Facebook vive la sua epoca d’oro. I video sono un format sempre più appetibile, la competizione con Snapchat è accesa su diversi fronti, i risultati economici e finanziari sono positivi - al contrario degli altri giganti del tech – e la realtà virtuale rappresenta la grande scommessa dell’azienda sul futuro.
Dal Newsfeed ai droni, dai poke a Farmville, da Instagram a Whatsapp, dalle gif alle Reactions: il social network è in grado di evolvere nel tempo ogni suo aspetto. Solo una cosa è costante: la felpa grigia che ne guida il destino.
Lo scorso anno Mark e la moglie, Priscilla Chan, hanno dichiarato di voler donare nel tempo il 99% delle loro azioni Facebook in beneficenza, attraverso la fondazione Chan Zuckerberg Initiative. Come si concilia questa generosità con la necessità di mantenere il controllo decisionale sulla sua azienda?
La soluzione è semplice ed è stata annunciata il 27 aprile: emettere una nuova classe di azioni che consentirebbe a Zuckerberg di vendere la maggior parte di quelle in suo possesso - o di donarle in beneficenza - senza intaccare il suo diritto di voto maggioritario. A condizione però che entri in politica: le carte legali e finanziarie sono state già predisposte in tal senso. Procediamo con ordine.
Quali sono le diverse classi di azioni Facebook?
Sono due e producono effetti diversi:
Classe A: un’azione corrisponde ad un voto in assemblea degli azionisti
Classe B: un’azione corrisponde a dieci voti. La maggior parte di quelle possedute da Zuckerberg appartengono a questa classe.
Moltissime aziende quotate in borsa operano sul principio 1 azione = 1 voto. In questo tipico scenario, man mano che l’azienda cresce ed attira investimenti esterni, i founder vedono nel tempo diminuire il monte delle azioni inizialmente in loro possesso, lasciando scoperto il fianco all’estromissione dall’azienda se gli altri azionisti lo decidono a maggioranza, come accadde per Steve Jobs nel 1985.
Zuckerberg, pur possedendo circa il 18% delle azioni Facebook, detiene il 56% dei diritti di voto dal momento che queste azioni sono di Classe B. Questo scenario gli dà diritto, ad esempio, di scegliere il Consiglio di Amministrazione, che a sua volta nomina il CEO. In pratica, nessuno può rimuoverlo dalla carica.
Ora Facebook propone di creare una terza classe di azioni, Classe C, e di darne due aggiuntive di questa classe ad ogni azionista. Essendo azioni che non determinano alcun diritto di voto, permetterebbero a Zuckerberg di cedere le sue senza vedersi diluito il suo potere decisionale.
E’ probabile però che questo piano non sia visto di buon occhio da tutti gli azionisti: un founder che resta al comando pur avendo ridotto la sua esposizione finanziaria nell’azienda non è l’ideale. Potrebbero esserci i presupposti per intentar causa, come già avvenne contro Google nel 2012 quando propose un piano simile ai suoi azionisti, come ricorda Timothy B. Lee su Vox.
Se questo nuovo piano azionario venisse approvato, la Chan Zuckerberg Initiative ammasserebbe fondi per 30 miliardi di dollari da redistribuire poi in beneficenza.
Quindi Zuckerberg resterà CEO di Facebook a vita?
Se lui dovesse lasciare l’azienda di sua spontanea volontà, passare a miglior vita o trovarsi in condizioni di disabilità grave, tutte le sue azioni “supervotanti” – quelle di Classe B - sarebbero automaticamente convertite in titoli di Classe A, facendogli perdere la maggioranza. E’ un grosso incentivo a farlo restare nel suo attuale ruolo di leadership, nonché in buona salute.
Esiste però una scappatoia, un solo modo in cui Zuckerberg può lasciare Facebook volontariamente pur mantenendone il controllo.
Il cavillo della politica
Zuckerberg è la sesta persona più ricca al mondo nonché il leader di un impero social e mobile la cui popolazione è più vasta della Cina. Potrebbe aspirare ad altro ed è proprio questo “altro” a dare corpo al cavillo di cui parliamo: le sue azioni di Classe B resteranno tali solo nel caso in cui lasciasse l’azienda per “occupare una posizione governativa o carica pubblica”, sottolinea Brian Solomon su Forbes.
