Pochi giorni fa Fiat Chrysler Automobiles e Google hanno ufficializzato l’accordo per realizzare l’auto che si guida da sola. Siamo finalmente dinanzi alla svolta definitiva per quanto riguarda quello che si preannuncia un cambiamento epocale?
Ne ho parlato con Stefano Marzani, sviluppatore, co-fondatore di RE:Lab e manager di DQuid, startup italiana sbarcata in Silicon Valley che sviluppa ecosistemi software e hardware in grado di connettere alla rete oggetti di uso comune come la macchinetta del caffè, il termostato, il frigorifero.. e anche le auto.
Stefano, qual è lo stato dell'arte per quanto riguarda le self-driving car?
La definirei una situazione sorprendente: da tanto si parla della famosa Google Car a forma di topolino e dell’equivalente Apple Car, un van che ho incrociato già un paio di volte per le strade della Silicon Valley, ma si è scoperto che ci sono altri player che hanno raggiunto livelli di automazione estremamente avanzati.
La Google Car
A livello scientifico ci sono due macromondi: i sistemi informativi (In-Vehicle Information Sistems, IVIS) e quelli proattivi (Advanced Driver Assistance Systems, ADAS). In Europa studiamo i sistemi IVIS e ADAS da ormai 10 anni attraverso progetti di ricerca collaborativi tra le stesse case automobilistiche ma in America sono andati oltre la ricerca, sviluppando soluzioni concrete.
Ford, ad esempio, ha sviluppato ed è in produzione un eccellente sistema di Lane Keeping, che permette all’auto di rimanere all’interno della propria corsia di marcia, e un ottimo sistema di Frontal Collision Warning, che permette invece di mantenere la distanza ideale dalla vettura che la precede. Tesla invece lo scorso Ottobre ha aggiornato il firmware delle auto facendo emergere alcune nuove funzioni di Piloted Driving.
In ogni caso, invito tutti a dare un’occhiata al sito che Google ha dedicato al progetto della self-driving car: un sito voluto dallo stesso Governo della California che quando ha concesso il via a questa sperimentazione ha chiesto che i dati fossero esposti pubblicamente.
Sul sito si possono trovare alcune interfacce dei sistemi di back-end che mostrano come la macchina vede la virtualizzazione del contesto stradale e come sono stati i gestiti i problemi riscontrati nel corso delle sperimentazioni: si tratta di informazioni impressionanti, poiché dicono che gli incidenti si ridurrebbero di decine di percentuali introducendo le auto che si guidano da sole.
Il problema da gestire pare piuttosto quello etico, poichè ancora non è chiaro di chi sia la responsabilità in caso di incidente. Ad ogni modo, anche se l’orizzonte legislativo è molto complesso, io credo che entro il 2020 qualcosa sarà immesso sul mercato.
A volte, quando si parla di innovazione, di tangibile c’è poco. Siamo realmente ad un passo dall’auto che si guida da sola?
Sì, ne sono certo, perchè questo accordo è ben più di un annuncio teorico: stiamo parlando di installare la tecnologia ad automazione crescente di Google su auto già in produzione.
Ad ogni modo, credo sia necessario vedere la cosa su più livelli. Giustamente c’è chi dice che la vita delle self-driving car è più semplice a Mountain View dove le strade sono tutte uguali tra di loro, e per questo credo che quando arriverà il momento di esportarla altrove - Europa, Sud America, ecc.. - sarà lecito attendersi livelli di automazione che variano a seconda del contesto. In autostrada ad esempio, con condizioni di visibilità buone, una strada geometricamente ben definita e un fondo regolare, la macchina sarà in grado di procedere in totale autonomia.
Si tratta di un cambiamento enorme perchè fino a poco fa era sempre necessario l’intervento dell’utente, il quale doveva comunque guardare avanti e mantenere il piede sui pedali dell’acceleratore e del freno. Ora però stiamo finalmente parlando di automazione totale, con il pilota che legge il giornale mentre la macchina procede in autonomia.
C'è chi sostiene che quella di collaborare con “la casa automobilistica tecnicamente meno innovativa” sia una mossa astuta da parte di Google. Tu come la vedi?
Quello del gap tecnologico tra i vari player del mercato delle self-driving car è un tema interessantissimo perchè il dibattito non riguarda più solo la Silicon Valley e l’Europa, ma la Silicon Valley e Detroit. Quando si parla di innovazione noi pensiamo in primis alla competizione tra Nuovo e Vecchio Mondo ma la realtà è che negli Stati Uniti, questo tipo di sfida, esiste molto forte anche tra la Silicon Valley e Detroit, capitale mondiale dell’automobile.
È vero che FCA e le altre case automobilistiche europee sono in ritardo rispetto al tema dell’automazione, ma Detroit non se la passa tanto meglio: solo poche settimane fa è stata ufficializzata la prima grande acquisizione monstre di una software company da parte di General Motors.
