Report non è nuova a proporre ai suoi spettatori servizi di denuncia che ruotano attorno ad un brand. Nel 2014 ci fu il caso sulle piume d’oca utilizzate da Moncler, mentre lo scorso autunno si parlò di ENI.
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Nell’ultima puntata del 29 maggio, si è parlato di Amadori e dei suoi allevamenti, e precisamente degli antibiotici usati dall’industria alimentare e che ingeriamo col cibo.
Durante il servizio andato in onda, le immagini hanno mostrano particolari degli allevamenti della Amadori che hanno suscitato sdegno e rabbia tra gli utenti: un operaio che urina, animali tenuti in condizioni non idonee, topi.
L’azienda, il giorno dopo, ha risposto con un comunicato stampa. Anzi, più correttamente, un position paper, come lo chiama Valentina Falcinelli nella sua analisi.
In rete, nei vari social network, professionisti, addetti ai lavori e non, si sono scatenati: qualcuno ha parlato di crisi, altri hanno smorzato e giudicato come passeggera e poco significativa la cosa.
Una vera crisi c’è, sostengono questi ultimi, quando l’azienda non ha le risorse per gestire in modo ordinario un evento inaspettato. E questo servizio non lo è certamente.
Una crisi, inoltre, è un evento non banale, che può mettere a repentaglio la sopravvivenza stessa dell’azienda.
Però, sostengono in molti, la si chiami crisi o incidente, resta il fatto che migliaia di persone sui social e sulla pagina Facebook di Amadori stanno riversando in queste ore il loro sdegno e disappunto.
Ma è davvero così intensa e grave questa tempesta di commenti e attacchi?
Secondo un altro interessante articolo di Pierluigi Vitale, che analizza le conversazioni su Facebook, no:
“[...] Vale la pena segnalare che il numero di commenti, estratti la mattina del 31 maggio, non supera le 1000 unità, configurandosi dunque come una situazione interessante ma che fatico a definire “crisi reputazionale”, almeno per quanto riguarda i social.”
Anche nel 2014, per il caso Moncler, si definì l'accaduto come una crisi che aveva provocato un forte danno per l’azienda. Non solo d’immagine, ma anche di valore di mercato: si scrisse infatti di crollo delle quotazioni in borsa.
In realtà, anche in quella circostanza, secondo molti specialisti la crisi fu gestita correttamente da Moncler. E il presunto danno, se ci fu, è stato superficiale ed effimero: le azioni che allora valevano circa 11 euro, oggi ne valgono 14.
Sarà effimera la crisi anche per Amadori? Sembrerebbe di sì se già solo due giorni dopo il numero di conversazioni e il loro sentimento tende a scendere e stabilizzarsi intorno ad un neutro equilibrio.
Una veloce ricerca su alcuni strumenti di analisi delle conversazioni in rete lo conferma.
Fonte: Talkwalker
Queste crisi non sembrano poi tali: non è il servizio di Report che incide sul consumo di carne (prodotta da Amadori in particolare, ma anche in generale) o fa vendere meno piumini alla Moncler.
Scatenano però delle reazioni con una portata forse breve ma molto intensa che certamente consolidano certe convinzioni nei più, e fanno (forse) riflettere alcuni. Ma senza spostare l’ago della bilancia, alla fine.
Cortesia di Social Mention
Il metodo Report, come qualcuno lo ha battezzato, funzionava e aveva un impatto forse maggiore quando la TV era la fonte a cui attingere le proprie verità.
Oggi ci si abbevera nei canali social, in cui la portata è forse maggiore e anche più evidente: tutti possiamo partecipare alle conversazioni, che possono essere analizzate quasi in tempo reale.
Ognuno dice la sua cercando, tra la molteplicità di fonti disponibili (a prescindere dalla loro bontà), quelle che confermano e rafforzano le proprie tesi e convinzioni.
Il confirmation bias insieme al calo della soglia di attenzione del popolo digitale, calata da 12 secondi a 8, secondo uno studio Microsoft di un anno fa, farebbero pensare che, in definitiva, per Amadori questo servizio di Report possa essere poco più di un incidente. Voi cosa ne pensate? Scrivetelo sulla nostra pagina Facebook!