct”.
Critiche e commenti sono il sale di ogni video virale che si rispetti, ma qualche volta forse varrebbe la pena concentrarsi giusto un attimo di più sul messaggio: qui non si parla di vegetariani o non vegetariani, di donne abbandonate o uomini superficiali, si parla di cani che anno dopo anno continuano ad essere abbandonati a causa dell’egoismo di uomini (e donne) che non sanno prendersene cura. Ed evidentemente se continuiamo ad avere bisogno di chi ce lo ricorda, tramite video come questi, significa che il messaggio (quello vero!) proprio non riusciamo ad afferrarlo!
Complimenti allora a questi ragazzi, che ci regalano sempre bei filmati (come “Il mio ultimo (per fortuna) giorno di scuola“, di cui scrisse il nostro Angelo Gallarello aka Khauntek) simpatici, ironici ed emozionanti! Sembra che siano stati contattati anche dal sindaco di Torino, Piero Fassino, e sono in programma anche pubblicità per il cinema e una sit-com per la televisione. I ragazzi che fanno parte o collaborano con la piccola casa di produzione sono tutti giovani talenti, al di sotto dei 35 anni. Quello che ci serve insomma, per svecchiare una comunicazione, in questo caso sociale, che non funziona più. Non credete?!
https://www.ninjamarketing.it/wp-content/uploads/2018/06/nm-logo-new.png00Elena Silvi Marchinihttps://www.ninjamarketing.it/wp-content/uploads/2018/06/nm-logo-new.pngElena Silvi Marchini2011-07-26 17:00:012011-07-26 17:00:01Abbandonare un cane? Non s'ha da fare! [VIDEO]
Old Spice, il fenomeno virale dell’anno scorso, si rimette in gioco sostituendo il vecchio testimonial, Isaiah Mustafa, con l’attore-modello italiano Fabio.
Si direbbe che volendo cavalcare la strada dell’ironia, già precedentemente rivelatasi vincente, il nuovo “ragazzo” Old Spice incarni in maniera ancora più caricaturale il ruolo del bello a cui nessuna donna potrebbe resistere (e pensando al soggetto in questione qui scatta la risata!).
… E sembrerebbe che, almeno per il momento, i numeri stiano dando ragione a questa scelta azzardata.
Difficile, di sicuro, per Fabio reggere il confronto fisico con il tanto amato Isaiah (contro il quale la sfida è persa in partenza!), ma si meriterà tutti gli sgradevoli commenti lasciati su Youtube?
https://www.ninjamarketing.it/wp-content/uploads/2018/06/nm-logo-new.png00Tomokohttps://www.ninjamarketing.it/wp-content/uploads/2018/06/nm-logo-new.pngTomoko2011-07-26 15:30:022011-07-26 15:30:02Old Spice presenta il suo nuovo testimonial, Fabio [VIRAL VIDEO]
Capitolo tecnologia indossabile: oggi passiamo attraverso il “magico”, il romantico. Si perché con questi guanti, pensati e sviluppati dalla designer Meg Grant, si possono racchiudere i nostri segreti.
Grazie a delle combinazioni di movimenti della mano e della dita si può attivare la registrazione della voce, mentre con altre la riproduzione della stessa. Se volete custodire un segreto e raccontarlo senza farvi scoprire questi sono i guanti per voi!
Nel guanto sinistro ci sono batterie, microchip ed altoparlante. Mentre nel destro ci sono il microfono ed il led. Guardare per credere!
Sul blog ci sono anche le varie fasi che hanno condotto Meg alla realizzazione dei guanti. Idea particolare, che ne pensate?
https://www.ninjamarketing.it/wp-content/uploads/2018/06/nm-logo-new.png00Simosokehttps://www.ninjamarketing.it/wp-content/uploads/2018/06/nm-logo-new.pngSimosoke2011-07-26 15:00:162011-07-26 15:00:16I segreti? Custoditeli nei guanti!
