Tutti sappiamo come funziona il sistema democratico. O dovremmo saperlo. Il significato della parola è semplice: il governo del popolo. Il principio, declinato e applicato in maniere leggermente diverse nel mondo, è, semplificando all’estremo: a ogni cittadino corrisponde un voto. Ogni voto ha lo stesso valore.
Secondo Jason Brennan, professore della Georgetown University e autore del libro “Against democracy” (Contro la democrazia) il dilemma della democrazia è che concedendo il voto alla massa, il singolo voto non è più significativo, rimane disperso nella marea di voti. I cittadini rimarrebbero quindi ignoranti, disinformati.
Egli propone quindi un nuovo sistema, l’epistocrazia. Non più il governo del popolo (demos) ma il governo dei dotti. Episteme, la parola greca a cui ci si allaccia indica infatti una conoscenza certa e fondata. Già John Stuart Mill nel 1861 in realtà aveva proposto un sistema simile, in cui un voto extra era concesso ai colti.
In questo sistema le istituzioni rimangono le stesse del sistema democratico, ma il diritto di voto è concesso a coloro che superano alcuni test di conoscenze politiche. Oppure ad ognuno viene concesso un voto, ma di peso diverso a seconda delle conoscenze dimostrate.
Come la democrazia anche l’epistocrazia può essere declinata in varie forme.
Le opinioni nell’era dei social network
Uno degli aspetti più sorprendenti dei social network è la ragione per cui alcune informazioni, opinioni, idee o immagini si diffondano velocemente, in una maniera tanto simile ad una epidemia che si usa il termine “virale” per definire questo tipo di propagazione.
Non sempre è il contenuto a far la differenza: informazioni simili altre volte viaggiano lentamente e muoiono nell’indifferenza generale.
Alcuni esperti di analisi delle reti sociali si sono domandati se non fosse una caratteristica strutturale della rete a favorire certe informazioni a discapito di altre.
Kristina Lerman, dell’Università della Southern California, insieme ad alcuni colleghi, ha cercato una risposta.
Le sue scoperte sono molto interessanti, e spiegano come la nostra percezione può essere ingannata. Come nelle illusioni ottiche, il nostro cervello può interpretare la realtà in maniera sbagliata se l’input ricevuto è costruito ad arte.
Gli studiosi hanno scoperto un paradosso che hanno battezzato “L’illusione della maggioranza”.
Questa illusione si manifesta quando una persona osserva o attribuisce un comportamento alla maggioranza dei suoi amici (o contatti). In realtà però, il comportamento osservato è poco diffuso nella rete nella sua totalità.
Se osservate la figura sottostante noterete due reti identiche per struttura e numero di nodi collegati. Alcuni di questi nodi sono colorati in maniera diversa.
In quella di sinistra i nodi non colorati “vedono” più della metà dei loro vicini colorati.
Nella rete raffigurata a destra invece questo non accadde per alcuno dei nodi non colorati.
L’illusione della maggioranza dipende non dalla struttura della rete, ma solo da quali siano i nodi colorati.
A seconda di quali siano, si avrà l’impressione che qualcosa sia normale e diffuso mente invece la realtà globale è diversa.
In altre parole, se nella vostra rete di contatti vi sembrerà che una idea o fatto predomini, fareste meglio a distogliere lo sguardo dagli amici più popolari.
La differenza infatti tra le due reti nella figura è che l’illusione della maggioranza avviene quando ad essere colorati sono i nodi più popolari, cioè quelli con il maggior numeri di connessioni.
L’illusione della maggioranza è stata osservata in molte situazioni dagli studiosi, che hanno analizzato i collegamenti tra autori di articoli accademici, la rete di follower del social network DIGG e i collegamenti tra blog che si occupano di politica.
In tutti i casi, nonostante i contesti diversi, hanno rilevato questo fenomeno.
La conclusione è che il fenomeno dell’illusione della maggioranza può essere efficacemente usato per far credere alla popolazione qualcosa che in realtà non è vera.
Per chi desideri utilizzare questa illusione, si tratta di fare una analisi della rete ed identificare i nodi più influenti.
Questa è la parte facile, grazie alle tecniche di analisi delle reti. Più difficile, per chi voglia manipolare la rete, convincere gli influencer rappresentati da quei nodi ad adottare e diffondere il comportamento o idea richiesta.
L’epistocrazia è davvero la soluzione?
Sembrerebbero di più i vantaggi che gli svantaggi in un sistema che privilegia la conoscenza.
La popolazione è chiamata spesso a votare, e quindi decidere, di temi non solo spinosi e controversi, ma ostici ai più.
La decisione di voto è spesso presa di “pancia” e non in base alla conoscenza dell’argomento di cui si è chiamati a decidere, o della consapevolezza delle conseguenze di una decisione rispetto ad un’altra.
Sembrerebbe quindi che privilegiare i meglio informati sia saggio.
Ci sono naturalmente critiche e obiezioni a questa proposta.
Da un punto di vista politico la principale è che si finirebbe per privilegiare maggiormente i privilegiati: chi ha maggiori opportunità finanziarie, culturali e sociali per accedere ad una miglior formazione e, presumibilmente, conoscenza.
Ma, obbiettano anche altri, il professore Brennan sembrerebbe vittima di una illusione: che a una maggior consapevolezza e conoscenza corrisponda un esito migliore delle scelte.
Secondo Althaus, lo studioso che Brennan stesso prende a riferimento, infatti i modelli statistici usati sono approssimazioni non applicabili nella realtà.
Nella vita reale la conoscenza non è mai calata asetticamente nella testa delle persone come nelle simulazioni e subisce influenze culturali, sociali e di altro genere, per cui le previsioni sull’esito delle decisioni informate non è così immediato.
Non ci sono inoltre garanzie di alcune genere sulla bontà delle decisioni prese da una maggioranza “bene informata”: sia perché non è scontato che agiscano per il bene comune sia perché anche i “bene informati” potrebbero prendere delle clamorose cantonate. La bolla immobiliare che poi sfociò nella crisi mondiale che ancora fa sentire i suoi effetti ne è una prova.
L’opinione pubblica, anche se qualificata, può essere facilmente manipolata da chi conosce i meccanismi della propagazione virale delle informazioni nelle reti.
Meccanismi bene esposti già nel 2004 da Duncan Watts nel suo libro “Six degrees - the science of a connected age”.
Sfortunatamente non ne esiste una edizione italiana, ma acquisire almeno alcune nozioni di base di questa scienza può essere fondamentale per essere dei cittadini più consapevoli e meno manipolabili.
E ne gioveranno anche le vostre strategie di marketing sui social network.
Che l’idea di epistocrazia non sia un tentativo di diffondere viralmente un sistema che è solo apparentemente migliore a quello già in uso?