Qatar 2022, quali sono i brand che stanno scendendo in campo contro i Mondiali (e perché)
Nell'evento calcistico più criticato di sempre, le aziende hanno preso posizione
13 Dicembre 2022
Domenica 20 novembre la partita Qatar vs Ecuador ha dato il via al primo Mondiale in un Paese arabo. Oltre a questo primato e ad essere il primo a disputarsi d’inverno, la Fifa World Cup 2022 in Qatar è senza dubbio una delle competizioni più criticate nella storia della competizione. Molti brand hanno deciso di boicottare questa edizione dei Mondiali, costata secondo alcune stime ben 210 miliardi di euro, viste le politiche discriminatorie qatariane nei confronti delle donne, delle persone LGBTQIA+ e dei lavoratori migranti. Numerose aziende hanno dato ascolto al pubblico che, a più riprese, si è schierato contro la Coppa del Mondo dei diritti negati. Anche gli spalti degli stadi europei avevano espresso il loro dissenso, dalla Curva Sud dell’Olimpico in cui era apparso lo striscione “Migliaia di lavoratori morti, devastazione ambientale – Qatar 22 vergogna mondiale”, ai tifosi tedeschi del Borussia Dortmund che hanno più volte esposto #BoycottQatar2022. Slogan che si è diffuso in numerosi stadi d’Europa.
DrewDog, il birrificio scozzese contro il Qatar
Il birrificio scozzese DrewDog si è subito dichiarato “”orgoglioso di essere l’anti-sponsor della fott**a Coppa del Mondo. Sì, avete letto bene: questa non è la Coppa del Mondo, bensì la fott**a Coppa del Mondo. Il calcio è stato trascinato nel fango, prima ancora che si inizi a giocare. Siamo onesti: il Qatar se lo è aggiudicato (il mondiale) attraverso la corruzione. Su scala industriale” – come riportato nel lungo post apparso sul profilo LinkedIn del CEO James Watt che continuava – “il calcio dovrebbe essere di tutti, ma in Qatar l’omosessualità è illegale, la fustigazione è una forma di punizione socialmente accettata e non c’è problema sul fatto che 6.500 lavoratori muoiano costruendo gli stadi. Per essere chiari, amiamo il calcio, ma non certo corruzione, abuso e morte. Allora, unitevi a noi. Brindiamo ai calciatori, ai tifosi, alla libertà di parole. E un vaffan**lo a chiunque pensa che un mondiale in Qatar abbia senso”. Nel frattempo le affissioni ideate da Saatchi & Saatchi UK riportavano titoli molto chiari: “Prima la Russia, poi il Qatar. Non vediamo l’ora della Corea del Nord”. Non solo parole, però, per DrewDog che ha destinato i profitti della birra Lost Lager venduta durante i Mondiali per finanziare programmi di sostegno ai diritti umani.LEGGI ANCHE: Un potere d’acquisto di 33 trilioni di dollari: come i brand possono intercettare la generazione TwitchWe’re donating all profits made from Lost Lager sold during the World Cup to causes fighting human rights abuses. pic.twitter.com/5OTA9Gn71G
— BrewDog (@BrewDog) November 7, 2022
Hummel, il coraggio della “non visibilità”
Hummel, sponsor tecnico della Danimarca, ha scelto di non mostrare il suo logo e quello della Nazionale, in accordo con la Federcalcio danese. La scelta della “non visibilità” è senza dubbio storica in un evento di portata mondiale come la Fifa World Cup. Come riportato in un Tweet ufficiale del brand tedesco di sportswear, “questa maglia porta con sé un messaggio. Non vogliamo essere visibili durante un torneo che ha causato la morte di migliaia di persone. Supportiamo sempre la squadra danese, ma non è lo stesso che supportare il Qatar come nazione ospitante”.This shirt carries with it a message.
We don’t wish to be visible during a tournament that has cost thousands of people their lives. We support the Danish national team all the way, but that isn’t the same as supporting Qatar as a host nation. pic.twitter.com/7bgMgK7WzS — hummel (@hummel1923) September 28, 2022