Era il 2005 quando Procter & Gamble parlò per la prima volta di “First Moment of Truth“, l’istante in cui l’acquirente davanti agli scaffali prende la decisione d’acquisto.
Il tempo per gli acquirenti di farsi un’idea del prodotto sugli scaffali è quantificabile tra i 3 e i 7 secondi. Il First Moment of Truth è appunto questo lasso di tempo, ed è considerato una delle più importanti opportunità di marketing per un brand.
Il “Second Moment of Truth” segue l’acquisto. E’ il momento in cui l’utilizzatore, che può non essere colui che ha acquistato il prodotto, prova il prodotto per la prima volta.
Seguendo le orme di P&G, Google ha introdotto lo “Zero Moment of Truth“: Oggi l’acquirente si fa un’idea di ciò che desidera acquistare molto prima di raggiungere lo scaffale; ricerca attraverso blog e recensioni, segue i consigli degli amici sui social network e alla fine esce a fare shopping più consapevole e informato.
Questa nuovo momento di verità è analizzato in un colorato e-book scaricabile gratuitamente scritto dal Managing Director US Jim Lecinski, con una prefazione dell’esperta Dina Howell, global CEO della Saatchi & Saatchi X.
Il primo e secondo momento di verità sono importanti oggi come allora, ma il momento Zero è centrale per i brand. L’avventura del pre acquisto è molto di più che un confronto fra informazioni, è anche emozionale e relazionale: “Gli acquirenti oggi desiderano sempre più scoprire quanto i prodotti possano migliorare le proprie vite”
Tutti questi momenti di verità – ZMOT, FMOT, SMOT –sono diverse sfaccettature di un’unica grande verità del marketing: il cliente ha il controllo, o come afferma il CEO di P&G Lafley: “E’ il capo”.
Ecco 7 consigli di Lecinski alle aziende per vincere nello “Zero Moment of Truth”
1. Metti qualcuno a comandare
Se non ce l’hai ancora, occorre trovare uno ZMOT “Evangelist” ad ogni meeting!
2. Cerca i tuoi “momenti zero”
Scopri esattamente come le persone cercano il tuo prodotto. Dove vanno? Di chi si fidano per le informazioni?
3. Rispondi alle domande
Non puoi incontrare la gente nel momento zero se non fornisci loro le informazioni, come e quando le desiderano.
4. Ottimizza per lo ZMOT
Mostra di più quando conta, rendendo i tuoi contenuti super rilevanti, rimanendo dove hai bisogno di essere.
5. Sii veloce!
Cerca di scoprire quando una persona sta facendo una ricerca sul tuo prodotto, e capitalizza velocemente quel momento.
6. Non dimenticare i Video
SISOMO insegna!Fallo anche tu.
7. Buttati dentro!
Le emozioni portano all’azione. Fai succedere qualcosa!
https://www.ninjamarketing.it/wp-content/uploads/2018/06/nm-logo-new.png00Massimo Sommellahttps://www.ninjamarketing.it/wp-content/uploads/2018/06/nm-logo-new.pngMassimo Sommella2011-07-26 14:00:532011-07-26 14:00:53Google introduce il "Momento Zero della verità"
Le tecnologie nell’ultimo periodo hanno cambiato o meglio hanno migliorato il turismo, provocando di fatto una rivoluzione culturale ed esperienziale nei comportamenti di consumo del turista.
Sono sotto gli occhi di tutti i benefici connessi al social networking, specialmente se pensiamo alla categoria dei backpackers, come evidenzia la ricerca “Ostelli e backpackers nell’era del web 2.0” condotta dal Centro Studi Etnografia Digitale, che dimostra la presenza di un’interessante ed attiva comunità del web.