Moreover, the New Certificate provides that all shares of Class B common stock will automatically convert into Class A common stock on the date that is the third anniversary of the death of Mr. Zuckerberg or a Disability Event, if such Disability Event is continuing as of such anniversary date and one year following the date of termination of Mr. Zuckerberg as an Approved Executive Officer for Cause (subject to a 60-day cure period) or the Voluntary Resignation of Mr. Zuckerberg as an Approved Executive Officer, provided that Mr. Zuckerberg’s leave of absence or resignation would not constitute a Voluntary Resignation if it were in connection with his serving in a government position or office and if, at the time of such leave or resignation, Mr. Zuckerberg owns (i) 30% or more of the shares of our capital stock that he owned as of the date that we enter into the Founder Agreement with Mr. Zuckerberg (Founder Agreement Effective Date), Mr. Zuckerberg has discussed such leave or resignation with our independent directors or (b) less than 30% of the shares of our capital stock that he owned as of the Founder Agreement Effective Date, such leave or resignation has been approved by a majority of our independent directors or the duration of serving in the government position or office was limited to two years.
Ricapitolando e traducendo: l’unico caso in cui la fuoriuscita di Zuck dall’azienda non rappresenta una dimissione volontaria è in connessione al suo esercizio di una funzione pubblica o governativa. Fin qui assomiglia un po’ a Bill Gates, un po’ a Michael Bloomberg. La domanda però sorge spontanea: quale carica pubblica possa mai essere più influente rispetto all’essere CEO di Facebook.
Zuckerberg for President?
Zuckerberg potrebbe legalmente diventare un senatore o un governatore già adesso, ma dovrebbe aspettare di compiere 35 anni per candidarsi alle presidenziali.
Come indizi delle sue velleità politiche e civiche abbiamo sicuramente la sua grandissima ambizione:
Se aiutare a connettere il mondo sarà sempre la cosa più importante che faccio, ci sono altre sfide globali nelle quali mi sento investito di responsabilità: aiutare a curare tutte le malattie entro il fine secolo, migliorare il nostro sistema educativo personalizzandolo per ciascuno studente, proteggere l’ambiente dal cambiamento climatico.
Salute, educazione ed ambiente: una buona base per Zuckerberg 2020, a dirla tutta.
Ciò che deve farci riflettere è che Facebook, sin dalla sua nascita, ci ha abituati gradualmente a cambiare comportamento rispetto alle informazioni sulla nostra vita che è socialmente accettabile produrre, condividere e consumare. Prima di Facebook le nostre foto digitali restavano chiuse in una cartella, non creavamo finestre in diretta streaming della nostra vita, non comunicavamo la nostra posizione quasi compulsivamente.
La macrostrategia di Fb ricorda la storiella delle due rane messe in acqua bollente: se ne getti una, salterà fuori immediatamente. Se getti l’altra in acqua tiepida ed alzi man mano il fuoco, la rana bollirà senza neanche accorgersene.
Ricordiamoci del Facebook Experiment, cioè di quando i developer hanno dimostrato il potenziale di contagio emotivo semplicemente modificando per una settimana ciò che compariva sul Newsfeed di 689.003 inconsapevoli utenti: vedere contenuti emotivamente positivi ci influenza a creare e condividere contenuti positivi. E viceversa nel caso di contenuti caricati negativamente o violenti. O di quando i dati sul cambiamento immagine di profilo sono serviti a comprendere esattamente quanti nostri amici dobbiamo vedere compiere una determinata azione prima di imitarli.
Il punto di questa riflessione non è rievocare con nostalgia il modo in cui eravamo pre-Facebook o dare giudizi di valore sui nostri comportamenti social. Il punto è riconoscere l’influenza che Facebook esercita sulle nostre percezioni, sui nostri giudizi ed un domani, perché no, anche sul nostro consenso elettorale.
L’informazione è potere e poche persone al mondo ne possiedono tante quante Zuckerberg. Abbiamo contribuito, col sorriso sulle labbra e col pollice alzato, a creare forse il database elettorale ideale?
Abbiamo contattato l’ufficio stampa californiano di Facebook; aggiorneremo l’articolo in caso di commento.