Anche quest’anno a fine ottobre ho avuto il piacere di partecipare ad uno dei più interessanti Festival sull’innovazione che si fanno in Italia: Conversazioni sul futuro. Quattro giorni con quasi 200 ospiti impegnati in circa 80 appuntamenti disseminati in oltre 20 location (teatri, centri culturali, librerie, luoghi pubblici e scuole) di Lecce.
Il Festival ha proposto un articolato programma di workshop, incontri, lezioni, concerti e dj set, presentazioni di libri, approfondimenti sull'enogastronomia che abbiamo supportato con RuralHack, laboratori, presentazione della Maker Faire di Roma, il Climathon Lecce (organizzato dal Centro Euro-Mediterraneo sui Cambiamenti Climatici), Omofobi del mio stivale, una manifestazione contro l’omofobia e per i diritti civili, Cinema sul Futuro, una serie di incontri dedicati al mondo dell’impresa, l’Officina dei bambini e delle bambine a cura di Boboto, Le Officine del Futuro, sezione di innovazione e tecnologia a cura di FabLab Lecce.
Hanno rottamato il brand TEDx, e hanno fatto bene
Gabriella Morelli e tutta la sua tribù hanno fatto un scelta importante: quella di rinunciare al brand TEDx con cui era nato l’evento per seguire l’intuizione che forse oggi fosse necessario un modello di evento diverso dal palcoscenico inspirazionale.
Una scelta coraggiosa e premiata quella di non mettere su un palco solo storie emblematiche e di successo ma di cercare creare incontri e conversazioni tenendo insieme le diverse posizioni e la moltitudine dei punti di vista che tengono insieme la complessità del presente che andrà sempre più aumentando verso il futuro.
Il tutto nella consapevolezza che al di là di nomi, nomoni e influencer, il risultato più importante è stato quello di riuscire a coinvolgere tutti i cittadini della splendida città di Lecce in questa palestra d’innovazione che ad oggi mi sembra essere tra i più interessanti laboratori sull’innovazione per le comunità del Mediterraneo.
Il futuro come "faccenda politica"
Presentato in questi termini, sembrerebbe che Conversazioni sul Futuro voglia contrapporre un’idea di innovazione completamente distante dalla cultura dominante. Invece, leggere il contesto del nostro tempo in un’ottica mediterranea ci permette di guardare il mondo attorno a noi prestando attenzione anche ai punti di vista differenti o alternativi dal nostro. Ed è proprio in questa pluralità di voci, di situazioni che sta la bellezza di Conversazioni sul Futuro.
Un festival sull’innovazione, sulla complessità del nostro tempo, che non ha paura di considerare il futuro come una faccenda politica.
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L’innovazione non come un processo inesorabile deciso in qualche indefinito altrove e che siamo costretti a rincorrere affannosamente, ma come il frutto del nostro presente dato dalla sommatoria di tutte le scelte che ora decidiamo di prendere, compresa quella di tornare indietro nel passato a recuperare qualcosa che abbiamo dimenticato e che ci accorgiamo essere fondamentale per la nostra sopravvivenza.
Oltre il networking, l'importanza delle relazioni
Conversazioni per cercare risposte sulla complessità del Futuro, risposte intuite, mai urlate, non solo nei momenti elencati nel ricco programma ma soprattutto negli interstizi, negli incontri casuali e voluti tra i vari relatori, nelle cene a base di prodotti tipici, nelle feste insieme con i giovani locali, nelle discussioni fatte in giro nello splendido scenario di Lecce, capitale di quel Salento che è ormai simbolo nel mondo di una certa visione di qualità della vita. Una qualità della vita data dalla qualità del rapporto con gli altri, come direbbe il mio maestro Cassano “dal patrimonio di amicizia, fiducia, rispetto e di cura su cui si può contare”. Un presupposto questo che è una risorsa per tutta la contemporaneità che può aiutarci a mutare l’idea che alla ricchezza ci si giunga solo tramite
conflitto e distruzione dell’altro.
Innovazione tecnologica, enogastronomia , migrazioni, attivismo civico, ecologia un festival dove la diversità diviene un valore da difendere e l’unificazione è basata su uno scambio e un arricchimento reciproco sul piano culturale, relazionale, esperienziale e talvolta materiale, mantenendo salda l’identità di ciascuno.
Una visione mediterranea dell’innovazione che ripensa se stessa e ridefinisce il suo ruolo nella nuova modernità: dall’innovazione tecnologica tout court propria di un panorama capitalista fondato su responsabilità, libertà e produttivismo, si affianca una nuova modernità che a questi aspetti aggiunge quelli caratteristici di un’Europa meridionale: comunità, tradizione, destino comune.
A Lecce si può sperimentare
Lecce, città dalle tante stratificazioni, ben si candida ad essere laboratorio sperimentale a sud dell’innovazione, una testimonianza viva e non musealizzata che il Mediterraneo è allo stesso tempo identità e indebolimento di essa, e il mare apre la mente all’idea di partenza che a sua volta permette un ritorno sempre realizzabile, con svariate possibilità di movimento.