Nell’immaginario collettivo alloggiare in un ostello è da sempre stato considerato un’opzione semplice ed economica, adatta a chi e’ disposto ad accontentarsi di una qualità scadente. In realta’ non e’ il risparmio economico il motivo per cui la web tribe dei backpacker sceglie di alloggiare in un ostello: si tratta piuttosto di una scelta puramente culturale perché per la comunità dei viaggiatori con lo zaino in spalla il viaggio è innanzitutto un’esperienza di contaminazione culturale.
Il carattere distintivo della ricerca fa emergere due tendenze legate alle dinamiche del social networking: i flashpacker, ovvero l’evoluzione 2.0 dei backpacker che condividono in ogni dove l’esperienza turistica, e le social room.
Le social room sono stanze all’interno degli ostelli, dove è possibile soggiornare e pagare attraverso la forma del “dono”: non si paga in denaro, ma con una sorta di baratto, identificato in uno scambio equo di skill e conoscenze che il flashpacker mette a disposizione in cambio dell’ospitalita’ (per esempio si può soggiornare in ostello “scambiando” fotografie, video, competenze, ecc).
In tale scenario di progresso, sembrerebbe un ossimoro parlare di “economia del dono” o comunemente baratto: identificando un meccanismo con cui le tribù instaurano un sofisticato insieme di relazioni sociali basate sullo scambio reciproco di doni che preparano il terreno a un legame più duraturo nel tempo.
Il primo Ostello in Italia a realizzare la social roome quindi ad adottare lo shift dall’economia “tradizionale” all‘economa relazionale, è l’ostello di Cava de’ Tirreni “Borgo Scacciaventi“, un’ottimo case history in pieno stile mediterraneo, culla natìa della cultura dell’accoglienza e dello scambio. La scelta dell’ostello in costiera amalfitana è insita nel valore delle persone, che partecipano ad un progetto non perché attirate da prospettive economiche, ma spinte da motivazioni sociali: sentirsi parte attiva e propositiva di un gruppo, condividere un ideale, instaurare legami con altre persone.
Ritengo che la social room rispecchi perfettamente l’evoluzione socio-antropologica che il settore turistico sta attraversando, mettendo al centro le persone e il loro innato bisogno di incontrarsi, ascoltare e condividere le emozioni.
Partiamo tutti insieme per questa entusiasmante avventura?
https://www.ninjamarketing.it/wp-content/uploads/2018/06/nm-logo-new.png00Sutsukaihttps://www.ninjamarketing.it/wp-content/uploads/2018/06/nm-logo-new.pngSutsukai2011-07-26 13:00:312011-07-26 13:00:31Social Room, quando ad essere condivisa non è solo una stanza
Per l'uscita di Kinect Star Wars, Microsoft e LucasArts presentano una speciale versione dell'Xbox 360 dedicata ai fan della saga. La particolarita? Il design è un omaggio diretto ai droidi R2-D2 e C-3PO.
In occasione dell’uscita di Kinect Star Wars – gioco su licenza della famosa saga cinematografica di George Lucas previsto per Natale 2011 – Microsoft e LucasArts hanno presentato al Comic-Con International di San Diego una console Xbox 360 dal design…molto stravagante.
Le immagini parlano chiaro. Il corpo della console richiama per colore e design il mitico R2-D2 e per non farsi mancare nulla ci sono anche degli speciale effetti sonori dedicati (apertura del cassetto dvd e accensione della console) che imitano quelli del droide.
Il controller, in uno scintillante pure-gold, omaggia C-3PO.
Stando a quanto dichiarato, la console è prevista in uscita negli USA al prezzo di $449,99 (mentre una versione per il mercato UK sembra attestarsi attorno alle £349,99 – ben oltre i $570!!!) e avrà un HD di 320GB, l’immancabile Kinect di colore bianco, il controller e una copia del gioco Kinect Star Wars, Kinect Adventures, headset wireless e contenuti in download.
Ninja e fan di Star Wars siete avvisati. Munitevi di lightsaber…e che la Forza sia con voi.