Tieni conto che il successo delle self-driving car è basato due fattori tecnologici abilitanti: i Big Data e l’intelligenza artificiale. È grazie a queste due tecnologie che si rende possibile l’analisi di una gigantesca mole di dati e l’elaborazione di algoritmi di guida sempre più sofisticati. Non a caso, uno dei player principali di questo mercato è Nvidia, che fornisce alle Google Car (e pare anche alle vetture Tesla) la potenza necessaria all’elaborazione di tutti i dati provenienti da videocamere, sensori radar, sensori laser di prossimità, laser-scanning per la ricostruzione 3D e altre periferiche garantendone sia un’elaborazione locale sia una comunicazione con il server centrale che classifica, riconosce e raffina gli algoritmi, aggiornandoli settimanalmente su tutte le vetture. L’aggiornamento da remoto delle vetture sta diventando un asset strategico di massima rilevanza ed è ciò che maggiormente differenzia quelle che qualcuno definisce le “smartphone su quattro ruote” prodotte in Silicon Valley e quanto prodotto invece dalle case automobilistiche tradizionali.
Muoversi su questi contesti tradizionalmente di dominio IT non è per niente semplice per l’automotive tradizionale ed evidentemente i programmi di ricerca finanziati di cui parlavo poc'anzi non sono stati così efficienti nel generare quel tipo di innovazione che invece Google ha messo a terra. Questo vale ovviamente anche per Detroit e per questo, al netto della strategia di Google, questo tipo di partnership sono essenziali e quella di FCA è una grande mossa per colmare competenze su cui è ovviamente carente. È bene ricordare comunque che si tratta di un accordo sì importante ma non esclusivo.
Pacifica, la vettura FCA su cui Google installerà le proprie tecnologie
Non credo comunque che Google abbia scelto di collaborare con FCA solo per questo motivo. Sul mercato americano FCA si sta muovendo molto bene e con numeri di crescita di molto superiori a quelli registrati in Italia e in Europa, soprattutto con i marchi Jeep e Maserati, marchio - quest'ultimo - che si sta posizionando benissimo sul mercato di lusso. Anche la 500 è un'auto estremamente posh in Silicon Valley, e ho visto spesso in giro la sua versione elettrica.
Si parla tanto di Internet of Things e, in queste ultime settimane, di Bot. Che tipo di relazione c'è tra queste tecnologie e le self-driving car?
Si tratta di tecnologie indispensabili allo scenario, perchè pur trattandosi di un’architettura tecnicamente più simile al fog-computing (e quindi con una capacità locale di elaborazione indipendente dal cloud), si tratta comunque di un sistema connesso al 100%. Ogni automobile avrà presto le proprie API, aprendo ad un numero di opportunità decuplicato rispetto ad oggi.
Il rapporto della macchina con i suoi utenti cambierà radicalmente: ci sarà una riduzione gigantesca del parco macchine e si andrà verso una sharing economy nella quale la protagonista assoluta sarà l'auto e non l’autista (come avviene ad esempio nel caso di Uber). L'automobile potrà essere condivisa tra più utenti e chiamata on-demand, con l’integrazione delle cosiddette calm technologies, ovvero tecnologie che richiedono l’attenzione dell’utente solo quando strettamente necessario e senza distrarlo: pensate ad esempio ad un assistente virtuale che, in relazione alle agende degli utilizzatori, ti segnala che “Al momento l’auto è utilizzata da tuo figlio e può essere disponibile dalle 14 in avanti” o ti chiede “Va bene se tua moglie prende l’auto dalle 8 alle 10 di domani o vuoi negoziare la disponibilità?”.
Il bene scarso del nostro futuro non è più la disposizione di questa o quest’altra tecnologia, bensì l'attenzione dell utente, che sarà fondamentale gestire in questo contesto automatizzato.
Un'auto connessa si espone inevitabilmente a problemi di cyber security: cosa ci puoi dire a tale proposito?
Inutile nascondere che si tratta di un problema gigantesco: l’anno scorso una coppia di hacker - di quelli che fanno le cose con spirito “filantropico" - sono riusciti, mediante una connessione remota, a prendere il controllo di una Chrysler che stava percorrendo l'autostrada.
La Jeep finisce fuori strada dopo che i suoi freni sono stati disabilitati mediante una connessione remota. Credits: Andy Greenberg / Wired
Le tecnologie per evitare che questo succeda sono già disponibili ma i sistemi non sono ancora ottimali ed attualmente possiamo ancora considerarlo un rischio. Anche in seguito a questo episodio la stessa FCA ha introdotto policy molto stringenti per evitare che riaccada, ma sarebbe ingiusto nascondere che per tutto il mondo IoT ci sia ancora tanto da fare.
Self-driving car, casa connessa, fintech: quali sono i prossimi trend da tenere d’occhio?
Sicuramente il fintech e in particolare il fenomento del Robo-Advising, bot che ti informano e aiutano nelle scelte di investimento. C’è una start-up italiana che sta lavorando molto bene e che ha preso grossi finanziamenti proprio su questo tema, si chiama Money Farm.
Anche il mondo assicurativo ha davanti a sé una strada ricca di opportunità. Oggi ci sono alcune assicurazioni che ti offrono uno sconto a fronte dell’installazione di una scatola nera nella tua vettura, che però non è connessa al veicolo: registrare e analizzare i dati connettendosi direttamente alla vettura e non più basandosi solo sul proprio accelerometro è solo l’inizio. Che si tratti di un bene mobile o immobile, pensate cosa significherebbe dotare una casa o un'auto (ad esempio in leasing) di sensori IoT, registrando così una serie innumerevole di informazioni sulla storia del bene stesso.