Che il mondo di internet sia meraviglioso e composto principalmente da una massa critica sempre in movimento e in continua evoluzione, ormai l’abbiamo capito da tempo.
Sociologi, antropologi, politologi, psicologi e studiosi vari, da anni ormai cercano di tracciare un solco su quello che può essere definito un vero e proprio mondo parallelo al nostro, dove crescono idee, progetti e dove esistono vere e proprie regole ed etichette comportamentali che esulano dal mondo “offline”. Anche se però, queste il più delle volte sembrano essere destinati a rimanere fenomeni isolati e rinchiusi nel loro compartimento stagno fatto di dati digitali, di siti web e di canzoni idiote.
Ma cosa succederebbe se un bel giorno parte di quel mondo digitale e di quelle teorie nate in un ambiente non tangibile come quello di internet, diventassero talmente seguite e osservate come una vera e propria dottrina politica che esistente da anni, fino a porsi come “alternativa” a quelle esistenti?
È il curioso caso dell’ALT-Right (acronimo di ALTernative Right), il movimento politico americano con tendenze di destra balzato nelle cronache della scorsa estate, che ha visto la sua genesi nella quasi totalità nel sottobosco di internet e dei social network (4chan, reddit, twitter, etc) e che si pone come alternativa appunto, all’ala Conservatrice della politica americana.
Di fatto costituito senza un vero unico Leader riconosciuto da tutti e senza una dottrina omogenea nella quale vi si possa rispecchiare la totalità di coloro che ne fanno parte, ma che comunque trova il proprio riscontro in ideologie come il Maschilismo, Nazionalismo, il Suprematismo Bianco, l’Islamofobia e l’Antisemitismo, opponendosi fermamente al Femminismo, all’immigrazione e al politicamente corretto, affermando soprattutto che i maschi di razza bianca ed eterosessuale siano diventati la vera minoranza da preservare nel III° millennio.
Un fenomeno quindi che in effetti risulta abbastanza difficile da quantificare in numeri: proprio per la sua natura fluida, banalmente non si sa quanto possa essere esteso il movimento, soprattutto in termini di mobilitazione, proselitismo e attivismo nella vita reale. Ma dove risiede quindi il loro potere, e perché un “partito” tendenzialmente composto dal variegato strato sociale di internet inizia a “far paura” o quantomeno a far parlare seriamente di sé?
Strano a dirsi, ma la spiegazione la potremmo quasi dare dicendo che ci troviamo davanti al più grande esercito mondiale di troll e di nemici del “politically correct”. Le loro armi? I social, i meme e la propaganda.
Volete un esempio? Torniamo indietro all’anno scorso: è il 2016, siamo in America, nell’anno delle elezioni presidenziali forse più sentite e controverse degli ultimi anni. Sono le elezioni di Donald Trump contro Hillary Clinton, dove si sprecano le battute al vetriolo a colpi di tweet, retweet, share, like e compagnia cantante, proprio nel momento in cui una grande fetta della popolazione occidentale si informa proprio tramite i social network. E sarà proprio lì che si combatterà la più grande battaglia dell’ epoca dell’ informazione digitale.
L’ALT-right (di cui Pepe, la ranocchia che vedete sotto nelle vesti di Trump è un simbolo) quindi decide di schierarsi proprio con “la candidatura barzelletta” del magnate americano, il candidato presidente forse meno politically correct della storia, che per giunta sfidava direttamente contro la Clinton, super nemico giurato in quanto donna e democratica.
Sicuramente ricorderete anche le megapolemiche attorno al discorso fake news e “avvelenamento di pozzi” da parte di ignoti: secondo un articolo del NYTM, c’era una vera e propria fabbrica di messaggi “bufala” indirizzati ai sostenitori di Sanders, Clinton e Trump, ovviamente declinati a seconda dei rispettivi obiettivi (screditare o esaltare un candidato rispetto ad un altro, in questo caso), pronti a depositare il loro devastante impatto sull'opinione pubblica: non è un caso che uno studio di Buzzfeed abbia messo in risalto che probabilmente anche le fake news hanno contribuito a spostare l'ago della bilancia di queste elezioni.
Ma se una rondine non fa primavera, soffermatevi per un attimo anche sul piccolo dettaglio che Steve Bannon, lo stratega della comunicazione di Trump (e da poco da lui silurato), è a capo di Breitbart news, sito di informazione baluardo dell’ALT-Right.
È inutile poi dire che in barba alla barzelletta, sappiamo tutti com’è andata a finire.
Ma il mondo dell'internet quando vuole è letale, spietato, crudele e malvagio: avete mai saputo della triste storia della bandiera di Shia Laboeuf? Beh, anche qui c'è il devastante zampino degli attivisti dell’ALT-Right.
In contrapposizione al suo progetto artistico di protesta nei confronti del neoeletto Trump, che prevedeva l’installazione per 4 anni di una bandiera ripresa 24/7 da una webcam in un posto remoto e anonimo del mondo con sopra scritto “He Will Not Divide Us”, hanno innescato una vera e propria caccia alla bandiera mobilitando tutta la loro community online, che dopo calcoli apparentemente folli ed assurdi è riuscita nell'intento di tirarla giù e di sostituirla dopo appena 36 ore con un cappellino con sopra un laconico “MAKE AMERICA GREAT AGAIN”.
Cosa aspettarsi quindi dal futuro: Vedremo un domani fenomeni del genere anche in Europa? Internet sfornerà altri movimento del genere? Fin dove arriverà l'ALT-Right? Che sia un fuoco di paglia o che si sia davanti ad un nuovo modo di intendere la politica ce lo dirà solo il tempo.
Per il resto, possiamo discuterne su Facebook, Twitter e LinkedIn... Ovviamente, nel rispetto di tutti.