“[…]ogni strategia che stimoli e incoraggi gli individui a trasmettere ad altri e a diffondere un messaggio di marketing generando il potenziale per una crescita esponenziale sia della notorietà sia dell’influenza del messaggio stesso.”
Così Ralph Wilson definisce il marketing virale, spesso tradotto in parole povere anche nel classico “passaparola”, uno dei più potenti ed efficaci strumenti di marketing ancora oggi esistenti.
Il marketing virale, però, si basa su un’idea-virus che influenza chiunque essa incontri. Esiste, quindi, una differenza fondamentale tra il “puro” passaparola e un’idea-virus: il passaparola cala mentre l’idea-virus cresce. Il motivo è che qualcosa o qualcuno amplifica il messaggio ad un pubblico sempre più vasto. Ed è qui che entra in scena, con un ruolo centrale, la rete.
Facebook, come qualsiasi altro social network, non rende “virale” un messaggio che non nasca come tale. Facebook ne può solo agevolare la diffusione, ma i semi della viralità devono già essere presenti nell’idea-virus che si vuole diffondere. Appare evidente, quindi, che la differenza fondamentale per la diffusione del messaggio non è il mezzo, ma il messaggio stesso.
“What we do is dissect a brand and find out what’s shareable about it. Sometimes it’s harder than others. Sometimes the entire brand is shareable, and others it’s just a brand attribute. It’s our job to find what exactly about a brand will get fans sharing.” / “Quello che facciamo è sezionare un marchio e scoprire cosa c’è di condivisibile sullo stesso. A volte è più difficile per alcuni che per altri. A volte il marchio è interamente condivisibile, mentre per altri è condivisibile solo un attributo del marchio. Il nostro lavoro è trovare esattamente quello che su una marca otterrà la condivisione dei fan.”
Questo è il principio espresso da Chris Turitzin, Co-Founder della Momentus Media, una compagnia di grande impatto con una storia di grande successo per le sue campagne su Facebook. In una lunga intervista, Chris Turitzin racconta di come la Momentus Media si sia specializzata nelle campagne virali su Facebook, in un momento storico nel quale la parola “viral” era sulla bocca di tutti, ma conosciuta effettivamente da pochi.
L’idea di base è che per il successo di un’iniziativa di marketing virale su Facebook, il marchio dev’essere in grado non solo di raccontare la sua storia, ma anche quella che i suoi fan vogliono effettivamente ascoltare. In pratica, si è in una fase di profondo cambiamento nella quale un’idea non può più propagarsi semplicemente venendo imposta “dall’alto”, bensì comunicando al potenziale utente che quell’idea ha una storia dietro di sé, interessante o divertente, e che l’utente può avere la fortuna di condividerla per primo.
In pratica, un contenuto legato ad un particolare brand, per essere realmente virale, non dev’essere necessariamente legato ad un concorso o ad una lotteria. Bensì deve trasmettere la voglia irrefrenabile di condividere il contenuto da parte dell’utente, perché quel contenuto trasmette un messaggio che va oltre il brand, ma entra nell’esperienza personale di ognuno: “i have to share this”.
Un esempio concreto è la campagna elaborata per i Black Eyed Pease proprio da Momentus Media: tutto parte dalla copertina dell’album “The beginning”, in cui ogni membro del gruppo è rappresentato da un avatar ad 8-bit. Molti utenti, attraverso Photoshop, hanno cercato di realizzarne uno proprio. Momentus Media, tramite la fan page ufficiale del gruppo, ha dato la possibilità ad ogni utente di realizzare il proprio. I risultati parlano di un grande successo, con oltre 2 milioni di utenti in 3 settimane, un milione di avatar in 8-Bit caricati come immagini del profilo su Facebook e 400.000 like generati in 2 settimane.
