Il caso dell’estate è stato sicuramente quello del brand di abbigliamento Abercrombie & Fitch che ha offerto un pagamento alle star del reality di Mtv “Jersey Shore” per non indossare i propri capi. In particolare il brand aveva la necessità di liberarsi di Michael “The Situation” che indossando spesso i capi A&F durante lo show era diventato un testimonial tanto volontario quanto indesiderato.
“Siamo preoccupati che l’associazione di Michael Sorrentino con il nostro marchio possa causare un danno significativo alla nostra immagine. Comprendiamo che si tratta solo di uno show d’intrattenimento, ma crediamo che quest’associazione sia contraria alla natura del nostro marchio. Per questo abbiamo offerto un pagamento a Michael 'The Situation' Sorrentino e ai produttori dello show per iniziare ad utilizzare un brand alternativo. L’offerta è estesa a tutto il cast e siamo in attesa di una risposta”
- da un portavoce dell’azienda
Abercrombie&Fitch non è di certo il primo brand ad attirare sostenitori indesiderati. Il marchio di moda Burberry durante gli anni ’90 si trovò ad affrontare una crisi nata dalla diffusione tra gli hooligans dei propri berretti e dei propri impermeabili. La famosa trama a righe del brand passò velocemente dall'essere il simbolo della moda British a rappresentare pericolo e violenza (con conseguente diminuzione delle vendite). In quel caso Burberry intervenne eliminando dalla propria linea i berretti e i capi più apprezzati dagli hooligans.
Più di recente Blackberry, il brand di Research in Motion, ha registrato un forte calo dello buzz score (da 10+ dell’8 Agosto a -8 dell’11 Agosto secondo il Brand Index di YouGov) a causa dell’associazione del marchio con i London Riots. In particolare il suo sistema di messaggistica istantanea BBM (blackberry messenger) sarebbe risultato il mezzo più adottato dai rivoltosi per coordinare gli attacchi.
Una strategia vincente o una mossa sbagliata?
Tante e diverse le opinioni sul caso Abercrombie & Fitch e non tutte a favore dell’azienda americana.
Shaun Smith, esperto di costumer experience e fondatore della smith+co, ha detto: “Credo che quest’ offerta sia un vero win/win per il brand perché se il cast di Jersey Shore accetterà il pagamento per non vestire più A&F, l’azienda si libererà dell’associazione negativa. In caso contrario A&F sarà riuscita comunque a chiarire il suo target o comunque ciò che non è nel suo target"
Julian Reiter, Managing Director della Positive Thinking, conferma: “Penso sia una mossa coraggiosa e brillante che di sicuro apre un importante dibattito su quanto sia centrale per il successo di un brand la reputazione e quali decisioni i brand devono prendere per mantenere chiari i proprio obiettivi di marketing”
La pensa diversamente JR Little, senior consultant dell’agenzia The Brand Union, che afferma: “Se si tratta solo di pubbliche relazioni, come mi sembra in questo caso, ciò potrebbe accrescere la consapevolezza del brand ma non comportare un aumento delle vendite. Agli americani in particolare non piace quando le imprese se la prendono con gli individui. In questa situazione l’impresa se l’è presa con un ragazzo che ha tutto il diritto di indossare ciò che vuole. Di sicuro i suoi valori non sono gli stessi dell’azienda ma l’attacco in se fa apparire quest’ultima prepotente”
Mark Blayney Stuart,a capo della ricerca presso l’Istituto di Marketing Chartered, aggiunge: “E’ una strana reazione perché cercare di controllare come viene percepito il tuo brand è un’azione contro producente. Meglio invece prendere gli effetti positivi di una qualsiasi pubblicità senza pensare troppo agli elementi negativi. Se Burberry avesse cominciato a pagare tutti gli hooligans per non indossare il proprio brand avrebbe solo peggiorato la situazione”
Di sicuro il risultato lampante di quest’azione è stato il tam tam mediatico mondiale attorno a questa richiesta di “ non-sponsorizzazione”. Un intelligente strategia di Public Relations che ha fatto si che in quella settimana il brand di abbigliamento fosse sulla bocca di milioni di persone anche in paesi in cui non possiede quote di mercato rilevanti.
Se infatti l'obiettivo dell' Abercrombie & Fitch fosse realmente stato quello di impedire a Mike The Situation di indossare i loro capi sarebbe bastato contattare il suo agente in privato ed arrivare ad un accordo. In questo modo l'azienda americana è riuscita a mettere su una campagna pubblicitaria global di PR "a psicologia inversa", spendendo molto meno di quanto sarebbe costata una campagna global tradizionale.
E voi cosa ne pensate di quest'ultima trovata dell' Abercrombie & Fitch?