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Questo il laconico messaggio che domenica scorsa, 9 ottobre, ha letto la maggior parte dei 500.000 utenti che hanno provato a collegarsi al sito ISTAT - Istituto Nazionale di Statistica, Ente Pubblico di Ricerca - per la compilazione online del questionario del XV censimento.
Il censimento, una delle principali rilevazioni effettuate dall'Istat, consente di raccogliere informazioni sulla popolazione residente e su quella occasionalmente presente nel Paese, e viene effettuato a cadenza decennali.
Dopo un decennio dall'ultima grande rilevazione della popolazione italiana, svoltasi il 21 ottobre del 2001, l'ISTAT può, per la prima volta, utilizzare le nuove tecnologie per semplificare la vita a milioni di cittadini, tramite la possibilità di compilare il modello anche online, direttamente e comodamente da casa o dall'ufficio, ed inviarlo all'Ente senza dover fare file alla posta per la spedizione, con pieno valore legale.
Un perfetto Ente Digitale, come neanche nei più rosei sogni del nostro Ministro dell'Innovazione.
Finalmente, direte voi!f
Eh si, finalmente, direi anch'io.
Se non fosse che così non è (stato).
Dov'essersi rivelato 'too much hard' preventivare un accesso in simultanea da parte di un numero così rilevante di persone - il comunicato dell'Istituto parla di 500.000 utenti; difficile pensare che gli italiani potessero essere così ligi (o semplicemente desiderosi di liberarsi del 'gravoso' impegno il prima possibile...)
Fatto sta che la (sotto)stima degli accessi ha fatto letteralmente collassare i server, impedendo per molte ore l'utilizzo della piattaforma.
I pochi fortunati che sono riusciti ad autenticarsi - utilizzando la password di accesso, contenuta esclusivamente - chissà perchè - nel modulo cartaceo arrivato per posta (....) - ed a visualizzare sullo schermo il concupito questionario sono stati subissati da continui messaggi di errore, improbabili e fulminee scadenze di sessione, con la conseguente impossibilità di concludere l'iter di compilazione.
I dati da inserire costituiscono la fotografia delle famiglie italiane al 9 ottobre 2011.
Ma, allo stesso modo, la data del 9 ottobre è valida anche per fotografare il rapporto che una certa parte del settore pubblico italiano ha con le tecnologie.
Sorprende, effettivamente, l'impreparazione dell'ISTAT di fronte ad un fenomeno - quello dell'uso delle tecnologie e dello sviluppo dei servizi di e-government - voluto e incentivato dalla stessa PA: è la Pubblica Amministrazione che spinge i cittadini a dotarsi di un 'domicilio elettronico' tramite la CEC-PAC - una sorta di p.e.c. abilitata solo alle comunicazioni tra la Pubblica Amministrazione ed il cittadino - ed obbliga professionisti ed imprese a comunicare via posta elettronica certificata; è la Pubblica Amministrazione che a partire dal 2012 - tramite la rifoma del processo civile telematico e l'introduzione delle notificazioni e comunicazioni a mezzo p.e.c. - digitalizza la giustizia, con la sua enorme mole di atti e di dati sensibili; è la Pubblica Amministrazione che ha fatto del fascicolo sanitario e dei certificati medici online un vessillo di cui fregiarsi; è la Pubblica Amministrazione che, nel 'CAD I e II' (il Codice dell'Amministrazione Digitale, introdotto dal D. leg. 82/2005 e riformato dal successivo D. Lgs. 235/2010), stabilisce i diritti dei cittadini e delle imprese nei confronti della stessa Amministrazione - la cui cogenza è stata oggetto, tra l'altro, di una importante sentenza del T.A.R. Basilicata in danno della Regione Basilicata, condannata a seguito di class action per omessa pubblicazione degli indirizzi p.e.c. sul portale istituzionale.
Di fronte alla 'corsa alla tecnologia' incentivata dalla stessa Pubblica Amministrazione, risulta quantomeno anacronistico che un Ente Pubblico non riesca a realizzare un sito - impresa nè titanica, nè ardita - capace di supportare un 'enne' numero di accessi in simultanea.
A volte basta solo una dose maggiore di lungimiranza.
Dote per il cui impiego si spera di non dover aspettare il prossimo censimento. Tra dieci anni.