Misurare l’effettiva viralità di una campagna, però, è più complesso e passa per la considerazione di due elementi: il tasso di condivisione ed il tasso di click, che consentono di misurare un “viral rate”. In particolare, il tasso di condivisione è la percentuale di persone che utilizzando un’applicazione e che la condivideranno. Il tasso di click, invece, misura quanti click quell’elemento condiviso otterrà dalla timeline. Un messaggio è considerato “virale” quando il viral rate calcolato è superiore ad uno.
Chris Turitzin propone, in questo senso, un esempio con la campagna di sensibilizzazione sul cancro al seno condotta sempre da Momentus Media: si è data l’opportunità agli utenti di condividere un nastro rosa sulla propria bacheca con un messaggio sociale. Il seguito è stato molto forte, con un tasso di condivisione vicino al 75% e con un tasso di click pari ad 1,5 per elemento condiviso. Da un rapido calcolo il “viral rate” è nettamente positivo (0,75 * 1,5 = 1,125) in quanto maggiore di uno. Il messaggio è potenzialmente virale, ossia in grado di continuare a riprodursi da solo.
Ovviamente, è necessario parlare sempre in termini potenziali. Capita spesso, infatti, che contenuti potenzialmente virali si rivelino buchi nell’acqua, così come contenuti apparentemente poco promettenti si rivelino invece messaggi di grande successo. Sicuramente, esistono dei fattori di base che possono essere valutati nella realizzazione di una campagna virale.
Anzitutto, il numero dei fan del brand. Capita spesso, infatti, che alcune aziende abbiano un gran numero di fan, ma un’enorme difficoltà nel raggiungerli. Questo può essere un grosso limite per l’eventuale campagna virale, e quindi è sicuramente più redditizio partire con una nuova pagina ed un nuovo brand non noto. Nella prospettiva di un’applicazione virale, una pagina nuova ha molte più probabilità di esplodere come messaggio virale rispetto ad una pagina esistente. Di per sé, questa è già la prima grande prova che un potenziale cliente deve superare. Infatti, questo elemento tende a spaventare i clienti, che trovano difficile rinunciare al proprio “capitale” così facilmente correndo il rischio di ricominciare da zero.
In linea generale, quando un brand vuole andare sul sicuro, parte con iniziative molto banali come lotterie e concorsi, il cui funzionamento è già rodato. Ma sono le aziende che sanno cosa vogliono, che sono pronte a rischiare per qualcosa di più, che alla fine ottengono i risultati più straordinari. E’ chiaro, comunque, che la valutazione della tipologia di cliente è il punto di partenza essenziale per una campagna virale: un gruppo musicale di grande successo può osare, e rivolgersi ad un pubblico enorme per le proprie campagne. Una piccola azienda tradizionale, invece, dovrà partire da piccoli passi e da cose semplici.
Queste aziende, solitamente, non hanno grandi budget da dedicare al viral marketing, soprattutto su Facebook, ed è per questo che Momentus Media ha pensato anche a loro realizzando un servizio gratuito (Badges) dedicato a chi possiede una pagina fan dedicata ad una specifica causa sociale (politica, ambientale, non profit). L’applicazione consente di inviare a tutti i fan un badge da condividere per supportare la causa promossa. Già migliaia di piccole realtà utilizzano lo strumento, dimostrando come la motivazione e la sensibilità della causa siano elementi di grande viralità. Più l’argomento è emotivo, più il successo virale è garantito, in quanto tutti concordano sull’importanza del messaggio e tutti sono intenzionati a condividerlo.
