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  • Ecco perché i centri per l’impiego vanno chiusi e il Reddito di Cittadinanza trasformato in un’app

    Possiamo diventare subito una "smart nation" che usa Big Data e eLearning per risolvere il problema di lavoro. Basta volerlo.

    9 Aprile 2019

    Dicono che manchino solo 26 anni alla “singolarità tecnologica”. Si tratta del momento in cui – secondo la definizione di Kevin Kelly, co-fondatore di Wired, “l’innovazione dell’ultimo milione di anni verrà superata dai cambiamenti dei successivi cinque minuti”. Una specie di incubo secondo alcuni, per altri l’inizio di una nuova era nella storia della specie umana, o di quello che ne resterà a causa dell’avvento di nuove forme di esseri misti uomo-macchina. In quel momento i miei figli, che oggi hanno 3 e 6 anni, avranno circa 30 anni e saranno nel pieno della loro vita lavorativa. Ma il mondo del lavoro non sarà più lo stesso: molti dei lavori attualmente esistenti non ci saranno più e quello che avranno studiato a scuola probabilmente non gli sarà più utile.

    La fine del lavoro come lo conosciamo

    E mentre si discute se dovremo tassare le aziende che sostituiranno i lavoratori umani con robot e intelligenze artificiali, ci troviamo ad affrontare il problema del ricollocamento di migliaia di persone che perderanno il lavoro come conseguenza dell’automazione di molti processi e di come preparare le nuove generazioni ad una probabile “fine del lavoro”. Quest’ultimo non “scomparirà” da un giorno all’altro, ma le previsioni indicano che le le smart company che usano robot e intelligenze artificiali per abbattere i costi – come Amazon per intenderci -, renderanno sempre meno competitive le imprese che si basano principalmente su personale umano. Medici, avvocati, notai, autisti, bancari sono solo alcuni dei prossimi lavori che verranno fortemente ridimensionati, mentre sopravviveranno le occupazioni in cui l’essere umano sarà preferito alle macchine. Secondo un video di Casaleggio Associati ci potrebbe invece essere ancora un futuro per artigiani, infermieri, atleti e amanti. Cosa possiamo fare quindi per iniziare a prepararci e per sfruttare quei pochi decenni che ancora ci separano dalla scomparsa totale del lavoro e allo stesso tempo cosa dovrebbero fare le istituzioni per lenire il problema dell’aumento della disoccupazione e ricollocare chi il lavoro lo sta già perdendo o lo ha già perso?

    Le competenze necessarie per affrontare il futuro

    Ho partecipato come speaker al #Sum03, levento dedicato a comprendere il futuro organizzato dall’Associazione Gianroberto Casaleggio e dal palco di Ivrea ho evidenziato alcuni dei temi che tracciano le strade del cambiamento dei prossimi anni e delle competenze lavorative necessarie a cavalcarlo: blockchain, intelligenza artificiale, big data, realtà virtuale, biohacking sono alcune della parole chiave. Cosa possiamo fare come cittadini e lavoratori per apprendere nuove competenze e restare competitivi in un mercato che si assottiglia e si modifica profondamente? E cosa deve fare lo Stato in termini di politiche del lavoro attive e rispondenti alla necessità e velocità del cambiamento? Sicuramente non possiamo perdere tempo, nè continuare a seguire vecchie strade. 

    Il Reddito di Cittadinanza è un buon inizio…

    Il Reddito di Cittadinanza è partito e servirà a tamponare, almeno in parte, la perdita di posti di lavoro. Si tratta di un ammortizzatore sociale indispensabile e imprescindibile nello scenario fin qui descritto. Questo però non significa rassegnarci alla perdita di competitività degli umani rispetto alle macchine: per ora le competenze necessarie per trovare lavoro appartengono ancora principalmente all’essere umano e sarà così per un bel po’. E giusto quindi sintonizzarsi sulle pratiche di formazione più efficaci al fine di ricollocare chi perde il lavoro formandolo alle nuove competenze nell’ottica di quello che viene definito “lifelong learning”. Perché allora non usare proprio quella tecnologia, da alcuni accusata di distruggere posti di lavoro, per risolvere il problema dell’occupazione? Perché, mentre le tecnolgie esponenziali cambiano il mercato del lavoro a velocità mai viste, progettiamo ancora politiche del lavoro legate a strumenti obsoleti: fisici, cartacei, locali, non integrati, nè intelligenti, basati su metodologie formative poco tracciabili e scarsamente efficienti? Siamo davvero sicuri che i centri per l’impiego, le card per il reddito e i navigator siano al passo con le possibilità che le moderne tecnologie ci offrono, con sistemi automatici data-driven e basate su machine learning e intelligenza artificiale?