E il Mediterraneo, Lecce, Conversazioni sul Futuro sono un contesto interessante, in cui è inevitabile instaurare un rapporto con l’altro, che si tratti di contatto e incontro o di conflitto, nella prospettiva di ridefinizione e reinterpretazione della propria identità e cultura, mantenendo i segni essenziali per essere più aperto e pronto al dialogo con l’altro. In questo modo non ci si chiude alle realtà circostanti, ma ci si lascia liberi solo di imparare da esse.
Durante le giornate passate a Lecce continuava a riecheggiarmi le parole di apertura del Pensiero Merdiano di Franco Cassano: «Pensiero meridiano è quel pensiero che si inizia a sentir dentro laddove inizia il mare, quando la riva interrompe gli integrismi della terra, quando si scopre che il confine non è un luogo dove il mondo finisce, ma quello dove i diversi si toccano e la partita del rapporto con l’altro diventa difficile e vera».
I nuovi ponti nel/del Mediterraneo
Franco riconduce il discorso del pensiero meridiano allo scenario del Mediterraneo soffermando lo sguardo sulle coste della Grecia, custode di apertura e di una molteplicità di voci, punti di vista, culture, culla dei dissoì lògoi (che oggi potremmo tradurre proprio come Conversazioni sul Futuro) , crocevia di incontri e scontri nell’alternarsi di commercio, viaggi e guerre.
L’uomo mediterraneo deve cogliere le sfide del tempo di costruire ponti, contatti e collegamenti.
Forse è per questo che Conversazioni è stato dedicato quest’anno “a tutte quelle creature che hanno attraversato il mare senza mai arrivare”, proprio per voler conservare tutte queste forme dell’esistenza “altre” e diverse da quella che ha sempre dominato una idea di futuro e di progresso nella cultura occidentale.
Conversazioni sul Futuro è un evento che si è fatto ponte tra terra e mare, tra passato e futuro, con l’obiettivo di recuperare anche quelle risorse che facilmente vengono accantonate o non ritenute degne d’importanza ai fini sociali.
Grazie a Conversazioni per avermi dato l’opportunità di tornare al mio lavoro nella conferma che internet, i big data, l’intelligenza artificiale, cloud computing, realtà aumentata e tutte queste belle cose di cui mi occupo devono porre al centro il problema della giustizia più che la conquista del controllo e del potere, dando la giusta importanza a ciascuna cultura e forma di vita e promuovendo l’accordo tra queste.
Chi c'era
Ho incontrato e mi sono scontrato con tante persone Paola Deffendi e Claudio Regeni i genitori del ricercatore Giulio e Rino e Lucia Rocchelli, padre e sorella del fotografo Andy, Ilaria Cucchi, il danzatore siriano palestinese Ahmad Joudeh, il medico e attivista egiziano Ahmed Said, il trapiantologo Daniele Antonio Pinna, il designer Riccardo Falcinelli, l'art director Francesco Franchi, l'architetto Marco Rainò, l'attore e regista Daniele Gattano, l'attore e scrittore Fabio Canino, l'ideatrice di Parole O_Stili Rosy Russo, gli scrittori Enrico Remmert, Christian Raimo, Leonardo Colombati e Flavia Piccinni, il bibliopatologo Guido Vitiello, i giornalisti Giuseppe Giulietti, Lirio Abbate, CarloBonini, Marco Damilano, Antonio Sofi, Fabio Chiusi, Giampaolo Colletti, Giuliano Foschini, Tiziana Prezzo, Wanda Marra, gli autori Stefano Andreoli (Spinoza.it) e Adelmo Monachese (Lercio.it), i registi Alessio Cremonini, Davide Barletti e Alessandro Valenti, il musicista e produttore dei Subsonica Max Casacci, l'avvocato Alessandra Ballerini, il portavoce e la coordinatrice campagne
di Amnesty International Italia Riccardo Noury e Tina Marinari, il produttore discografico Claudio Poggi, il cantante Daniele Sanzone, l'esperto di resilienza e di politiche di adattamento ai cambiamenti climatici Piero Pelizzaro, lo street artist Nemo’s, il medico e saggista Silvia Bencivelli, il direttore IIT – CNR e Registro.it Domenico Laforenza, il blogger Hamilton Santià, il vice presidente Italia StartUp Antonio Perdichizzi, il giurista e scrittore Giovanni Ziccardi, il sociologo Giovanni Boccia Artieri, i linguisti Massimo Arcangeli e Vera Gheno, la presidente Associazione italiana malattia di Alzheimer Patrizia Spadin, il cuoco contadino Peppe Zullo, il food performer Nick Difino e il gastrofilosofo Donpasta… sono venuti tutti a testimoniare che il futuro o sarà plurale o non sarà.