Le sfilate di Milano Moda Uomo primavera/estate 2012 hanno dato conferma di una tendenza già in atto. Non parliamo di denim, seta o giacche destrutturate: la tendenza è molto più immateriale ma ha permesso ai marchi del lusso di non andare a fondo in questo periodo di crisi, aumentando il loro pubblico e rafforzando ulteriormente la brand image.
Parliamo, ovviamente, della "social media mania": tutti i marchi di abbigliamento, dal luxury al fast fashion si muovono sui social media - in maniera più o meno corretta. Perché se la moda, un tempo, era esclusiva, elitaria e passava solo dalle riviste patinate, adesso corre veloce sul web. E i clienti sono, prima di tutto fan e ambasciatori dello stile e della filosofia di un brand.
E così, durante l'ultima settimana della moda, Burberry ha permesso ai suoi fan non solo di commentare la sfilata trasmessa in streaming, ma anche di acquistare i capi indossati dai modelli in passerella con una stagione di anticipo (ottima strategia anti-fake), Dolce & Gabbana hanno twittato instancabilmente dal backstage, Gucci ha trasmesso in esclusiva per i fan che hanno visto la sfilata in streaming un messaggio del direttore creativo Frida Giannini alla fine dello show. Oltre ad aver inviato via mail ai fan un e-ticket con tanto di posto a sedere (virtuale) per assistere alla sfilata - Gucci Connect e-vent è il nome dell'applicazione creata ad hoc per lo streaming.
Ovviamente, i social media "non funzionano" per magia. Ecco 3 storie che dimostrano cosa funziona e cosa no nel magico connubio fashion brand e social media.
Sfruttare il potenziale dei canali social
Dolce & Gabbana sono l'esempio a livello mondiale di come i social media vanno utilizzati nel m0ndo della moda (e non solo). Più di 3 milioni di fan su Facebook, un blogzine - Swide - che contribuisce alla narrazione dello stile del marchio e al rafforzamento del brand nell'immaginario del brand. E ancora profilo Twitter, Tumblr, Instagram, canale YouTube. Il brand ha da poco lanciato su Facebook il tab "Follow us" che racchiude tutti i profili social e i canali Dolce&Gabbana ufficiali.
Ma non è solo una questione di quantità: il brand è stato precursore del "dietro le quinte delle sfilate", organizza eventi che vengono raccontati minuto per minuto dallo staff attraverso tweet e fotografie, intrattiene relazioni con celebrities "amiche" del brand. Ma, cosa più importante di tutte, Stefano Gabbana in persona risponde ai tweet dei suoi follower abbattendo la distanza tra lusso e pubblico di massa.
Il prodotto e i contenuti
La maggioranza delle persone segue un brand sui social network semplicemente perché "ama il brand" (abbiamo già trattato di questo argomento nel post "5 consigli per i fashion brand su Facebook"). Ma come ogni amore che si rispetti, ha bisogno di essere alimentato. Incentrare la strategia sul prodotto e sui contenuti si rivela senza dubbio un'arma vincente: i fan vogliono sapere di più, vogliono contenuti originali, vogliono sentirsi "insider". E vogliono partecipare. Ottima, in questo senso, l'iniziativa di Tommy Hilfiger che invita i fan a postare sul wall di Facebook il loro prep-style.
Ma non sempre tutto va bene. E di solito succede quando si va sui social per moda. Questa è la triste storia di Robert C. Duffy, presidente del brand Marc Jacobs. Mr Duffy ha aperto qualche mese fa il suo profilo Twitter, annunciato in pompa magna sull'homepage ufficiale del brand. I suoi tweet erano un mix di fatti personali, fotografie di Marc Jacobs al lavoro e perplessità sull'utilizzo di Twitter stesso. Insomma, una linea poco chiara. Il disastro avviene quando Mr Duffy decide di comunicare al mondo che è appena sceso da un aereo dell'America Airlines e di avere ricevuto un trattamento un po' rude da parte del personale a bordo "as usual, you know". In breve tempo scoppia la rivolta degli utenti, Duffy si scusa e chiude il profilo, dicendosi impreparato a gestirlo. Il profilo è stato riaperto da poco, ma è sostanzialmente inutilizzato. Un paio di mesi fa, ecco spuntare @MarcJacobsIntl, ovvero il profilo ufficiale dell'azienda, incentrato proprio su prodotto e contenuti.
Il valore della conversazione
Non sempre è facile. Ed è un errore molto comune tra i brand "minori" o tra i giovani emergenti. Che spesso hanno la bacheca invasa di complimenti e manifestazioni di entusiasmo lasciate cadere nel vuoto (perché palesemente nessuno gestisce la pagina). Molti utenti, infatti, pensano che proprio perché si tratta di un brand minore sia molto più facile stabilire un dialogo ed entrare in contatto con il designer, anche solo per manifestare apprezzamento. È il caso della pagina Facebook del giovane e talentuoso stilista Marco De Vincenzo, che ha dei fan molto poco considerati.
Basti considerare l'entusiastica pubblicità a costo zero che potrebbero fare gli utenti ai quali si è data importanza anche con un semplice grazie, e metterla a confronto con quello che possono causare invece, un centinaio di fan abbandonati a loro stessi. E capire che è molto meglio dedicare loro qualche minuto della giornata.
Nel caso di brand più grandi, invece, la bacheca di Facebook - quando è aperta - è usata anche come customer care. Ed è ancora più importante saper rispondere bene, tempestivamente e in maniera non troppo ingessata - insomma, niente linguaggi da "azienda leader", sì ad una comunicazione più friendly. Del resto, grazie agli Insight di Facebook è possibile vedere i dati demografici suddivisi per sesso e per età dei propri fan, un ottimo tool per capire "con chi abbiamo a che fare".