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Il logo ed il nome rappresentano il primo approccio visivo e percepibile di un brand: la prima forma di identificazione nella mente del consumatore, il primo tratto distintivo che permette ad un’azienda di emergere nel maremagnum di prodotti ed offerte sempre più simili e difficilmente distinguibili. Questi 2 aspetti sono strettamente legati, e solo da un accostamento coerente e riuscito può emergere un risultato efficace, in grado di creare una forte identità distintiva.
Ecco una serie di consigli per la scelta del naming e del logo, utili sia per una start-up, che per un impresa già presente sul mercato, che intende dare una marcia in più al proprio business:
La scelta del naming è "per sempre": rimane infatti legato nel tempo al prodotto con cui viene identificato al momento del lancio sul mercato, dovrà quindi richiamare un valore coerente con la mission aziendale. Discorso analogo per il logo: è importante quindi puntare a creare qualcosa che conservi un senso anche tra 20 anni, piuttosto che seguire l’ultimo trend.

Google fino al 1998 era Backrub. Probabilmente non sarebbe mai diventato il motore di ricerca per eccellenza senza questo cambio di rotta: la presenza, nel nome di quelle "o" pronte a moltiplicarsi esprimevano perfettamente l’idea di assicurare un numero elevatissimo di informazioni utili. Per non parlare dei Doodle, le versioni modificate del logo, (che per la sua struttura si presta perfettamente a queste simpatiche manipolazioni) utilizzate in occasione di particolari eventi, molti di questi passati alla storia.
Pepsi nasce come Brad’s Drink, dal nome del suo inventore: una scelta banale e che non le permetteva di emergere nel mercato dei soft drinks. Stessa sorte sarebbe toccata ad Andersen Consulting, oggi conosciuta come Accenture (contrazione di Accent on the future): l’attuale nome del colosso di consulenza direzionale è breve, grintoso, e ben si sposa con l’elemento grafico della freccia che accompagna il lettering.
Spesso è necessario adeguare la propria immagine ai cambiamenti e alle nuove tendenze: attenzione, questo non vuol dire stravolgerla! Per il logo, soprattutto se questo si "fonde" visivamente con il nome del brand, è importante conservare la riconoscibilità, preservando il senso originario ed il concetto che si voleva esprimere quando è stato creato. Un caso emblematico è Hp, che ha ceduto alle tendenze minimaliste senza perdere la sua identità distintiva:
Vale la pena puntare su nomi brevi, veloci da scrivere e facili da pronunciare. Sembra banale, ma alcuni nomi, nati con l’intento di essere originali e creativi, rischiano di generare confusioni, errori di battitura su tastiera, trascrizioni errate. Deve essere inoltre facile da memorizzare, così come il logo che lo accompagna.
Attenzione a non cadere nell’eccesso opposto, e abusare degli acronimi, in genere adatti solo ad aziende che operano in ambito economico e informatico. Con le dovute eccezioni gli acronimi trasmettono un’idea di "freddo"e impersonale.
La semplicità ed il minimalismo sono inoltre fondamentali per rendere un logo facilmente riconoscibile, versatile e difficile da dimenticare, senza essere pieno di inutili dettagli. Molte aziende hanno deciso di abbreviare il proprio nome e semplificare la propria immagine, tra cui Federal Express: il nome venne contratto in FedEx, operazione particolarmente riuscita perché in grado di trasmettere un'idea di maggiore tempestività e rapidità nella consegna:
Nome e logo di un prodotto devono creare un connubio armonico. L’esempio più classico è Apple: oltre al richiamo nel nome, si è scelto un elemento grafico (la famosa mela) che punta a colpire la memoria visiva.
Il problema in questi casi è definire il giusto rapporto visivo tra logo e testo. C’è il rischio di non trovare la giusta proporzione, in termini di dimensione: allargare il simbolo puo rendere il testo illeggibile, o viceversa, soprattutto se consideriamo che il logo potrà essere stampato su biglietti da visita e piccoli oggetti di merchandising.
La soluzione? Un nome non deve essere necessariamente accompagnato da elementi grafici, ma può diventare di per sé un logo, soprattutto se si trova un lettering ben studiato, come per Coca-Cola e Mtv. Oppure puntando su un pittogramma, ben visibile anche su scala ridotta, come la minimale ala stilizzata di Nike:
A volte il nome nasce da un’intuizione del fondatore, da una coincidenza o semplicemente per caso. Google, ad esempio, prende il nome da "googol" ovvero la cifra formata da un 1 seguito da 100 zeri. Sull’origine del logo Apple si dice derivi dalla passione di Jobs per l’omonima casa discografica dei Beatles. Il nome Kodak, invece, stando alle parole del fondatore, è stato scelto in quanto: “breve, vigoroso, facile da pronunciare e, per soddisfare le leggi sui marchi depositati, non significava nulla".
Scegliere il nome per una nuova azienda, ed accostarlo ad un logo che ne riprenda il senso intrinseco è un’operazione complessa, che richiede competenze in diversi campi, esperienza, accorgimenti. È un’operazione che non va lasciata al caso, sperando che la propria intuizione sia quella giusta(e correndo il rischio di troncare all’origine un business promettente), ma va ponderata tenendo presente diversi fattori ed avvalendosi della collaborazione con professionisti del mondo della comunicazione.
Il rapporto azienda/professionista dovrebbe essere incentrato sul dialogo, mettendo a disposizione quante più informazioni possibili sul proprio business, sulla propria mission e gli obiettivi futuri, in modo che ci sia coerenza con l'immagine di sè che verrà trasmessa attraverso il logo ed il naming.