Infine, Turitzin, si sofferma anche sulla possibilità di calcolare il ROI delle iniziative di marketing virale su Facebook (per approfondire l’argomento: Misurare il ROI dei social media: 10 casi di successo). In particolare il co-founder di Momentus Media è dell’idea che il mercato sia ancora troppo giovane per questo. Per quanto ogni azienda cerchi comunque di misurare quale sia l’investimento ottimale in rapporto al risultato raggiunto (in termini di likes, tasso di click, tasso di condivisione o viral rate), questo processo ha bisogno ancora di qualche anno per essere ottimizzato e standardizzato, così da poter creare dei parametri assoluti che possano effettivamente consentire di misurare quanto quell’iniziativa virale abbia contribuito alla crescita del proprio risultato economico.
https://www.ninjamarketing.it/wp-content/uploads/2018/06/nm-logo-new.png00Francesco Turturiellohttps://www.ninjamarketing.it/wp-content/uploads/2018/06/nm-logo-new.pngFrancesco Turturiello2011-07-26 10:00:182011-07-26 10:00:18Il Viral Marketing di successo su Facebook secondo Momentus Media
Il primo esempio è la campagna creata da Territorio Creativo per la catena NH Hoteles in Spagna. L’idea è stata chiamata “Wake Up” (tratta dal loro claim: Wake Up to a Better World). L’idea principale era quella di immortalare con l’hashtag #WakeUpPics momenti in cui qualcosa è all’inizio, prende vita. La prima campagna Wake Up, lanciata qualche mese fa dalla catena spagnola, metteva in palio due pacchetti soggiorno presso gli hotel della catena e in seguito è stata organizzata anche una mostra temporanea delle 30 migliori immagini al NH Palacio de Tepa a Madrid, dove gli scatti sono stati esposti al pubblico.
Questa iniziativa ha avuto talmente successo che, una volta finito il concorso, le foto continuavano ad essere pubblicate, così l’NH Hoteles ha deciso di organizzare una seconda edizione del contest, questa volta a livello mondiale, che si è conclusa da pochi giorni. Le migliori immagini di questo secondo contest saranno esposte a Berlino, ma si possono vedere anche in questa gallery.
Sony Music
Il contest della Sony Music su Instagram guarda un po’ più lontano, con un video in crowdsourcing. In questo caso il “marchio” da promuovere è la band The Vaccines. Il contest prevede l’invio di foto scattate durante il tour estivo della band che poi saranno selezionate per far parte del video del loro prossimo singolo. Tutti i dettagli di questo contest li trovate nell’articolo di Makan-huekaWetsuit – The Vaccines: il primo video musicale in crowdsourcing da Instagram.
PepsiCo
Brisk Iced Tea, una divisione di PepsiCo, ha invitato a pubblicare foto con l’hashtag #briskpic. Gli utenti dovevano postare una foto che rappresentasse il proprio stile unico o un talento insolito, un elemento che li contraddistinguesse tra la folla, il tutto dal punto di vista del “vivere audace” di Brisk. Gli scatti vincenti sono stati impressi su una lattina Brisk a tiratura limitata.
Altri marchi utilizzano invece Instagram per promuovere il proprio brand e restare in contatto con i propri fan.
Red Bull
Red Bull ha utilizzato l’app per promuovere il proprio brand. La società ha nominato vincitore del suo primo #redbullwinter, contest di foto che rappresentino al meglio il “momento Red Bull” durante le sfide stagionali.
Starbucks
Starbucks condivide su Instagram ogni evento che si tiene presso la propria sede e immagini provenienti dai propri punti vendita sparsi in tutto il mondo.
Levi’s
Levi’s Brasil condivide foto di uomini e donne che indossano i loro jeans per strada definendoli sfacciatamente “lato b” del giorno.
Boston Celtics
IBoston Celtics hanno indetto su Instagram un concorso che metteva in palio i biglietti per una partita alla miglior foto che rappresentasse l’orgoglio dei Boston Celtics.
Voi avete provato a utilizzare anche Instagram per promuovere il vostro brand? Cosa ne pensate?
https://www.ninjamarketing.it/wp-content/uploads/2018/06/nm-logo-new.png00Ida Perrihttps://www.ninjamarketing.it/wp-content/uploads/2018/06/nm-logo-new.pngIda Perri2011-07-26 09:00:212011-07-26 09:00:21Promuovere il proprio brand con Instagram
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