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  • Questa startup vuole ripulire l’oceano dal 50% della plastica in cinque anni

    The Ocean Cleanup, nata come fondazione e poi diventata una startup è il Pac-Man gigante di tutti i mari ed è già partito per la sua importante missione

    27 Settembre 2018

    Il problema c’è, lo sappiamo, ne parliamo da anni, abbiamo dati alla mano, lo vediamo ogni giorno, ma c’è sempre chi sminuisce la cosa, chi continua imperterrito e in modo superficiale a sottovalutare la situazione. Cosa si può fare per ripulire il mare? È questa la domanda che si è posto un giovane olandese, Boyan Slat, mentre faceva un’immersione subacquea in Grecia: come era possibile che, intorno a lui, ci fossero più bottiglie di plastica che pesci? Doveva fare qualcosa, voleva liberare il mare dall’immondizia dell’umanità. Era ancora uno studente del liceo, quando avviò un progetto scolastico sull’inquinamento causato dalla plastica negli oceani e sul perché fosse ritenuto impossibile ripulirli. Nel 2012 Boyan è riuscito a ideare un sistema passivo, usando la circolazione delle correnti oceaniche, che ha presentato durante una TEDx talk a Delft. L’anno successivo ha creato la fondazione, The Ocean Cleanup, che è diventata poi una startup, riuscendo ad ottenere dei finanziamenti, oltre 2 milioni di dollari e, successivamente, anche il sostegno del governo olandese. Con l’aiuto di 80 studiosi, tra biologi ed ingegneri, ha brevettato un sistema per ripulire le acque degli oceani da tutta la plastica, una tecnologia nuova, sostenibile e capace di resistere alle correnti del mare.

    Come funziona?

    La piattaforma sfrutta le correnti dell’acqua che non devono essere viste come un problema, qualcosa da arginare, ma come la soluzione. L’impatto ambientale del macchinario è minimo, perché sfruttando le correnti non necessita di energia. È composto da un tubo galleggiante lungo 600 metri a cui è collegata una barriera di poliestere profonda 3 metri. Avete presente Pac-Man, il mangiatore di puntini più famoso del mondo dei videogame? Beh, questa struttura si comporta allo stesso modo, “ingurgita” più plastica possibile, anche oggetti grandi un millimetro, muovendosi velocemente, mossa appunto dalle onde e dal vento, spingendo i rifiuti al centro, verso la barriera galleggiante. E una volta raccolto tutto, che fine farà questo “bottino”? L’idea, ovviamente, è quella di riciclare, dar vita ad oggetti nuovi, senza dover sprecare altro materiale. La struttura ha lasciato il porto di San Francisco ed è diretta verso l’oceano Pacifico, per raccogliere quanta più spazzatura possibile entro un anno. Ogni sei settimane arriverà una nave a ritirare tutto il carico. L’obiettivo è quello di ripulire l’oceano del 50% in 5 anni, con una riduzione del 90% entro il 2040. Per raggiungere questi numeri, la flotta deve tirar su circa 14 mila tonnellate l’anno.  Tutta la struttura è circondata di luci, ha un sistema di anti-collisione, telecamere, sensori e satelliti che controlleranno gli spostamenti ed eviteranno possibili scontri con le navi di passaggio.

    Idea geniale o possibile flop?

    La sfida è ardua, il progetto è grande ed è d’ispirazione per tante persone, considerando che ogni anno vengono riversati 8 milioni di tonnellate di plastica nei nostri mari. Tutti abbiamo dei sogni, e quello di ripulire il nostro pianeta, le nostre acque è qualcosa di nobile. Se tutto dovesse andare secondi i piani, il prossimo step sarà quello di installare sessanta piattaforme galleggianti in varie zone della Terra, entro il 2020. La creazione del giovane ventiquattrenne è stata inserita tra le migliori invenzioni del 2015 dal Time e lo stesso Boyan è stato definito da Forbes tra i più brillanti “Uder 30” del mondo. Il suo motto è “Possiamo farlo. Dobbiamo farlo. E lo faremo”. Pur essendoci tutti i presupposti per vincere una battaglia che va oltre i sogni di tutti noi, le critiche non sono mancate. La pulizia degli oceani, per quanto efficace, da sola non può bastare, molti scienziati sono scettici, sia per il possibile impatto sulla vita marina, ma soprattutto perché il progetto ignora la prevenzione, ossia che non si tratta di pulire ma di non sporcare, il che ci riporta a tutto ciò che, negli anni, abbiamo imparato sull’ecologia, l’inquinamento ma soprattutto sull’amor proprio. Lo stesso Boyan ha affermato che qualcuno deve pur ripulire tutti i rifiuti dell’oceano, che sono lì già dagli anni Sessanta, ma è fondamentale prevenire che la plastica continui a finire in mare.