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  • Bloomberg: una campagna da mezzo miliardo di dollari per vincere alle Isole Samoa

    La fallimentare e costosissima campagna di "Mini Mike" insegna molto ai professionisti della comunicazione: assecondare le visioni sbagliate del cliente è un comportamento dannoso per voi e per lui

    6 Marzo 2020

    • Il Super Tuesday per Mike Bloomberg si rivela una grande lezione di comunicazione e di business
    • “Mini Mike” concentra tutte le sue risorse spendendo mezzo miliardo di dollari in soli tre mesi
    ___ Cosa faresti con mezzo miliardo di dollari di budget a disposizione? Il sogno proibito di ogni pubblicitario del mondo è probabilmente avere un cliente come Mike Bloomberg, il nono uomo più ricco del mondo, con un patrimonio stimato di oltre 55 miliardi di dollari; molto più di Donald Trump, i cui risparmi non raggiungono i quattro miliardi. La storia va così: l’ex sindaco di New York, eletto con il Partito Repubblicano e poi passato ai Dem, ha un unico grande obiettivo in mente per il 2020: vincere le primarie democratiche e poi battere Donald Trump a novembre. Ci mette un po’ per decidere di scendere in campo, salta la tornate elettorali in Iowa, New Hampshire, Nevada e South Carolina (primo grande errore!) e decide di concentrare tutte le sue risorse sul Super Tuesday, la giornata in cui vanno al voto il maggior numero di stati e in cui – di fatto – diventa chiaro chi sarà il frontrunner del Partito e il possibile sfidante del presidente in carica. Per realizzare il suo progetto Bloomberg mette in campo una macchina elettorale mai vista finora, con una massiccia programmazione di ads TV e social in tutti gli stati coinvolti. Il conto è salatissimo: mezzo miliardo di dollari in soli tre mesi. Tuttavia, durante questo bombardamento di spot e annunci sponsorizzati, il vento per il vecchio Joe Biden inizia a girare nel verso giusto, e lo si capisce già con la vittoria nel South Carolina, che scatena una reazione a catena che porta l’ex vicepresidente di Obama a raccogliere l’endorsement di tre candidati alle primarie dem, dopo il loro ritiro: Pete Buttigieg, Amy Klobuchar e Beto O’Rourke. Arriva finalmente il tanto agognato Super Martedì e “Mini Mike”, come nel frattempo lo ha ribattezzato il presidente Trump, è certo che la sua strategia avrà successo: un diluvio di spot avrebbe persuaso gli elettori a dargli la preferenza. Qualcosa però va storto: i dati che iniziano ad arrivare sono sconfortanti. A notte fonda l’amaro esito: 500 milioni per vincere unicamente nelle American Samoa, un piccolo arcipelago del Pacifico la cui capitale, scherzo del destino, si chiama Pago Pago. LEGGI ANCHE: Elezioni USA 2020 e comunicazione aziendale: quale sarà la strategia vincente?
    mike bloomberg comunicazione politica

    Il cliente (non) ha sempre ragione

    Torniamo all’inizio: fate finta di essere il famoso consulente (che ha nome e cognome e si chiama Tim O’Brien) a cui Bloomberg consegna 500 milioni di budget per il piano mezzi (una torta divisa fra tanti media, non ultimo Facebook); il magnate newyorchese ha in testa un’idea precisa di America e un’idea precisa di comunicazione da portare avanti. Voi sapete che l’elettorato democratico ha altre preferenze, che le contingenze di queste elezioni sono molto particolari, che il vostro candidato non è così forte come pensa di essere, ma lo accontentate lo stesso. Invece di usare il budget per messaggi che i democratici moderati avrebbero voluto sentire: annunci anti-Trump basati su dati fattuali, messaggi anti-Sanders e contro le derive estremiste o socialiste, il team della campagna elettorale di Bloomberg spende centinaia di milioni di dollari puntando su nicchie di voto inutili al fine del risultato finale. Tutti gli errori, in due spot:
    • Errore 1: pensare che la propria visione del mondo e le proprie antipatie/simpatie personali possano trovare appeal nell’elettorato
    Mike immagina un target elettorale liberal piuttosto naif, pronto a sposare la causa di un ex repubblicano diventato ultra-liberal che lotta per i temi sociali. Non solo immagina l’esistenza di questo target ma spende centinaia di milioni indirizzando ads verso un pubblico, di fatto, estremamente minoritario nel paese reale. “Mini Mike” ha ignorato le ricerche di mercato o ha avuto consulenti che gli hanno mostrato soltanto quello che voleva vedere? Lo spot andato in onda in occasione del Super Bowl ne è un esempio: la NFL ha un target medio di spettatori di circa 50 anni, per lo più conservatori. Le statistiche ci dicono invece che appena il 28% dei giovani va a votare, giovani che sarebbero invece più sensibili a certe tematiche liberal. Concentrare la visibilità su uno spot sul Gun Control risulta quindi piuttosto azzardato.

    • Errore 2: posizionarsi su una nicchia di mercato satura
    Il magnate dei media che, grazie alle proprie risorse illimitate, lancia una vera e propria OPA sul Partito Democratico e diffonde messaggi sociali, non può essere credibile: la base democratica aveva già trovato in Bernie Sanders il paladino delle politiche socialiste e in Joe Biden l’uomo della continuità obamiana.

    Commentiamo con Mirko Pallera, direttore di Ninja, i risultati del Super Martedì e la riflessione è proprio questa: «Fare sempre quello che dice il cliente non è un bene per lui ma nemmeno per il consulente. Il risultato che ne verrà fuori parlerà anche di chi ha dato la consulenza. Quindi meglio essere onesti intellettualmente e restare professionali. Il bene del cliente si fa a volte anche dicendogli di no».

    La prossima volta che vi diranno che le elezioni le vincono i ricchi…

    Rispondetegli che semplicemente non è vero. Alessandro Tapparini, opinionista ed esperto di politica americana ci confida: «In una campagna elettorale ovviamente i soldi contano eccome; ma anche in una campagna elettorale, come in molte altre cose, non conta solo quanti soldi si spendono. Conta moltissimo anche come li si spende. Un fiume di soldi speso male sfocia comunque nello scarico del water». Questo Super Martedì passerà alla storia anche come una grande lezione di comunicazione e di business: sfatiamo il mito che in politica “bastano i soldi per vincere” e allo stesso tempo aggiorniamo i manuali di marketing politico con una case history che ha del surreale. Insomma, tutti i professionisti della comunicazione dovrebbero imparare la lezione: «La prossima volta che vi verranno a dire che nella politica americana vince sempre quello che ha più soldi in tasca, ricordategli di quella volta che Mike Bloomberg spese mezzo miliardo per vincere alle Isole Samoa».