    … ora trasformiamolo in una App!

    Come spesso succede, le risposte a domande complicate possono essere molto semplici: per unire domanda e offerta e creare un unico ecosistema del lavoro smart non dobbiamo inventarci nulla che già non esista. Tutto quello che serve è già disponibile! E lo abbiamo sempre con noi. Si chiama smartphone. Se cerco una casa in affitto, un volo per spostarmi, un albergo o un ristorante, lo impugno, apro una applicazione e trovo quello che voglio in pochi secondi. Se ho una stanza da affittare mi registrerò su AirBnB per renderla disponibile, se cerco un freelance per un lavoro probabilmente accederò a Fiverr. Se voglio cambiare casa vado su una applicazione che identifica il punto in cui mi trovo e che mi propone una selezione di immobili elaborata secondo le mie esigenze. Ecco, se un’azienda ha bisogno di un lavoratore con cui incamerare anche i benefici derivanti dall’attuazione del Reddito di Cittadinanza, deve poterlo fare facilmente, proprio attraverso un’app. Se un lavoratore cerca un impiego vicino a casa, si geolocalizza e accede alle offerte della aziende. Dalla stessa app il lavoratore si propone per la posizione e fissa un colloquio. Dall’app l’azienda fornisce un feedback sul colloquio, confermando che sia avvenuto e che il candidato si sia presentato. Come avviene su Tinder, se c’è feeling avviene il match e sboccia l’amore. In questo caso un’assunzione.
    Luca Attias, commissario per l’Agenda Digitale
    La procedura sarebbe davvero semplice e intuitiva per tutti i soggetti coinvolti: clicco sull’app, carico l’offerta o la richiesta di una posizione. I centri per l’impiego – che quindi si potrebbe evitare di rafforzare – vengono informati in tempo reale. Il sistema, che raccoglie tutte le offerte delle aziende, valuta se il numero di condidati sia sufficiente a coprire la domanda. Apprende in tempo reale e diventa intelligente e in grado di fare previsioni e indicare strategie per le politiche del lavoro.  Se il trend evidenzia un settore in crescita in cui la forza lavoro non sia adeguatamente formata, il sistema può stimolare attraverso meccanismi di retrofeedback positivo più lavoratori a formarsi alle competenze richieste. Mancano addetti alla gestione e protezione dei dati personali, progettisti di realtà virtuale? Aumento il numero di corsi su questo tema e indirizzo più persone a formarsi in quella direzione. Si crea un ecosistema che, potenzialmente, è in grado di raggiungere l’equilibrio. In questo modo ci si potrebbe muovere nella direzione ambiziosa della piena occupazione: a questo servono Big Data, Machine Learning, Intelligenza Artificiale, servono a risolvere problemi complessi. È la direzione verso cui sta andando il Governo con il supporto di Domenico Parisi, neopresidente di Anpal e docente americano di big data, nonchè ideatore del software utilizzato nel progetto Mississipi Works, un sistema che combina domanda e offerta di lavoro nello stato più povero degli Stati Uniti, il Mississipi, e che dovrebbe prevedere proprio un’app dedicata. Una “smart nation”, ovvero un Paese che vuole essere moderno e intelligente deve permettere a domanda e offerta di incontrarsi in tempo reale, in modo digitale e user friendly, non in bacheche cartacee come si vede ancora in molti centri per l’impiego. Una applicazione di Stato, progettata e realizzata ai più alti standard tecnici e di user experience e collegata a una base di dati efficienti può diventare un’unica interfaccia pratica e intelligente per i cittadini e per le aziende. Un sistema virtuoso, in grado di stimolare la produzione di contenuti formativi in eLearning reperibili tramite uno store pubblico alimentato dalle aziende di formazione private, potrebbe permettere a chi ha accesso al Reddito di Cittadinanza di utilizzare il proprio credito per investire nella formazione necessaria e personalizzata per ricollocarsi autonomamente nel mondo del lavoro seguendo il proprio percorso professionale e le proprie attitudini. I Navigator non servono più. O per lo meno potrebbero servire come tutor per la gestione di un sistema centralizzato, efficiente, intelligente e usabile.

    I vantaggi di formare i lavoratori in elearning

    Lo scambio in tempi rapidi delle informazioni sulle offerte e richieste di lavoro permetterebbe di individuare facilmente i settori strategici sui quali investire in formazione finanziata, tenendo conto anche delle esigenze e delle peculiarità regionali, ma è essenziale anche un altro aspetto: la formazione per il ricollocamento legata al Reddito di Cittadinanza deve essere fatta in elearning, via smartphone, computer e tablet. La formazione sarebbe, in questo modo, tracciata, nella fruizione ma anche nella verifica delle competenze acquisite, grazie ai sistemi di monitoraggio chiamati LRS (learning record store). I centri per l’impiego così come i navigator, dicevamo, possono quindi essere riconvertiti in semplici luoghi di assistenza all’uso della tecnologia, ed eventualmente in centri di esame in cui verificare le competenze acquisite grazie allo studio fatto online, con test o prove pratiche completamente digitali. Oppure in laboratori in cui permettere a tutti di fruire di corsi completamente online. Grazie a questo assetto le istituzioni centrali (Ministero del Lavoro, Anpal) avrebbero smart data in tempo reale utilissimi a comprendere come migliorare il sistema, ovvero in quali regioni e in che settori investire maggiormente in formazione finanziata, dando incentivi per aumentare la formazione in alcuni settori strategici con trend in crescita e seguendo anche le necessità locali. Sarebbe una rivoluzione. Più efficienza, meno sprechi. Più competenze acquisite, più lavoratori collocati. Oggi è già possibile aprire un conto corrente con un selfie. Non sarebbe nemmeno troppo complicato verificare l’identità di chi sostiene un esame attraverso sistemi di riconoscimento facciale. La tecnologia, insomma, ci permette non solo di raccoglie un impressionante numero di dati, utile per migliorare i processi, ma consente di formare le persone a distanza abbattendo i costi e incrementando le performance.

    DA IO.italia.it a IA.it, l’applicazione unica per il RDC

    In questo senso sono incoraggianti i passi mossi da questo Governo e da quello precedente che, attraverso il Team Digitale di Diego Piacentini, ha progettato e sta sviluppando un’app per mettere in comunicazione facilmente la Pubblica Amministrazione con i cittadini. Operazioni semplici, che spesso ci portano via tempo, come pagare multe e bolli, saranno disponibili sull’applicazione IO.italia.it.
    Diego Piacentini, da manager Amazon a commissario per il Digitale prima di Luca Attias
    L’applicazione sarà anche usata come interfaccia per la gestione dei benefici collegati al Reddito di Cittadinanza, ma potrebbe essere usata – e questa sarebbe la novità oggetto della mia proposta – come unico interfaccia anche per erogare la formazione finalizzata al ricollocamento: la tecnologia è già disponibile e quando c’è la volontà politica di realizzare un cambiamento, il risultato diventa raggiungibile. Mettendo insieme un unico interfaccia per l’accesso al Reddito di Cittadinanza, i dati sulla domanda e offerta di lavoro e la formazione in elearning per il ricollocamento, l’applicazione del Progetto IO potrebbe in questo modo diventare una vera e propria IA, ovvero un sistema pratico, usabile e intelligente in grado di affrontare sistemicamente e attivamente il problema dell’occupazione e di porre l’Italia come capofila dell’innovazione nel lavoro a livello mondiale.

    Mirko Pallera, direttore Ninja.it

    @mirkopallera