Ci sono viral-fake e viral-fake. Vi sembro pazza? Ebbene no e per dimostrarvelo vi faccio qualche esempio.
Alla prima categoria appartengono i video di Ronaldinho che colpisce la traversa per 4 volte consecutive o quello del suo collega Kakà costati alle aziende non poco (o almeno si presume visto i testimonial) ma che in compenso hanno collezionato migliaia di views e generato buzz e passaparola intorno al marchio.
E poi ci sono i viral fake non autorizzati dai brand che da un lato a causa di questi video rischiano non pochi danni alla propria immagine, dall’altro possono beneficiare del passaparola a costo zero. Esempi?
Il primo caso (a me noto) più eclatante si è avuto nel 2005 quando appare in rete questo spot:
La reazione della casa tedesca non tarda ad arrivare, viene smentito ogni coinvolgimento minacciando azioni legali contro i responsabili (il duo creativo Lee and Dan noto proprio per diverse pubblicità “spoof”).
Reazioni molto simili ha genarato un nuovo spot fake apparso in rete qualche settimana fa (che personalmente trovo semplicemente ironico rispetto al primo, senza dubbio invece di pessimo gusto). Un aspirante suicida tenta di togliersi la vita con i gas di scarico della sua macchina, una A5, ma qualcosa non va.
E poi come non ricordare il video fake WWF, di cui vi avevamo già parlato tempo fa, che ha causato non pochi problemi all’associazione ambientalista:
I punti su cui riflettere ora sono due. Innanzitutto, uno strettamente legato al mondo dell’advertising, e riguarda i premi creativi. Molti video, proprio come il viral fake WWF, prima di finire in rete, dove diventa sempre più difficile verificare fonti e notizie, vengono iscritti e presentati ai vari premi di pubblicità.
La questione è spinosa perché, come possiamo leggere su creativityblab , assecondare e promuovere fake è sbagliato poiché questi compromettono il valore del lavoro di chi fa pubblicità sul serio e minano la linfa vitale di questo mestiere. È quindi necessario prendere delle posizioni decise contro i fake e salvaguardare e premiare la vera creatività, quella che va incontro alle necessità del marchio, che deve fare i conti con gli obiettivi strategici, con i responsabili marketing del marchio che hanno mille richieste e budget sempre più ristretti, quella che raggiunge risultati reali e non quella che nella realtà non potrebbe mai essere (purtroppo o per fortuna è un altro discorso) realizzata.
Un po’ come, tornando all’esempio di Ronaldinho, se France Football avesse deciso di consegnare il Pallone d’oro al campione brasiliano, premiandolo solo sulla base del video virale.
Il secondo punto riguarda i costi o i benefici che questi fake possono comportare o portare ad un’azienda. Come dicevo all’inizio infatti, il buzz intorno a questi video è considerevole ma oggi, era in cui l’ìmmagine e ciò che dicono gli utenti on line e off line di un brand è fondamentale alla sopravvivenza dell’azienda stessa, è ancora valida la massima: che se ne parli bene o male purchè se ne parli?
I viral fake WWF e POLO, ad esempio sono ancora visibili su Youtube, che le aziende abbiano colto la palla al balzo? Rimosso invece da Youtube, ma visibile su altri siti, il video fake Audi.
Piccola curiosità, gli autori di questo ultimo fake non sono stati neppure troppo originali, vedete un po’ lo spot Citroen andatrealizzato nel 2002 in Uk che ho scovato: