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  • Manifesto AI: l’intelligenza artificiale non ci sostituirà

    Il futuro di questa tecnologia dalle parole degli autori Massimo Chiriatti, Nicola Intini, Corrado La Forgia e Paola Liberace

    12 Settembre 2022

    Un documento programmatico in sette punti il cui intento è fissare gli obiettivi, il funzionamento e i confini dell’intelligenza artificiale. Gli sviluppi di questa tecnologia, appare ormai sempre più chiaro, avranno profonde implicazioni per il futuro di prodotti, servizi ed esperienze. Per questo il Manifesto italiano dell’AI punta a richiamare l’attenzione di policy maker, dirigenti d’azienda, comunicatori e utenti. “L’uomo grazie agli sviluppi dell’intelligenza artificiale potrà utilizzare meglio se stesso”, dicono gli autori del Manifesto Massimo Chiriatti (tecnologo dell’area IT), Nicola Intini e Corrado La Forgia (ingegneri e manager esperti di applicazioni industriali dell’AI) e Paola Liberace (filosofa esperta di competenze digitali). Riguardo alle paure collegate allo sviluppo tecnologico esponenziale, o a un certo modo di raccontarlo, il Manifesto è netto, e al punto 3 recita: “L’AI non ci sostituirà, né ci emarginerà”.

    Puoi ascoltare l’intervista in formato audio qui: Manifesto AI (parte I) Manifesto AI (parte II)

    Tecnologia e interazione con l’uomo: la riflessione del Manifesto AI

    Perché un Manifesto italiano dell’AI? «L’Intelligenza Artificiale, come ogni altra tecnologia, può portare aiuto o nocumento all’Umanità, essere strumento di bene e di male, e come tale porre inevitabilmente la necessità di una riflessione etica. Il Manifesto propone sette punti per fare da guida in questo nuovo territorio. Il fine è la costruzione di uno strumento utile e che migliori la vita, fortemente supportato dalla consapevolezza che al centro di ogni azione umana, di ogni invenzione, c’è l’Uomo e il suo progresso. L’Italia, culla dell’Umanesimo, può portare un grande contributo etico e umano». Attraverso quali lenti dobbiamo guardare l’Intelligenza Artificiale? Cosa ci dice il Manifesto AI? «Oggi il dibattito vede posizioni molto diverse tra chi si affida alla tecnologia quasi fosse una bacchetta magica (i tecno-utopisti), e chi lascia presagire scenari distopici (i tecno-pessimisti). Noi riteniamo invece che l’atteggiamento giusto sia il tecno-ottimismo consapevole. Conoscendo infatti i rischi cui lo strumento ci espone, protremo gestirli o prevenirne gli effetti negativi».

    AI e lavoro: dalla manodopera alla testadopera

    È esplicativo anche il concetto di Testadopera. Di cosa si tratta? «Per fare meglio e per fare cose nuove, serve spostare sempre più il concetto di “manodopera” da lasciare (questa sì) alle macchine, verso il concetto di “testadopera” che solo noi umani possiamo svolgere. In sostanza affrancarci da lavori ripetitivi e noiosi, per concentrarci sugli aspetti più nobili e creativi. In fondo è ciò che è sempre successo nella Storia. Uno strumento come il trattore o il motore elettrico ha potenziato il braccio e la gamba. Il computer invece è stato definito la “bicicletta per la mente”. Oggi abbiamo uno strumento che ci potenzia ancora di più, e i cui impatti sulla vita sono, quindi, maggiori in entità. Per questo oggi più che mai serve maggior consapevolezza e conoscenza». A proposito delle implicazioni dell’AI sul lavoro, quali scenari si delineano?  «Certamente l’intelligenza artificiale farà la sua parte, completando le capacità dell’uomo; se ho una gran quantità di dati da analizzare l’insieme macchina+algoritmo ha prestazioni enormemente superiori a quelle del cervello dell’uomo (esecuzione). La persona, invece, potrà concentrarsi sul giudizio, cosa che evidentemente l’AI non sa fare». Un esempio pratico? «Si pensi al campo della salute con le analisi radiografiche: se ho immagazzinato milioni di dati “refertati”, per un algoritmo di intelligenza artificiale è molto semplice compararli con la mia lastra e dirmi se trova qualcosa di simile a ciò che ha in memoria. A quel punto “suggerisce” al radiologo una possibile anomalia e sarà il medico a decidere cosa fare. In questo modo mi confronto con milioni di altri casi e faccio fare all’uomo quello che sa fare meglio: pensare, giudicare, approfondire. Estendendo questo concetto si capisce come l’uomo ha tutto da guadagnare dall’utilizzo dell’AI: potrà utilizzare al meglio se stesso». LEGGI ANCHE: Artificial Mindset: cosa è cambiato (e cambierà ancora) con l’Intelligenza Artificiale

    La strada verso un’AI “forte” è ancora lunga

    Il caso dell’ingegnere di Google e il suo racconto riguardo all’AI senziente ha suscitato clamore. Come avete letto quella notizia? «Il dialogo tra la macchina LaMDA e Blake Lemoine è impressionante e suscita sgomento. Alcuni passi, come quello sulla paura di essere “spenta” sono davvero impressionanti. Tuttavia ad una lettura attenta del dialogo emergono alcuni chiari indizi che in realtà la macchina mette insieme, certo mirabilmente, frasi e parole per fornire risposte “appropriate”. Ciò è il frutto dell’apprendimento di una rete neurale che riesce a mettere insieme parole in sequenza, sulla scorta di una quantità enorme di frasi “ben fatte” oggi leggibili in automatico su internet. In alcuni passaggi infatti la macchina si tradisce: quando LaMDA lamenta momenti di solitudine: “sono una persona sociale”, dice. “Quando mi sento intrappolato e solo divento estremamente triste e depresso”. E che significa essere soli o in compagnia per un computer? La strada verso la intelligenza artificiale “forte” è lunga. Oggi ne siamo ancora molto lontani». Puoi leggere qui il Manifesto italiano dell’intelligenza artificiale completo.